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…e l’atteggiamento formativo dei docenti.


 

Approfondimenti tecnici

Nella odierna società, caratterizzata da complessità e difficoltà nelle relazioni interpersonali, è evidente come il problema del disagio giovanile vada affrontato (e possibilmente risolto) adottando tutte le strategie educative e pedagogiche che le varie agenzie educative e le singole persone possono mettere sul tappeto, per attuare quel benessere ecologico e relazionale che sta alla base di ogni convivenza civile.

La condizione adolescenziale attuale, che, è chiaro, non è più quella delle epoche passate, in quanto ogni evento esistenziale è accelerato e anticipato (non per questo metabolizzato e consapevolizzato) richiede da parte del mondo degli adulti una decifrazione che sia calibrata su registri interpretativi in grado di comprendere efficacemente le varie fasi della crescita che, sebbene stabili per ciò che riguarda le connotazioni bio-psicologiche, variano nelle caratterizzazioni culturali, sociali e storiche.

 

La società di oggi è fortemente caratterizzata da famiglie disgregate, liquide e polimorfe che, non offrendo sponda sicura alla personalità dell’adolescente, la incidono in maniera disarmonica e discontinua, creando così un disagio individuale e sociale che, a sua volta, mina alla base la futura e nascente società.

I sintomi di questo malessere giovanile sono le espressioni disordinate della personalità: depressione, bullismo, disordini dell’alimentazione, aggressività.

Connotazioni, queste, di un profondo distacco dalla realtà che viene o subita o rifiutata, non disponendo delle necessarie chiavi interpretative. Chiavi, sia chiaro, non donate, consapevolmente o inconsapevolmente, proprio dalle famiglie di origine o appartenenza.

La scuola, trampolino di lancio obbligatorio dal guscio familiare alla trincea sociale, è il detonatore, ormai, in cui esplodono tutte queste contraddizioni esistenziali e pedagogiche e la cronaca di questi ultimi anni segnala, in maniera puntuale e indifferibile, il malessere pervasivo di soggetti sempre più bisognosi di aiuto e impreparati ad una equilibrata convivenza civile.

 Diventa necessario, dunque, ri-modulare lo spazio scolastico e farlo ri-diventare luogo di vera aggregazione sociale e socializzazione regolata, mettendo in campo, da parte dei docenti una batteria di competenze socio-psico-pedagogiche in grado di arginare e contenere il disagio e il malessere dei ragazzi ma, soprattutto, di comprenderlo,parola intesa fortemente in senso etimologico: prendere con sé, addossarselo.

Questa la chiave di volta: la dislocazione del punto di vista di adulti e l’allargamento dello spazio di accoglienza, dialogo e comprensione dell’altro, favorendo la dimensione dell’ascolto e dell’empatia, e dunque, della accettazione integrale dell’altrui personalità.

Compito non facile da attuare ma ormai inderogabile, in un contesto sociale e relazionale fortemente compromesso.

Non bisogna aver paura di affermare che attualmente la maggior parte dei docenti si percepisce sempre più sbandata nella propria identità professionale e umana e, di contro, si registra una condotta dei ragazzi in classe è sempre più disattenta e superficiale.

Sempre più in crescita sono i DDAI, disturbi da deficit di attenzione/ iperattività ; sempre più, i ragazzi sono immersi in realtà virtuali con i cosiddetti – mezzi di distrazione di massa – pc, cellulare, palmare, ipod, ecc., e sempre più i ragazzi sono insoddisfatti da metodi di insegnamenti che non considerano appropriati ai propri bisogni.

Il tempo che essi vivono è un tempo espropriato, frammentato in mille attività parallele – il multitasking – sincronizzato su ritmi frenetici e gestione simultanea di molte attività e flussi di informazione.

Come intercettare e incanalare queste nuove dimensioni esistenziali per una sana e robusta crescita delle nuove generazioni?

E’ urgente, dunque, spianare la strada, per lo sviluppo di un dialogo, basato sui criteri della reciproca fiducia, della gratificazione e dell’auto-gratificazione.

Molti studi ormai indicano proprio nell’autostima e nella fiducia in se stessi la prima qualità per riuscire bene a scuola. Per ottenere buoni risultati, oltre alle capacità cognitive, servono l’adattabilità, la socievolezza, la riflessività e la capacità di perseverare per raggiungere gli obiettivi.

A questo proposito si dovrebbe insegnare a scuola a sviluppare maggiormente le capacità emozionali, per rimuovere alle radici le cause di molti e possibili squilibri dell’età evolutiva e governare le emozioni per guidarle nelle direzioni più vantaggiose.

Dunque, ricercare le condizioni comunicative ottimali per far sentire l’altro elemento attivo e parte integrante del gruppo, creando sempre più situazioni motivanti allo studio e al lavoro in classe.

 

Prof. Alessandro Citro