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Anoressia e bulimia.


Clinica

Cosa sono i disturbi dell’alimentazione?

Come spesso procediamo di fronte alla ricerca della soluzione per un problema, proviamo a stabilire di cosa, esattamente, stiamo parlando. Quindi, cerchiamo di capire cosa significano i termini disturbo e alimentazione.

Disturbo è una parola che viene dal greco e dal latino (dus-turbare) e significa incremento di disordine; per questo, potremmo definirlo come una manifestazione che evidenzia il peggioramento nel funzionamento di qualcosa.

Alimentazione deriva dal latino (alimentum, cioè, faccio crescere) e identifica la somministrazione di energia per mantenere in attività un sistema.

Sulla base di quello che abbiamo detto, possiamo qualificare i disturbi dell’alimentazione come un quadro sintomatologico che evidenzia un¡¦alterazione, nel tenere attivo un sistema.

Domandiamoci, a questo punto, quale “sistema”!

 Questo sistema, un sistema in crisi. Che cosa vogliamo significare? Dal momento che, attraverso un’alimentazione, teniamo in vita e facciamo funzionare, in questo caso, il sistema umano, se percepiamo (anche in maniera poco consapevole) che quello che stiamo facendo non è esattamente quello che vorremmo (anche se non sappiamo esattamente quello che vorremmo), allora esprimiamo il malcontento attraverso una riduzione di cure nell’alimentare il sistema.

Ecco perché è inutile illudersi, ecco perché quasi ognuno di noi genera dei disequilibri nei confronti dell’alimentazione.

 Non tutti hanno dei problemi evidenti e in maniera consistente però; dal momento che il rapporto con l’alimentazione esprime un momento di contatto con quello di cui ci stiamo occupando (cioè di quel sistema da curare), è chiaro che finiamo per diventare disattenti, ossessivi o altro nei momenti in cui “tocchiamo” quel sistema di cui facciamo parte.

E allora possiamo avere dei problemi in difetto o in eccesso. A volte si mangia pensando ad altro, giusto per far trascorrere il tempo; alcuni si alimentano solo per sostenersi e quindi restare in vita; altri, invece, vivono questa situazione come momento di nutrimento, come elemento fondamentale, forse l’unico della giornata, attraverso il quale gratificarsi.

In definitiva il disturbo dell’alimentazione esprime una difficoltà nella cura della persona e, per cura, noi intendiamo attenzione, interesse, rapporto prevalentemente con noi stessi.

Probabilmente, attraverso le cure parentali, ci rendiamo conto del fatto che l¡¦unico momento in cui ci si occupa di noi è nel momento dell¡¦incontro con il cibo. Questo dato lo memorizziamo sotto forma di “imprinting” e finiremo con l’utilizzarlo ogni qual volta “ci vorremo mandare a dire qualcosa”.

Cos’è l’anoressia?


Anoressia è un termine che viene dal greco (an oreksis) e identifica la mancanza di appetito. In pratica è un¡¦abolizione psiconeuroindotta del senso di fame. Si distingue per un marcato rifiuto a mantenere il proprio peso corporeo al di sopra della soglia minima ritenuta normale rispetto ad età e statura del soggetto (normalmente al di sotto dell’85% del peso ritenuto idoneo). Il soggetto affetto da anoressia ottiene la perdita di peso desiderata per mezzo di drastiche diete, condotte di eliminazione (vomito autoindotto, uso inappropriato di lassativi) e attività fisica eccessiva.

Presenta, inoltre, un’intensa paura di acquisire peso che non diminuisce con l’avanzamento del decremento ponderale. La visione e considerazione del proprio corpo è distorta: il soggetto ritiene di essere sempre troppo grasso, e si concentra, specchiandosi, su zone quali l’addome o i glutei, considerati enormemente abbondanti.

Anche nel momento di maggior sottopeso, egli non crede di avere un problema, pur scandendo la propria esistenza sulla base di valutazioni del peso, misurazione delle varie parti del corpo e ispezioni allo specchio.

I livelli di autostima sono fortemente influenzati dal peso e dalla forma corporea.

Nelle fasi iniziali del disturbo, infatti, si osserva un incremento della propria autostima collegata alla perdita di peso e alle reazioni positive dell’ambiente. In alcuni casi si manifesta un vero e proprio stato di euforia, accompagnato da sensazione di grande energia mentale e fisica. Dopo poco tempo, però, si ripropone l’insoddisfazione per il proprio aspetto fisico (a causa della distorsione dell’immagine corporea) e compare il desiderio di dimagrire ulteriormente.

