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Un viaggio vero ed insieme virtuale per conoscere a fondo, tramite appassionati e maestri cioccolatieri, il cibo degli dei.


Ad Altomonte, in provincia di Cosenza, ospite del famoso e ricercato hotel Barbieri di Patrizia ed Enzo Barbieri, si è tenuto il corso di I° livello di sommelier del cioccolato, organizzato dal “Choco travels”, (giornale online per diffondere la cultura dei viaggi associati al cioccolato, presieduto dalla dott.ssa Marina Sanvito) e dalla Fisar, (Federazione Italiana Sommeliers Albergatori e Ristoratori), rappresentata dal delegato provinciale, sig. Francesco Pingitore.

Oltre al cioccolato, dolce ed indiscusso protagonista delle due giornate di corso teorico e pratico, a rendere omaggio al cibo degli dei, spiegandone le caratteristiche, le qualità e le applicazioni, è stato presente uno dei più famosi artigiani italiani del cioccolato d’autore, il maestro piemontese Giacomo Boidi

che, ha, inoltre, illustrato le varie fasi di lavorazione del prodotto.

Alla manifestazione hanno aderito molte persone, sia addetti ai lavori che appartenenti a varie categorie professionali.

La Stradaweb, insieme a Rai International ed a Rai 3, ha seguito passo dopo passo il gustoso appuntamento in cui la storia e le tradizioni legate al cioccolato hanno incontrato i sapori calabresi del peperoncino, dei vini del Pollino e della liquerizia, per un connubio di sicuro successo.

Dott.ssa Sanvito, come è nata questa idea, quali sono gli scopi di Choco Travels e cosa si propone di diffondere.

La “Choco travels” è una testata giornalistica online, un magazine di viaggi ed un vero e proprio tour operator virtuale legato al mondo del cioccolato. Circa cinque anni fa, mi sono ritrovata immersa in questa realtà di gente “folle” per il cioccolato e, visto che io sono un’appassionata di viaggi, ho cercato di coniugare le due cose, in modo da proporre qualcosa di fondamentalmente culturale ma legata sempre al cioccolato.

In quest’ottica sono nati i viaggi verso le piantagioni di cacao, in Venezuela, in Messico, perchè lì trae la sua origine la storia del cioccolato, poi, per rimanere in Europa, a Vienna e Salisburgo.

In Italia, sono stati organizzati dei viaggi in Toscana, nella “Chocolate valley”, ieri culla del Rinascimento, oggi del cioccolato d’autore, nata negli ultimi anni per riunire tutti i cioccolatieri provenienti da Firenze, Pisa ecc. ed in Sicilia, per seguire il barocco siciliano e giungere, poi, a Modica, dove vi è ancora la lavorazione del cioccolato come quella Azteca.

Successivamente, quello che era solo un sito è divenuto un vero e proprio giornale on line, in cui propongo i cioccolatieri italiani e, quindi, mi occupo del cioccolato d’autore…

Dove ha sede “Choco travels”?

A Milano ed è gestita da me, dal mio webmaster e da amici giornalisti che mi aiutano nel promuovere ogni evento.

Qual è il prossimo evento e dove si terrà?

Son previsti due corsi di cioccolato in ottobre: uno ad Alessandria, presso il laboratorio di Giraudi ed un altro a Pisa da Poul e Cecilia De Bondt. Poi, sospenderemo per Natale perché i cioccolatieri sono, ovviamente, occupatissimi in quel periodo e, quindi, organizzeremo, successivamente, dei corsi più avanzati. Per quel che riguarda i viaggi, ve ne è già uno on line in Messico, proprio sulla rotta di quanto abbiamo detto e poi si era pensato anche ad un viaggio a Zanzibar, perché si vuole unire l’utile del cioccolato al dilettevole della vacanza.

Cosa si intende per “cioccolato d’autore”?

