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Risarcibile il danno da stress?

La
Corte di Cassazione, con la sentenza n. 6712 depositata il 23 marzo
2011, ha confermato l’annullamento di una multa per sosta
dell’autovettura sulle strisce pedonali accertata da un ausiliario
del traffico nei confronti di una donna, incinta all’epoca dei
fatti.

Nel caso specifico, il Giudice di Pace di Palermo, adito dalla donna
interessata, aveva accolto il ricorso avverso il verbale di
accertamento della violazione per una serie di motivi, in particolare
perchè il verbale non recava i “precisi motivi”
dell’omissione della contestazione immediata dell’infrazione
(giustificata con il solo riferimento all’assenza del trasgressore);
perchè l’ausiliario del traffico verbalizzante era privo di
delega ad eseguire l’accertamento della violazione di cui trattasi;
perchè il verbale non era stato notificato in originale o
copia autentica. Inoltre, aveva riconosciuto alla ricorrente, incinta
all’epoca, il rimborso delle spese per lo svincolo dell’autovettura
ed il pagamento di €200,00, a carico del Comune di Palermo e
dell’Amat s.p.a. (Azienda speciale per la mobilità) “a
causa dello stress subito” nella ricerca del veicolo
illegittimamente rimosso.

La Suprema Corte, nel respingere il ricorso per
cassazione proposto dall’AMAT s.p.a, ha ritenuto corretta la
decisione del giudice di merito, ribadendo il difetto di delega del
verbalizzante ad eseguire l’accertamento della violazione contestata
per essere, l’ausiliare, “delegato dal sindaco solo per
l’accertamento delle violazioni relative all’uso delle schede
parcheggio relative alle strisce blu”, e non per l’accertamento
di infrazioni diverse, come la sosta sulle strisce pedonali.
L’ausiliario, essendo privo di delega, non era neppure legittimato a
disporre la rimozione del veicolo.

Altresì, sulla sussistenza, in concreto, di uno stress patito in conseguenza
dalla rimozione e della ricerca dell’autovettura, nella citata
sentenza n.6712/2011, si rileva che
“l’affermazione
che la ricerca del proprio veicolo rimosso provochi stress non può
affatto dirsi del tutto ingiustificata, e in quanto tale censurabile
in sede di legittimità per vizio di motivazione, alla luce
della comune esperienza”.

Erminia
Acri-Avvocato