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La “pensione di reversibilità” , ossia la pensione che, al decesso del lavoratore pensionato, a certe condizioni, spetta ai componenti del suo nucleo familiare, va riconosciuta anche al coniuge separato per colpa o con addebito. Lo ha precisato la Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 6684/2009, decidendo sul ricorso promosso da una donna separata avverso la sentenza della Corte di Appello di Lecce, confermativa della sentenza di primo grado, con cui le era stato negato il diritto alla pensione di reversibilità dell’ex coniuge defunto in base all’assunto che la pensione ai superstiti non spetti quando tra i coniugi sia stata pronunciata sentenza, passata in giudicato, di separazione personale per colpa del coniuge superstite.

Invero, già la Corte di Cassazione con sentenza n.15516/2003, uniformandosi al principio espresso dalla Corte Costituzionale con la sentenza n.1099/88, aveva ritenuto che il coniuge superstite separato per sua colpa fosse in tutto equiparato al coniuge superstite. Tuttavia, la Corte d’Appello rilevava che per la concessione della pensione di reversibilità occorreva che “il coniuge superstite si fosse trovato a carico del coniuge defunto in modo continuativo e non occasionale, al momento della sua morte, sicche’ potesse giustificarsi la continuità’ del sostentamento del famigliare bisognoso”.

Tale giudizio è stato disatteso dalla Corte di Cassazione con la citata sentenza n.6684/2009, in cui si afferma che la pensione di reversibilità deve essere riconosciuta non solo al coniuge separato in favore del quale il pensionato deceduto corrispondeva un assegno di mantenimento ma anche al coniuge separato per colpa o con addebito “equiparato sotto ogni profilo al coniuge superstite (separato o non) ed in favore del quale opera la presunzione legale di vivenza a carico del lavoratore al momento della morte, assolvendo alla funzione di sostentamento in precedenza indirettamente assicurata dalla pensione in titolarità del coniuge superstite titolare dell’assegno”.

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