E’ l’esatto contrario di quello industriale che tende, ovviamente, alla quantità più che alla qualità. Sicuramente, vi sono industrie che producono dell’ottimo cioccolato, ma oggi, che l’approccio verso il cibo è anche di tipo culturale, si sta verificando la stessa tendenza nel mondo del cioccolato dove si va alla ricerca dell’artigiano che, nella maggior parte dei casi, accanto all’inventiva ed alla creatività, pone come base proprio la qualità del prodotto.

Gli ingredienti, pertanto, non possono che essere il top. E’ chiaro che il cioccolato di qualità ha un costo più elevato di quello industriale, ma perché è qualcosa di completamente diverso. Gli artigiani producono in quantità limitata, che non va al di là del loro raggio d’azione, ma tutto questo, ovviamente, va a vantaggio del discorso qualitativo.

Dove risiedono questi maestri cioccolatieri?

Innanzitutto, in Piemonte, che è la patria del cioccolato in Italia; vi è stata, poi, una crescita in questo senso anche in Toscana. In Lombardia, da dove io provengo, ve ne sono pochissimi ed, invece, se ne ritrovano in gran quantità in Sicilia, perché lì vi è una tradizione lasciata dagli spagnoli.

Che tipo di collaborazione esiste tra la “Choco travels” e questi maestri cioccolatieri?

Beh…Io li considero tutti grandi amici e, laddove posso, li aiuto volentieri, perché ho grande stima. Sono una loro supporter e quando vi sono eventi o manifestazioni che li vedono coinvolti, mi faccio promotrice di viaggi per andare a trovarli. Inoltre, è sorta una scuola itinerante di cioccolato, di cui sono Presidente e dove insegnano questi maestri.

Si tratta di una scuola nata un po’ per caso, grazie alla loro disponibilità, in quanto mettono a disposizione i loro laboratori e si mettono essi stessi a disposizione, nei week – ends, per cui, andando sul posto, è possibile per gli allievi apprendere molto.

E’ un corso teorico e pratico e devo dire che gli allievi ritornano sempre.

Com’è nato questo corso di sommelier del cioccolato qui in Calabria?

L’idea è nata dalla FISAR (Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori), dal Presidente della sezione di Cosenza, sig. F. Pingitore, che mi ha contattato perché aveva letto sul giornale di questi corsi. Ho pensato che poteva essere interessante e, in accordo con il maestro cioccolatiere Giacomo Boidi di Castellazzo Bormida (Al), il corso è stato proposto per la prima volta in Calabria, in questa cornice stupenda di Altomonte.

Sappiamo che lei è un’esperta di storia del cioccolato, che non tutti conoscono. Ce ne può parlare?

Tutti credevano che fosse stato Cristoforo Colombo, nel 1492, a scoprire il cioccolato. In realtà, egli l’aveva conosciuto ma senza capirne il valore. Fu, poi, Cortès, quando i conquistadores spagnoli, dopo la scoperta dell’America, decisero di allargare l’impero spagnolo, ad imbattersi nella popolazione degli Aztechi che da sempre conoscevano il cioccolato e lo consideravano il cibo degli dei, perché aveva delle proprietà molto energetiche e, inoltre, si raccontava che un dio ne aveva portato dal cielo i semi per regalarli agli uomini. La pianta era, pertanto, considerata come qualcosa di quasi mistico, per cui la bevanda che se ne ricavava era un’esclusiva dei sacerdoti e della classe nobile. Più tardi, venne anche data ai soldati per rinvigorirli in occasione delle battaglie. Ciò che è interessante è che il cioccolato non nasce solido ma liquido. Era una bevanda chiamata “acqua amara”, perché gli Aztechi non conoscevano lo zucchero e, dunque, usavano i semi di cacao schiacciati, aggiunti ad acqua fredda.

La capitale degli Aztechi sorgeva su quella che oggi è Città del Messico. Montezuma, che è stato l’ultimo imperatore messicano, soleva gustare questa bevanda resa ghiacciata dalla neve che si depositava sul grande vulcano dietro Città del Messico. All'”acqua amara” venivano aggiunte solo delle spezie per profumarla e un po’ di farina di mais per renderla più pastosa; poi, veniva frullata e si otteneva, così, una schiuma densissima che veniva consumata con il cucchiaio, precisamente con cucchiai d’oro, piuttosto che di osso o di altri materiali.

