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E’ importante innanzitutto impostare una buona relazione con l’allenatore, sarebbe opportuno fare con lui un lavoro sulla consapevolezza; a fine partita, o comunque appena possibile sarebbe da chiedergli come si sente, come si è sentito, quali sono stati i momenti più entusiasmanti o più difficili per lui durante, prima o dopo la partita. Un altro momento importante è prima della partita, sentire lui cosa potrebbe preoccuparlo e di cosa è sicuro, è importante far leva sia sulle sue risorse, sui punti di forza, sia sulle sue preoccupazioni. Poi si lavora su come fare per ovviare ai punti di debolezza, quali sono le qualità, caratteristiche da potenziare.

Importante osservarlo durante gli allenamenti. Proporgli di scrivere su quello che è avvenuto durante l’allenamento, durante la gara. Fargli parlare dei vari giocatori cosa fanno di buono, se migliorano, le differenze tra i vari ragazzi. Chiedere dei suoi obiettivi, cosa vorrebber aggiungere, come si vede tra qualche anno.

Poi è importante lavorare anche con i ragazzi, innanzitutto è importante dargli la disponibilità di poter parlare fissando un incontro anche informale, perché potrebbero temere, soprattutto all’inizio di essere visti e quindi giudicati deboli psicologicamente.

Ogni atleta desidera essere rinforzato per la qualità della sua prestazione più che per la vittoria.

Talvolta, invece, l’allenatore è più preoccupato a vincere o a non perdere piuttosto che essere interessato alla prestazione dei suoi atleti.

L’allenatore dovrebbe conoscere le sue potenzialità, i suoi punti di forza e di debolezza, dovrebbe costruire un progetto di obiettivi raggiungibili, stimolanti, da rivalutare all’occasione, dare feedback adeguati, spiegare le sedute di allenamento, l’importanza del gesto sportivo, il significato, raccontare aneddoti, far parte della storia sportiva degli atleti, condividere momenti di gioia e sofferenza, di vincite e di sconfitte, essere disposto ad ammettere di aver fatto un errore, di aver preteso, di aver sottovalutato, di non aver considerato.

L’allenatore può intervenire sull’autoefficacia attraverso la programmazione di sedute di allenamento che favoriscano esperienze di superamento graduale e progressivo degli ostacoli e delle difficoltà. Deve conoscere le abilità dei propri atleti e con questa conoscenza costruire un programma di preparazione che si basi su obiettivi concreti e reali. Fissare obiettivi limitati, raggiungibili e progressivamente più ambiziosi è uno dei modi migliori per aumentare l’autoefficacia dell’atleta.

L’allenatore sportivo dovrebbe essere organizzato in modo da soddisfare il maggior numero delle motivazioni espresse dagli atleti. Compito del tecnico è dare un obiettivo all’atleta che sia impegnativo e nel contempo raggiungibile. L’identificazione degli obiettivi è uno dei punti chiave per stimolare la motivazione e migliorare le prestazioni.

Requisiti e qualità fondamentali dell’allenatore sono considerati, la passione, la capacità di relazionarsi, di avere una personalità equilibrata, una sufficiente autostima e di essere propensi all’ascolto.

Come dovrebbe comportarsi un bravo allenatore? Sicuramente dovrebbe manifestare interessamento e vicinanza, apprezzamento, fiducia e incoraggiamento, aiuto per risolvere le difficoltà, concorrere alla formazione di un buon senso di auto-efficacia e di autostima.

Un bravo allenatore dovrebbe arrivare all’allenamento carico di entusiasmo; trasmettere sicurezza, affetto, accoglienza, serenità, dovrebbe essere munito di enorme pazienza; non dovrebbe rimproverare ma, al contrario, incoraggiare e motivare; rinforzare i comportamenti positivi.

E’una figura sbagliata quando: ha bisogno di far vedere chi è che comanda; possiede tutte le idee e le soluzioni e rifiuta quelle degli atleti perché ha paura che intacchino la sua autorità.

Quali sono gli allenatori preferiti: quelli che trasmettono sensazioni positive, rinforzano la prestazione, incoraggiano dopo un errore, danno indicazioni tecniche dopo un errore, sono organizzati, preparati e competenti, utilizzano uno stile autorevole (né autoritario né del lasciar fare).

E’ importante sottolineare i comportamenti positivi con i rinforzi come la propria approvazione: “Bravo”, “Bene” e valorizzare ogni progresso per aumentare l’autostima.

