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Più che la paura.


Quaderni di Psicologia

Se sei forte, sii mite e pacifico, in modo che chi ti sta vicino abbia rispetto di te più che paura. (Chilone)

Da piccola ero negata per la matematica. Ricordo che mia madre si stupiva della mia incapacità di ragionamento deduttivo anche di fronte ai quesiti più ovvi. In prima media i miei problemi si fecero ancora più evidenti e imbarazzanti.

Conobbi molto presto il mio professore di matematica: un uomo fermo, autorevole, preparato… ricordo che durante una lezione, notando evidentemente l’aspetto terrorizzato che avevamo quando entrava, ci disse: " ragazzi, io voglio che voi abbiate rispetto di me. Non paura. Il rispetto è una scelta, la paura è un obbligo".

Già… quelle parole mi rimasero nella mente per tanto tempo… un tempo non ancora finito. Siamo abituati ad associare il rispetto con la paura… forse per il linguaggio tipico della "mafia", forse per scarsa o errata educazione.

Rispetto il professore, il genitore, la persona, la zia, l’amico… che mi incute paura. "Mazze e panelle fanno i figli belli! Panelle senza mazze fanno i figli pazzi!" è su questi principi di "terrorismo" che molto speso si basano i rapporti? Penso di sì. Un figlio che "rispetta" è il figlio che non risponde, per paura di uno schiaffo o di una reazione violenta? E’ un figlio spaventato?

No. Penso avesse ragione il mio professore.

Il rispetto è un’altra questione. Eppure continuiamo a confonderlo e quante volte anche noi, per avere la via più facile e corta, ci poniamo con autoritarismo, dentro una finta corazza di ferro quando conosciamo gli altri? Duri, fermi. Intransigenti. Impermeabili. Giudicatori.

"Mostrandoci così – ci raccontiamo- gli altri ci rispetteranno". Ma non stiamo già mancando di rispetto a noi e a loro negandoci la possibilità di avere un rapporto paritario che ci permetta di essere liberi con noi stessi?

Si. Il rispetto è un qualcosa di automatico, noi nasciamo avendo il rispetto di noi stessi… abbiamo pianto quando da piccoli pretendevamo latte, cambio pannolino, coccole… in base a cosa pretendevamo? In base a quello che producevamo? A quello che davamo? A quello che subivamo? No. In base al fatto che, semplicemente, esistevamo. Eravamo delle persone e, come tali, pretendevamo il riconoscimento dei nostri diritti e dei nostri bisogni. Certo, crescendo si deve pur dare qualcosa… ma per rispetto, non per meritocrazia. Crescendo perdiamo un po’ questo concetto. Stretti in una visone personalistica ed egocentrica, dimentichiamo che "gli altri" sono portatori sani di diritto di rispetto… e dimentichiamo che anche noi lo siamo.

Il rispetto " è un sentimento di riguardo nei confronti di persona ritenuta degna". Quindi, fino a prova contraria, siamo tutti da rispettare. Rispettare le opinioni, i gusti, il modo di pensare, di agire, di vivere di una persona. Non per forza "condividere", ma rispettare. Questo richiede ovviamente una grande maturità e stabilità interiore. Richiede uno sviluppo di egoismo positivo, di flessibilità, di voglia di uno scambio costruttivo… dopotutto, se è vero che noi ci riconosciamo simili a noi stessi anche per confronto con gli altri, questi altri hanno un grande valore per noi. Perché mancargli di rispetto? Perché distruggere e offendere ciò che ci permette di soddisfare en sviluppare appieno la nostra personalità e, dunque, la nostra vita?

Al bambino autistico, che per antonomasia ha una potenziale problematica a confrontarsi con qualcuno che non sia se stesso, viene insegnato il valore degli altri facendo sì che egli non abbia a disposizione nulla di quanto vuole ma rendendo disponibile quell’oggetto o cibo, ecc., solo tramite l’altro. Egli capisce quindi, il valore dell’altro, capisce che può raggiungere ciò che vuole grazie anche all’aiuto dell’altro, capisce la ricchezza dello scambio, l’opportunità… e impara il RISPETTO.

Ovviamente, non parlo di una forma di dipendenza (che non porterebbe al rispetto di sé, e quindi non renderebbe possibile quello verso gli altri), ma di riconoscimento di un valore.

Io sto cercando di imparare a rispettare… in quei tre anni di scuole medie la matematica è diventata la mia materia preferita e ho raggiunto il primo ottimo al primo quadrimestre della seconda media. L’unico della scuola. Così è andata anche con la matematica delle scuole superiori e la statistica dell’università. Il potere del RISPETTO!