Quando Cortès arrivo alla corte di Montezuma, unitamente a tutti i tesori ammassati nella sala, vi era questa incredibile quantità di semi di cacao, proprio per significarne il valore. Infatti, i semi venivano anche utilizzati come moneta di scambio. Quindi, grazie agli spagnoli, questa bevanda si diffuse in Europa. Poi subì una serie di trasformazioni, perchè era troppo amara per l’occidente: con l’aggiunta di zucchero e riscaldata, fu creata la famosa cioccolata calda, che fece il suo ingresso nelle corti e di lì, poi, divenne anche di uso tra la gente comune.

Attualmente, dove si trovano le maggiori coltivazioni di cacao?

In Venezuela, Equador, in Messico ed in Costa d’Avorio che è il maggiore produttore ed esportatore mondiale. Poi, vi è un cioccolato molto particolare anche in Malesia e a Santo Domingo e, in generale, laddove vi è un clima caldo. Il cioccolato ha bisogno di temperature caldo – umide e di una situazione in cui la pianta si trovi protetta da altre piante e non prenda il sole direttamente. Di solito, infatti, le piantagioni di cacao si trovano accanto a quelle di banane, che, appunto, consentono questo margine d’ombra.

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Maestro Boidi, come è nata la sua passione per il cioccolato?

Mi sono avvicinato a questo mestiere, sicuramente, per una tradizione di famiglia, portata avanti da parte di due miei zii, Battista Giraudi e Paolino Boidi; è stata una cosa del tutto casuale poichè io ho fatto studi tecnici. Nell’82, quando ho finito gli studi e sono rientrato dal servizio militare, volevo intraprendere un’attività per conto mio, ma ancora non avevo le idee ben chiare. Il fatto che in famiglia vi fossero queste realtà mi ha spinto verso la pasticceria e la cioccolateria.

Mi sono subito appassionato, perché si tratta di un campo che consente di esprimersi come si vuole, specialmente per una persona come me che ha voglia di fare, sperimentare, raccontare e ricercare quei sapori e quei prodotti che possono andar perduti.

Il suo, quindi, è un modo di comunicare molto dolce..

Sì, possiamo definirlo così. Un modo di comunicare e di fare apprezzare un prodotto. La mia più grande soddisfazione è quando un cliente ritorna contento di ciò che ha mangiato e poi mi chiede consiglio per assaggiare qualcosa di nuovo, per cui si ripone molta fiducia anche in quello che io posso proporre.

Dove ha sede il suo laboratorio artigianale?

La mia casa e la bottega, cioè il laboratorio-pasticceria si trovano a Castellazzo Bormida che è il mio paese e si trova in provincia di Alessandria. Ho, inoltre, un’attività commerciale proprio al centro di Alessandria ed un’altra dove ho il laboratorio.

Il suo lavoro può essere può essere paragonato a quello di un altro artista che crea in un altro settore?

Sicuramente il mio lavoro può essere paragonato a quello di un altro artista che manipola un’altra materia. Io ho trovato la mia espressione migliore nel cioccolato. Noi piccoli artigiani, non avendo la tecnologia che ci permette di produrre il cioccolato dalla fava di cacao, veniamo definiti degli “scioglitori”; però, penso che se in Italia si è parlato tanto di cioccolato, incuriosendo la gente, bisogna dire grazie a quelli come me e come tanti altri bravissimi colleghi che vi sono in Italia, tutti molto appassionati, perché per lavorare il cioccolato è necessario che vi sia una grande passione e conoscenza della materia.

Ma esiste, in Italia, una scuola per diventare maestri cioccolatieri?

