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Non di rado le giovani coppie adibiscono a casa coniugale un immobile concesso in comodato ad uno dei coniugi da un terzo (generalmente un parente). Nulla questio finchè il rapporto tra i coniugi prosegue, ma cosa succede in caso di separazione? Il comodante può pretendere la restituzione dell’immobile se la casa viene assegnata, dal giudice, al coniuge affidatario dei figli, ove questi non sia l’originario beneficiario del comodato?

Sul punto, di non facile soluzione per mancanza di specifiche disposizioni legislative, si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione a Sezioni unite, stabilendo, con sentenza n.13603/2004, che, in caso di concessione in comodato da parte di un terzo di un bene immobile di sua proprietà destinato a casa familiare“il successivo provvedimento di assegnazione in favore del coniuge affidatario di figli minorenni o convivente con figli maggiorenni non autosufficienti senza loro colpa, emesso nel giudizio di separazione o di divorzio, non modifica la natura ed il contenuto del titolo di godimento sull’immobile, ma determina concentrazione, nella persona dell’assegnatario, di detto titolo di godimento, che resta regolato dalla disciplina del comodato, con la conseguenza che il comodante è tenuto a consentire la continuazione del godimento per l’uso previsto nel contratto, salva l’ipotesi di sopravvenienza di un urgente ed impreveduto bisogno”.

Nel caso di specie un padre aveva concesso in comodato al figlio un bene immobile di sua proprietà perchè lo usasse come abitazione familiare. Poi, il figlio si separava dalla moglie, la quale riceveva l’affidamento dei figli minori ed otteneva l’assegnazione della predetta casa familiare. Il suocero, scontento per la situazione, agiva contro la nuora per la restituzione dell’appartamento. A favore di quest’ultima si pronunciava già il giudice di primo grado, affermando che il suocero concedente l’immobile in comodato al figlio, era tenuto a subire il provvedimento di assegnazione alla nuora sino al momento in cui le proprie nipoti non fossero divenute economicamente autosufficienti.

La Corte di Cassazione a Sezioni unite, adita su ricorso del suocero, ha confermato la predetta sentenza, ma con una motivazione diversa, precisando che, in tali situazioni, per concorde volontà delle parti, si determina “un vincolo di destinazione dell’immobile alle esigenze abitative familiari idoneo a conferire all’uso cui la cosa doveva essere destinata il carattere di termine implicito della durata del rapporto, la cui scadenza non è determinata, ma è strettamente correlata alla destinazione impressa ed alle finalità cui essa tende”, e che tale vincolo non viene meno automaticamente per il sopravvenire della crisi tra i coniugi.

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