Si crea così un circolo vizioso di:

  • restrizione alimentare;
  • pressione biologica ad assumere cibo;
  • paura d’ingrassare;
  • maggiore restrizione alimentare con incremento dell’attività fisica o condotte di eliminazione;
  • ulteriore pressione biologica e psicologica all’assunzione di cibo;
  • etc

Esistono due modi attraverso cui si manifesta l’anoressia:

    • anoressia con restrizioni: il soggetto non presenta regolari abbuffate o condotte di eliminazione;
  • anoressia con abbuffate e/o condotte di eliminazione: il soggetto presenta regolarmente tali comportamenti.

L’insorgenza dell’anoressia si verifica generalmente nella prima fase adolescenziale o in quella intermedia, spesso dopo una dieta od un evento stressante. È circa dieci volte più frequente nei soggetti di sesso femminile rispetto a quelli di sesso maschile. Le differenze tra i sessi nella prevalenza del disturbo sembrano essere attribuibili con grande probabilità alla maggiore importanza che, per le donne, rivestono i parametri culturali di bellezza (avendo, negli ultimi decenni, eletto come, ideale, una forma corporea più che esile).

Nell’immagine proposta: Attenzione ossessiva nel cercare di raggiungere e mantenere un aspetto che corrisponda ad un modello ideale. Quest¡¦immagine è messa lì, non a caso… ma non vuol rappresentare il concetto in base al quale chi decide di mangiare poco, abolendo l’appetito, sia un personaggio cattivo che vede nello specchio una figura molto più buona. Semmai simboleggia qualcosa di diverso: la persona in difficoltà che percepisce di avere delle carenze, vorrebbe raggiungere una dimensione diversa passando attraverso il cibo, quindi l¡¦aspetto ideale diventa qualcosa da cercare con un meccanismo ossessivo.

L’elemento ossessivo è qualcosa su cui focalizzare l’attenzione.

L¡¦ossessione è un¡¦attenzione particolarmente polarizzata, quindi in eccesso, su qualcosa che finisce per perdere i connotati dell¡¦essere il vero problema e diventare un sintomo perché il problema sta a monte, il problema nasce da motivazioni più o meno nascoste.

Quando non sappiamo andare incontro adeguatamente a quelle che sono le risposte alle tante domande che la nostra mente “ci” pone e “si” pone e alle quali proviamo a sfuggire, in qualche modo dobbiamo distrarci.

La distrazione può diventare un¡¦idea ossessiva con, a volte, un comportamento compulsivo.

La compulsione è qualcosa che ha a che fare con la necessità di mettere in atto un gesto, un comportamento senza la possibilità di frenarsi. Le idee ossessive le abbiamo dentro, le pensiamo, gli altri possono anche non accorgersene; le azioni compulsive, invece, sono evidenti.

Proviamo a procedere con ordine.

L’essere umano che prova a “pensare” cercando di uscire dal gregge, non può non generare una crisi interiore: di solito il problema dell¡¦anoressia riguarda gli adolescenti, più esposti alle prime consapevolizzazioni sulla “durezza della vita”. Questo individuo non riesce ad affrontare i problemi di fronte ai quali si vede come inerme, non adeguatamente preparato ma, al contrario, sufficientemente motivato a cercare comunque di risolvere inventando quello che è possibile.

Se ne esce quasi sempre sconfitti: e questo riguarda un po’tutti noi, senza distinzioni di età.

A determinate condizioni, che sarebbe bene andare cercare nella persona evitando di categorizzare (perché si rischierebbe di commettere l’errore di racchiudere all’interno di un recinto, come se fossimo degli animali, individui che manifestano sintomatologie simili, ma con motivazioni completamente diverse) è come se l’adolescente dichiarasse: “Non riesco ad esercitare un potere su ciò che mi circonda, provo ad esercitarlo su me stesso… e lo pretendo! Almeno su me stesso voglio provare di raggiungere la perfezione”.

Siccome molti credono che il concetto di perfezione abbia a che fare con un corpo particolarmente esile, ecco la ricerca spasmodica di dimagrire oltre ogni limite.

Il concetto di perfezione consiste, dunque, nel dimostrare di essere in grado di gestire, comandare, controllare, determinare tutto su se stesso, fino alla possibilità ideale di riuscire a vivere in assenza di cibo: cioè riuscire a mantenersi attivi smettendo di alimentarsi.

Sembra un discorso un po’ strano, ma proviamo ad entrare nella mente di chi soffre perché non ha capito qual è il motivo per andare avanti nella vita, quindi il motivo per cui dovrebbe continuare ad alimentarsi!

Cos’è la bulimia?


Bulimia è una parola greca composta (bous-limos, bue e fame) che identifica un’alimentazione continua e smodata, come quella di un ruminante.

La bulimia è caratterizzata da ricorrenti abbuffate, intese come il rapido consumo (ad esempio nell’arco di due ore) di una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte delle persone assumerebbe nello stesso intervallo temporale e, contemporanea, dalla sensazione di perdere il controllo.