Io non mi definisco un maestro cioccolatiere. Tengo dei corsi, ma da artigiano, perché non ho mai acquisito un titolo così importante come quello di maestro. A volte, si incontrano persone appassionate e curiose che si vogliono avvicinare a questo mondo e conoscerlo, come voi. Altre volte, invece, ci si incontra con altri colleghi professionisti e capita che sia più facile attingere informazioni da loro piuttosto che trasmetterle. Io so che posso trasmettere qualcosa, perché io metto a disposizione la mia esperienza; il mio modo di esprimermi è quello di lavorare, facendo vedere quali sono le nozioni tecniche e teoriche del mestiere. E’ anche vero che, nel momento in cui ho davanti a me una serie di professionisti, attingo anche da loro, magari poche cose ma importantissime per arricchire il bagaglio. C’è uno scambio di esperienze e chi ne ha di più è giusto che le elargisca anche agli altri. A causa di invidie e gelosie è capitato, purtroppo, che si siano perse molte tradizioni e siano scomparsi diversi mestieri. Questo, comunque, è dovuto anche al fatto che, oggi, sono pochi i giovani che si avvicinano a quelli che sono considerati mestieri umili o poveri.

Lei, dunque, per mezzo della “Choco travels” tiene dei corsi in molte parti d’Italia..

A dire la verità, preferisco che si venga da me, perché mi piace aprire le porte del mio laboratorio, visto che io non sono assolutamente geloso. Tengo anche corsi per le casalinghe e per le persone veramente appassionate. Inoltre, sono innamorato dei bambini e sto facendo un programma con loro, che va avanti da un anno e mezzo. Si tratta di un programma, organizzato con le scuole che consiste in una giornata da trascorrere insieme ai bambini nel mio laboratorio; l’unico pagamento che pretendo, da parte delle maestre, è che facciano svolgere ai loro allievi un compito e cioè un disegno ed un pensierino. Sto raccogliendo tutto il materiale e stanno venendo fuori delle belle cose.Lo scopo è quello di far conoscere gli artigiani, raccogliere materiale e fare una pubblicazione che servirà per beneficenza; il mio sogno è di destinarla ai “campesinos”, che sono quelli che si occupano della raccolta del cacao.

Visto che lei è un esperto, cosa c’è da considerare nel cioccolato?

Innanzitutto, alla base del cioccolato ci deve essere un cacao buono, proveniente da determinati luoghi e che sia la tipologia giusta per ottenere un certo prodotto. Poi, si tratta di creare delle monovarietà, quindi, usare solo ed esclusivamente quella miscela di cacao o il cacao proveniente da un determinato territorio.

Durante il corso ha parlato di tre tipi di cacao…

Sì, i più conosciuti sono: il criollo, il forestiero ed il trinitario. Il primo è il più pregiato e proviene prevalentemente dal Venezuela. Gli altri due tipi hanno avuto uno sviluppo maggiore grazie anche alla resistenza della pianta e si sono sviluppati, soprattutto, in Costa d’Avorio, che è il paese di maggiore produzione di cacao.

Puo’ dirci qualcosa della pianta del cacao?

Si tratta di una pianta particolare, infatti è una delle poche piante in natura che fruttifica sul tronco, e che ha una fioritura di migliaia di fiori, ma solo uno su cento arriva, in genere a fruttificare e non tutti i frutti arrivano a completa maturazione. Quindi, su una pianta di cacao si possono avere, in genere, da 20 a 25 frutti, che possono avere un ciclo di maturazione continua. Intendo dire che la pianta del cacao, in teoria, potrebbe dare frutti costantemente e, addirittura, si potrebbe avere la possibilità di vedere il fiore, il frutto in fase di maturazione ed il frutto maturo, tutto contemporaneamente.

