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Apprendiamo dai giornali che alcune persone che hanno lavorato nellla piscina in cui ha perso la vita il nostro amato Giancarlo, conoscono particolari molto significativi per l’accertamento della tragedia che ci ha colpiti. Ci auguriamo ed auspichiamo che tutti coloro che hanno notizie utili, parlino al più presto con le autorità a ciò preposte, o mettendosi direttamente in contatto con noi. Riteniamo che sia una questione di coscienza e che, dinanzi a vicende di questo tipo, nessun interesse possa considerarsi superiore a quello dell’accertamento della verità. È evidente che ciò non ci restituirà la nostra vita ma servirà ad evitare che drammi di questo genere possono in futuro verificarsi”. 

Cari lettori, questa non è una “supplica” qualsiasi.

Noi sappiamo che il tempo si misura in secondi (minuti, ore, giorni, etc.) e si racconta, come esperienza, nel corso degli anni. Non abbiamo pensato a sufficienza, forse che, la vita, invece, la “senti” nei battiti, la conti col cuore e puoi provare a raccontarla, si… ma con l’anima. 

Non è stato semplice, per me, sostenere lo sguardo di una madre e un padre, orfani di un figlio che, qualcosa o qualcuno, ha portato via.

Senza un perchè adeguatamente motivato. A questo punto, con molta probabilità, a qualcuno di voi, si sarà attivata quella parte del sistema nervoso che controlla la vita vegetativa e che fa accapponare la pelle… si, e ce n’è più di un motivo.

Per quanto io sia avvezzo all’incontro con sofferenze di ogni tipo, questa volta no… non so cosa poter dire. Mi trovo di fronte ad un evento innaturale: un genitore che sopravvive a chi ha generato. E che avrebbe dovuto rappresentare quel tratto di continuità che ci consente l’eternità.

Almeno nei ricordi.

Ecco, il ricordo. Quella possibilità che la mente ci offre e che ci porta su vette sublimi o ci incatena in un inferno senza soluzione di continuità.

In simili circostanze, bisogna azzerare la presunzione e ammettere che non si può consolare l’afflitto. Perchè è “giusto” che soffra. Per il bene che reca alla persona amata.

Vi siete mai chiesti lo stato di pena in cui precipiteremmo al solo pensiero di affrontare una simile circostanza?

Ogni evento, anche nella nostra vita, è il risultato di migliaia di cause che producono, assieme a quell’evento, altre migliaia di effetti, che a loro volta sono le cause di altri migliaia di effetti (Tiziano Terzani).

Cari lettori, provo a rappresentarvi lo stato di un padre che ha trovato, qualche tempo fa, un biglietto (ormai dimenticato) composto dalle proprie figlie, in età prescolare:

Siamo noi, siamo noi che vi facciamo arrabbiare con le nostre marachelle, siamo noi che tendiamo le nostre manine quando abbiamo paura del buio, quando abbiamo freddo, quando vogliamo essere abbracciati; non durerà a lungo perché cresceremo e, allora, non troverete più le nostre impronte sui mobili “buoni”, sulle tende del salone. Le cercherete…vi mancheranno?

Posso soltanto ammettere che non c’è volta, a distanza di anni (si avvicinano, entrambe, alla maggiore età) che dopo averlo riletto, una perla lucente (che, i più, chiamano lacrima) non arricchisca il mio volto segnato dalle battaglie del quotidiano.

Avrà sofferto? Ci avrà cercato, mentre veniva rapito da questo Mondo ingrato? Si sarà sentito abbandonato da noi, che non lo abbiamo lasciato, mai, da solo? Che senso ha, continuare senza di lui, nostro unico e amatissimo bimbo?”

Queste sono solo alcune delle tante domande che affollano la mente di due che, ora, diventano una persona sola. Con spalle più larghe (ma mai abbastanza) per sopportare il peso dell’assenza…

E, se è vero che è nel momento più freddo dell’anno che il pino e il cipresso, ultimi a perdere le foglie, rivelano la loro tenacia, è altresì inconfutabile che, a certe condizioni, la solitudine diventa una sorta di estraneo ingombrante, così che la nostra volontà e i nostri sentimenti sentimenti restino sospesi e smarriti in una incertezza angosciosa che annulla l’intimità stessa della nostra coscienza. Proprio a quel punto, l’estraneo, diventiamo noi. Parola di Pirandello

Cari Mimmo e Alessandra, siamo tutti nudi, di fronte a situazioni del genere. E con tanto freddo dentro.

Posso soltanto dirvi che, comunque, a guardarla bene in fondo, la vita non ha significato specifico e univoco, a priori. Sta a noi darle un senso… e il valore non è altro che il senso che sceglierete di darle. Da ora in avanti.

Mi hanno regalato altri anni ancora per parlare non solo, come un tempo, degli scomparsi, che avremmo dimenticato ma, anche, di quelli in mezzo ai quali vivo; di quanti incrocio senza conoscere bene, di quanti rischiano di essere dimenticati anche da vivi. (TITOS PATRIKIOS)

Il lato peggiore di tutto questo paradosso, comunque, è quello di scontrarsi con possibili omertà e muri di gomma, legati a paure o convenienze, di vario genere. Il mio augurio è che ciò, questa volta non avvenga. Perchè altrimenti, il vostro pargolo sarebbe ucciso non una, ma dieci, cento, mille volte.

Purtroppo, è vero anche che l’Uomo, come sostiene Hubert Reeves, dimostra di essere la specie più folle: capace di venerare un invisibile Dio e, nel contempo distruggere una Natura visibile. Senza rendersi conto che, la Natura che sta distruggendo, è quel Dio che sta venerando…

Ho accolto volentieri la richiesta di diffondere il vostro appello, pur consapevole dell’afflizione che avrei provato. Ma è giusto anche questo. Ti fa capire il vero valore di ciò che hai intorno. E dentro di te.

L’ultimo pezzo del cammino, quella scaletta che conduce sul tetto da cui si vede il mondo o sul quale ci si può distendere a diventare una nuvola, quel’ultimo pezzo, va fatto a piedi, da soli. (Tiziano Terzani )

E, Giancarlo, il vostro Giancarlo, non ha potuto esimersi da questa verità. Nessuno di voi due avrebbe potuto accompagnarlo.

Come ho già scritto da qualche parte, Sulla tangenziale che, fino ad ora, è stata la mia vita, ho incontrato un padre, mi ha chiesto di imparare ad amare…“Sai, all’inizio non ho accettato mio figlio…non ero pronto…tante, troppe cose da fare…poi qualcosa si è svegliata all’interno del mio torpore, ho visto me stesso in nuova dimensione e, con una disponibilità tanto grande quanto inaspettata, sono corso ad abbracciare colui che mi aveva, a distanza, aiutato a crescere. Era troppo tardi…è finita così”

Vorrei salutarvi con uno delle migliori, forse, riflessioni di Giorgio Faletti: “A volte la vita ti mette di fronte ad eventi che avresti voluto che non si verificassero. Ma accadono. E, poi, non sei più lo stesso perché, queste cose, ti cambiano. Sta a te, decidere se in peggio o in meglio”.

Sono convinto che diverrete dei fari, capaci di insegnarci in che modo si tiene la schiena dritta, pure quando il vento soffia forte.

Vi vogliamo molto bene. Anche a nome di quanti leggeranno e condivideranno questo articolo.

Castrolibero, lì 2 Agosto 2014

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