In seguito a tale ingestione sono presenti ricorrenti e sproporzionate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso che, inevitabilmente, seguirebbe l’assunzione di una così ingente quantità di cibo, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici, digiuno o esercizio fisico eccessivi.

Le abbuffate avvengono solitamente di nascosto e in solitudine, possono essere indotte da stress e dai suoi correlati emotivi negativi, da situazioni sociali legate al cibo o da preoccupazioni legate all’aumento ponderale. Possono essere programmate in anticipo e sono precedute da stati d’animo come solitudine, tristezza, noia, ansia o collera; l’ingestione di cibo avviene in modo vorace e non permette al soggetto di tenere conto del gusto degli alimenti e della loro gradevolezza. È presente uno stato di benessere simile a quello derivato dall’assunzione di sostanze psicotrope. Dopo poco, però, lo stato d’animo del soggetto cambia nella direzione di vergogna, disagio, disgusto, depressione, sensi di colpa e crollo dell’autostima.

La bulimia presenta due sottotipi:

  • bulimia con condotte di eliminazione: il soggetto utilizza regolarmente vomito autoindotto, lassativi o altre condotte di eliminazione;
  • bulimia senza condotte di eliminazione: il soggetto utilizza comportamenti come il digiuno o l’eccessivo esercizio fisico per mantenere il peso corporeo.

Il disturbo compare, solitamente, nella tarda adolescenza o nella prima età adulta, in prevalenza in soggetti di sesso femminile, durante una dieta restrittiva causata dal sovrappeso.

Quindi, in sostanza, si tiene in piedi un sistema, a volte in maniera tale da avere dei picchi in eccesso e basta, a volte con della continuità simile a quella di un ruminante. L’azione ossessivo-compulsiva che nell’anoressia aveva a che fare con un controllo della ricerca di una perfezione intesa come dominio su se stessi, in questo caso diventa un¡¦azione a seguito della quale mettere in pausa tutti i conflitti che ci portavamo dietro, per cui l¡¦alimentazione costituisce un momento di sfogo, di pausa o di gratificazione… e allora, più dura quel momento, più riusciamo a mantenere attivo ciò che stavamo cercando: una sorta di time-out in cui prendere fiato per respirare.

Anoressia e bulimia, si possono sovrapporre, sul piano motivazionale?

Come evidenziato nell’immagine proposta, entrambe queste manifestazioni hanno delle motivazioni che sono delle compensazioni a disequilibri psichici, fra cui la noia, la mancanza d¡¦affetto, l’eccesso di conflittualità interiore su base aggressiva, la paura di essere incapaci di realizzarsi, la mancata credibilità e stima da parte del mondo interno per carente sviluppo dell’identità o scarsa accettazione del mondo esterno. Questo significa che ognuno di noi, in fondo, si può ritrovare all¡¦interno di uno di quei punti che abbiamo osservato.

Da questi disturbi, se ne può uscire?

Ecco come se ne esce, rispondendo a quella domanda. “Perché stiamo male?”, “Siamo noi il male?”; significa: “Siamo la causa di una cattiva gestione di noi stessi?”, “Stiamo andando verso una tormenta non equipaggiati e soprattutto non sapendo perché?”. Bisogna imparare a saper dare le risposte a queste domande, sapendosi rapportare meglio con problemi riguardanti:

Bibliografia

  • Giovanni Russo – La Psiche umana – Sovera Ed.- Roma 1994
  • Umberto Nizzoli – Disturbi dell’alimentazione e abuso di sostanze – Piccin, Padova, 2008
  • Pietro Alleri, Raffaele Rocco – Il “peso” delle emozioni. Conoscere, affrontare e vincere l’obesità – Franco Angeli, Milano 2008
  • Irene Favara – Ana, la divinità dei corpi sublimati. “Ciò che mi nutre mi distrugge”Psicologia contemporanea, n. 205 (gen.-feb. 2008), pp.40-48
  • Umberto Nizzoli, Claudio Colli, Chiara Covri – DCA: disturbi del comportamento alimentare. Manuale per operatori, insegnanti, genitori – Carocci, Roma, 2007
  • Giorgio Caviglia, Francesco Cecere – I disturbi del comportamento alimentare. L¡¦approccio multidisciplinare per un intervento efficace – Carocci Faber, Roma, 2007, pp. 118
  • Silvia Ladogana – Lo specchio delle brame. Mass media, immagine corporea e disturbi alimentari – Franco Angeli, Milano, 2006,

Giorgio Marchese – Medico Psicoterapeuta (Docente di Fisiologia Psicologica e Psicologia della comunicazione c/o la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico SFPID – Roma 2010)

Si ringrazia Andrea Lionetti per la collaborazione nella stesura del dattiloscritto