La pianta del cacao dà i propri frutti in maggio e giugno e da novembre a gennaio, essa nasce attorno alla fascia equatoriale, circa un centinaio di km a sud ed a nord di questa; ha bisogno di un clima molto caldo ed umido e non può ricevere direttamente la luce del sole, e per questo motivo, di solito, le piante di cacao sono coltivate all’interno di bananeti, dove vi sono palme o piante dal fusto alto che fanno ombra. Si tratta di una pianta antichissima. Il frutto si chiama “cabosside” ed assomiglia ad un grande melone allungato, all’interno del quale sono racchiusi i semi del cacao, le c.d. fave, in una mucillagine biancastra. Quindi, i frutti vengono staccati e si estraggono le fave.

La prima fase della lavorazione è la fermentazione, nella quale cominciano a svilupparsi i primi aromi :qui avviene la trasformazione degli zuccheri.

La fase successiva è quella dell’essiccazione a cielo aperto. Comunque, il processo produttivo, tranne in alcuni posti, ha subìto delle trasformazioni tecnologiche, per cui, ad esempio, l’essiccazione avviene in essiccatoi.

Poi, abbiamo la fase della tostatura e, quindi, quella finale di trasformazione: spremitura, frangitura e successivo assemblaggio delle materie prime che, per la creazione, per esempio, del cioccolato fondente, sono : massa, burro di cacao, zucchero e vaniglia. Poi, si ha il concaggio, che è l’operazione tecnologica che avviene in delle conche e che permette di arrivare al cioccolato fondente, chiamato così appunto perché dallo stato solido passa a quello liquido (?).

La patria del cioccolato in Italia è in Piemonte dove si sono sviluppate le prime tecnologie che hanno permesso la produzione del cioccolato. Sono nate lì le prime conche che poi sono state esportate in Svizzera. Il Piemonte è anche la patria del gianduia, che è una rivisitazione del cioccolato, perché costituito anche dalla nocciola. Inoltre, allo sviluppo della produzione del cioccolato in questa terra hanno sicuramente contribuito, nel 1600 e 1800, le dinastie dei regnanti, che in quel periodo avevano un accesso più facile al cioccolato, essendo questo riservato solo ad un certo ceto. Il primo laboratorio di cioccolateria è stato quello di Capparelli, poi la Baratti e molti altri validissimi cioccolatieri.

Quindi, noi in Italia non abbiamo nulla da invidiare al cioccolato svizzero…

Credo assolutamente di no. Io esporto parte della mia produzione in Svizzera, perché credo di fare un prodotto qualitativamente valido. In quello che faccio, l’obiettivo primario è la ricerca del meglio e di idee nuove da proporre.

Soffermiamoci meglio sugli altri elementi del cioccolato…

Gli altri elementi, come dicevo, sono: lo zucchero ed il burro di cacao, che insieme al cacao, è parte integrante del frutto e costituisce, ovviamente, la parte grassa. E’ nella fase della spremitura che la fava viene compressa in un torchio ad alta pressione, ad una temperatura intorno ai 50° C, e viene estratto questo grasso nobilissimo, che è una materia secca, conosciuta come il cacao in polvere. Comunque, la struttura molecolare del cioccolato è molto complessa, ed è costituita da circa 500 componenti che danno vita al suo aroma, al suo gusto e profumo.

A seconda del luogo dove si coltiva e cresce, il cacao, dunque, avrà delle caratteristiche diverse…

Certo. In tutti i prodotti che vengono dalla terra, influisce, in primo luogo, la terra stessa, intesa come suolo da cui la pianta attinge. Succhiando vita dalla terra, la pianta ne assorbe tutte le caratteristiche, poi, ovviamente, risente anche del clima. Quindi, una pianta di criollo, coltivata in Venezuela, sarà diversa da una medesima pianta coltivata in Equador e così via.

Cos’è il temperaggio?