L’Automonitoraggio del tecnico: tenere un diario nel quale annotare le proprie riflessioni sugli allenamenti, risulterà un valido strumento per trattenere per iscritto quanto è stato svolto.

Dopo ogni seduta di allenamento: come l’ho programmata? Gli obiettivi sono stati raggiunti? Come erano i miei presupposti personali (serenità, voglia di allenare) prima di iniziare? Che cosa mi ha messo in difficoltà? Come ho affrontato i problemi che si sono presentati? Quanto positivi sono stati i miei interventi? Quanto ho contribuito al miglioramento della vita di gruppo e dei rapporti interpersonali?

L’allenatore ha una grande importanza nello sviluppare le motivazioni giuste: graduando le prove con le quali l’atleta deve cimentarsi, trovare le ragioni convincenti per mettere l’atleta ogni volta alla prova, negoziando il raggiungimento di mete sufficientemente (ma non esageratamente) difficili, monitorando i progressi dell’atleta, insegnando a trarre lezioni dagli insuccessi.

Allenatore è colui che guida gli individui e il gruppo da essi composto fino al raggiungimento degli obiettivi. Deve dimostrare non solo di essere dotato di una serie di competenze tecniche e tattiche, ma anche di saper gestire lo stress causato da situazioni a volte difficili da gestire.

“Allenare è guidare insieme persone con diverse esperienze, talenti, interessi, incoraggiandole ad assumere la responsabilità del loro ruolo, portandole ad un continuo miglioramento…”

(Tom Peters e Nancy Austin)

Per essere un buon allenatore è importante sviluppare abilità relazionali.

L’allenatore è il punto di riferimento, è lui che prende le decisioni, che si assume le responsabilità di eventuali errori, risponde dei risultati conseguiti: quando una stagione sta andando male, il primo a pagare è il mister che viene esonerato.

Il primo passo da compiere allora sarà proprio cercare di conquistarsi la stima ed il rispetto dei suoi atleti.

Senza una forte coesione ed una totale collaborazione tra i membri della squadra, non si potrà mai ottenere alcun risultato importante.

Rapportarsi a giocatori professionisti o a ragazzi che coltivano lo sport in quanto hobby è sicuramente diverso.

E’ fondamentale che l’allenatore analizzi con la massima obiettività le prestazioni fornite dai singoli e dal gruppo, senza dimostrare di avere preferenze o al contrario antipatie personali per qualcuno.

Capacità di mantenere sempre la calma, il contatto con la realtà, la lucidità per esaminare problemi e cercare possibili soluzioni così egli trasmetterà la stessa tranquillità anche alla sua squadra che sarà capace di non esaltarsi oltremisura nelle vittorie e di non perdere la fiducia nei momenti di affanno.

Il mister non è solo colui che insegna; affinché egli possa rimanere sempre aggiornato e in costante progresso deve avere la voglia di apprendere. Essere consapevoli del fatto che c’è sempre qualcosa da imparare da ogni persona e da ogni situazione è il punto di partenza per chi vuole toccare l’eccellenza.

L’allenatore nel guidare la sua squadra ha a che fare con caratteri diversi e si trova a contatto con situazioni differenti da gestire. Non sempre può adottare il medesimo comportamento e neppure rapportarsi a tutti con lo stesso tipo di comunicazione.

L’allenatore collaborativo cerca di capire i suoi atleti, di conoscere i loro processi psicologici e le loro motivazioni; per questo motivo predilige giocatori intrinsecamente motivati, perché ha più fiducia nella loro volontà di migliorarsi al fine di ottenere l’obiettivo. Sua caratteristica fondamentale sapersi mettere in discussione, potendo così modificare in corsa alcuni atteggiamenti, sia personali che tecnico-tattici, se si rende conto di aver commesso degli errori.

Un tratto della personalità particolarmente dal quale non si può prescindere se si deve guidare un gruppo è l’empatia: la capacità di assumere come proprio il punto di vista di altri individui, per capire come ognuno percepisce e vive eventi ed emozioni; è quella risorsa alla quale l’allenatore può attingere per comprendere interessi e bisogni dei suoi atleti.

E fatemi sapere come sta andando, come vi posso aiutare, se vi sono serviti questi suggerimenti. Buon lavoro e buon studio.

Matteo SIMONE

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