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Più
tempo per la contestazione, secondo la Cassazione.

Il potere di licenziare può essere esercitato dal datore di
lavoro solo nel rispetto di precisi limiti e modalità, sia
sotto l’aspetto dei motivi del recesso sia sotto quello della
procedura da seguire.

Le specifiche motivazioni che giustificano il licenziamento possono
riguardare la condotta del lavoratore (licenziamento disciplinare,
per giusta causa o per giustificato motivo soggettivo) o la
situazione in cui si trova l’azienda (licenziamento per giustificato
motivo oggettivo).

l licenziamento, oltre ad essere fondato su specifiche motivazioni,
deve essere comunicato al lavoratore in forma scritta (art. 2, comma
2°, Legge n.108/1990).


Qualora il lavoratore ritenga il
licenziamento
illegittimo

ha l’onere di impugnare il licenziamento entro 60 giorni a pena di
decadenza. Tale termine decorre dalla comunicazione del licenziamento
oppure dalla comunicazione dei motivi, qualora questa non sia
contestuale alla lettera di licenziamento. Ai sensi dell’articolo 6
della Legge n.604/66, l’impugnazione deve essere fatta con atto
scritto che può essere portato a conoscenza del datore di
lavoro con qualsiasi mezzo idoneo, come lettere raccomandate e
telegrammi. Inoltre, prima di rivolgersi al giudice, il lavoratore
deve instaurare un tentativo di
conciliazione
presso l’Ufficio Provinciale del Lavoro.

In ordine alla tempestività dell’impugnazione, la Sezione Lavoro
della Corte di Cassazione, con la recente sentenza n.22287/2008, ha
affermato che “l’impugnazione del licenziamento
individuale è tempestiva, ossia impedisce la decadenza di cui
all’art. 6 1. n. 604 del 1966, qualora la lettera raccomandata sia,
entro il termine di sessanta giorni ivi previsto, consegnata
all’ufficio postale ed ancorché essa venga recapitata dopo la
scadenza di quel termine
“.
Ciò in accoglimento
dell’orientamento giurisprudenziale costituzionale che, in materia di
decadenza da impedire con la notificazione di un atto, ha espresso il
principio generale, fondato sulla ragionevolezza e sul diritto di
difesa (articoli 3 e 24 Costituzione), secondo cui il momento di
perfezionamento della notifica per il soggetto a cui svantaggio si
verificherebbe la decadenza deve distinguersi da quello di
perfezionamento per il destinatario, precisando che, per il primo, la
decadenza è impedita con la consegna dell’atto all’ufficiale
giudiziario oppure all’agente postale, in quanto sarebbe
irragionevole fargli subire effetti sfavorevoli dovuti al ritardo in
attività spettanti ad altri soggetti.

Erminia
Acri-Avvocato