E’ quella operazione meccanica che consente di utilizzare in maniera corretta il cioccolato. Come dicevo, la struttura molecolare del cioccolato è abbastanza complessa e, quindi, richiede una lavorazione particolare per trovare quelli che sono i “cristalli” più stabili e che danno vita al fenomeno di cristallizzazione, cioè di indurimento che si ha ad una temperatura di circa 31-32°. Per fare ciò, è necessario effettuare uno scioglimento della massa del cioccolato alla temperatura di 48-50°, non sul fuoco diretto ma solo ed esclusivamente a bagnomaria oppure in un forno a microonde, poi si tratta di abbassare la temperatura a 28°, per poi rialzarla, per il cioccolato fondente intorno ai 31° e per il cioccolato al latte intorno ai 29°. Questi sono processi che, raccontati così, possono sembrare semplici, ma, al contrario, hanno la loro importanza perché sono questi che danno al cioccolato le caratteristiche ottimali della lucentezza, lo spacco e la capacità di sciogliersi in bocca. Il burro di cacao è un elemento che si scioglie ad una temperatura di circa 32°, quindi, sicuramente inferiore a quella corporea. Perciò, nel momento in cui si mette in bocca, inizia il processo di scioglimento e, pertanto, lo sprigionarsi di tutti i suoi aromi.

Bisogna diffidare quando il cioccolato si scioglie troppo lentamente mentre si consuma?

Sì, se si fa masticare troppo vuol dire che c’è poco burro di cacao.

Quali sono le proprietà del cioccolato?

Il cioccolato ha un buon tenore di caffeina, la teobramina e molti polifenoli che sono quei componenti che lo rendono piacevole, che contribuiscono ad sollevare l’umore di chi lo mangia. Inoltre, il cioccolato dà energia ed è afrodisiaco, fa bene all’amore, insomma.

Cosa pensa delle direttive comunitarie che prevedono una certa quantità di grassi alternativi al burro di cacao?

I grassi che la Comunità Europea prevede non in sostituzione ma in aggiunta al burro di cacao sono nell’ordine del 5%. Quello che, però, dà un po’ fastidio è che tutto questo possa considerarsi sempre come puro cioccolato. Non è giusto. Qui c’è una imposizione ed una lotta messa in piedi dalle multinazionali che hanno una potenza economica tale da poter avere una chiave di volta anche nelle decisioni politiche.

Ma voi cioccolatieri italiani avete fatto qualcosa?

Abbiamo provato a fare capire che un cioccolato di qualità, tale da poter essere chiamato puro cioccolato, non è quello ottenuto con questi tipi di grassi. Per quanto mi riguarda, non ne ho mai utilizzati e non ne utilizzerò neanche adesso. Quando è sorta questa problematica, si stava tenendo a Torino una manifestazione, “Euro- choccolate”, nel corso della quale iniziarono dei dibattiti in materia. Ed è stata, comunque, un ottima cosa che si sia parlato di cioccolato, nel bene o nel male, perchè la gente ha aperto gli occhi e si è incuriosita anche per quel che riguarda le ricette. Quindi, è nata una certa attenzione a questo aspetto, per cui chi ha sempre lavorato in una certa maniera continuerà ad essere premiato, chi decide di seguire una strada diversa sa che i consumatori sanno e sono attenti a ciò che consumano… e poi noteranno la differenza.

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Quando e com’è nata, sig. ra Barbieri, questa struttura, che lei gestisce insieme a suo marito ed ai suoi figli?

Fu mio suocero a costruire questo albergo intorno agli anni ’68-’70 e ad iniziare l’attività. Nel 1973, io e mio marito, che eravamo a Ferrara, dove, ci siamo conosciuti e sposati, siamo tornati qui ed all’inizio è stato difficilissimo, non pensavamo nemmeno di rimanere. La struttura era piccolina, non c’era il movimento che c’è adesso, il paese era completamente diverso; nel ’75, però è cambiato il governo comunale e le cose sono migliorate. Vi era uno spirito nuovo nel paese, quasi un “rinascimento”, e questo ci ha incoraggiato, ci siamo a lavorare fino ad arrivare ai risultati attuali. Lavoriamo per esigenza ma anche per passione, perchè senza la passione non si riesce a far niente.

Dagli anni ’70 ad ora sono cambiate molte cose nella struttura di questo albergo…

Nel 1980, abbiamo raddoppiato l’albergo e la capienza in termini di sale. Negli anni successivi, si è cercato di organizzare sempre qualcosa per cercare anche di rendere più facile il nostro lavoro. Poi abbiamo acquistato il Palazzo dei Giacobini, perchè avevamo l’esigenza di avere anche un locale più raffinato, visto che la nostra clientela ce lo richiedeva. Lo abbiamo restaurato e riaperto sette anni fa; da allora, è stato un crescendo perchè ha incontrato molto il favore della clientela. Attualmente stiamo ultimando i lavori del centro benessere che ricomprende anche una piscina, già funzionante. In particolare, per quanto riguarda il centro benessere, non sarà grandissimo ma ben attrezzato e molto funzionale. Vi sarà la sauna, il bagno turco, una doccia particolare per la cromoterapia, un angolo di cardio-fitness, attrezzature da ginnastica, una sala massaggi ed una piccola piscina idromassaggio riscaldata. Una struttura abbastanza completa.

Lei ha parlato di qualcosa di esterno, di strutturale che si può trovare anche altrove, ma c’è un qualcosa in più che voi offrite?

Non so, forse per noi accogliere un cliente con il sorriso, con gentilezza e disponibilità non è una forzatura ma un qualcosa che viene da dentro. Se fosse una forzatura non lo potremmo fare sempre, non reggerebbe, visto che ormai sono tanti anni che svolgiamo questa attività…

Sarebbe una recita continua…

Infatti, e non sarebbe possibile. Credo che abbiamo un buon carattere e poi, sicuramente, fa anche un po’ parte della professionalità. Insomma, un sorriso non costa niente e, a volte, paga più un sorriso che un locale chissà come spettacolare.

So che lei ha tenuto e tiene dei corsi di cucina.

Sì. In primavera, ho fatto un corso di cucina del territorio. L’iniziativa è stata promossa dall’Istituto Comprensivo Scolastico di Malvito, che comprende anche quello di Altomonte. Tra gli iscritti, sia giovani che adulti, per cui mi ha dato soddisfazione pensare che persone adulte, pur conoscendo la cucina del territorio si rivolgessero a me per poterne sapere di più. Sicuramente, l’anno prossimo si ripeterà l’esperienza, magari in maniera più allargata.

Inoltre, mi sto dedicando anche alla pasticceria e alla gelateria, infatti ho seguito dei corsi per gelateria artigianale e ho avuto un buon successo.

Ritengo che la scuola sia indispensabile in ogni settore. Inoltre, queste scuole si avvalgono di maestri di fama nazionale ed internazionale, per cui basta ascoltarli e guardarli per imparare qualcosa.

Come è accaduto per il corso di sommelier del cioccolato…

Sì, a cui abbiamo partecipato in tanti e veramente con grande piacere. Io credo che sia importante affrontare le cose con umiltà, perché, comunque, c’è sempre qualcuno che sa più di noi e ritengo che l’arroganza non paghi mai.

Quali sono i vostri progetti futuri, il dott. Barbieri parlava di una associazione con altri albergatori?

Noi, come Hotel Barbieri, siamo iscritti all’Assindustria di Cosenza, più esattamente all’Assiturismo. Mio marito è stato chiamato, poi, a far parte dell’Assapori che è un’associazione che raccoglie i sapori eccellenti, ne è stato fatto Presidente e sta cercando di promuovere la cucina calabrese in tutta Italia. La prima spedizione è stata fatta a Venezia, nell’ambito della mostra del cinema, quest’anno. E’ stato offerto un assaggio di prodotti calabresi, durante l’assegnazione del premio Mimmo Rotella, grande pittore calabrese. Questa iniziativa si va a coniugare con altre che si sono tenute nel territorio calabrese, per diffondere la cultura della nostra cucina e delle nostre tradizioni.

Si ringraziano la dott.ssa Sanvito, il maestro Boidi e la sig.ra Barbieri per la collaborazione.

Maria Cipparrone

A questo lavoro ha partecipato la dott.ssa Laura Trocino.