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Partendo dai motivi storici che hanno indotto ad inserire nelle scuole l’insegnamento della religione cattolica, vediamo come esso si è evoluto e come si inserisce nell’attuale ordinamento giuridico.


Il problema dell’insegnamento della religione cattolica nella scuola e, quindi, quello della sua disciplina giuridica è sorto nell’età moderna, poichè l’intervento dello Stato in materia di istruzione è un fenomeno che si è manifestato nell’ambito storico-culturale dell’Illuminismo, in un clima di contrasti con la Chiesa.

Prima dell’età moderna, infatti, ‘autorità ecclesiastica aveva esercitato un generale potere di vigilanza sia sull’insegnamento delle discipline ecclesiastiche sia sui contenuti dell’insegnamento delle discipline c.d. profane, nell’ambito di una più ampia funzione di controllo della conformità del diritto positivo allo ius divinum, riconosciuta alla Chiesa da ordinamenti caratterizzati dalla subordinazione gerarchica al diritto divino, per cui in quel contesto sociale non si era posta affatto la questione dell’insegnamento della religione, emersa, appunto, a seguito della statalizzazione e laicizzazione della scuola. In particolare, tutti i movimenti liberali dell’Ottocento sono stati caratterizzati, nei Paesi cattolici, da uno spirito anticlericale, diretto a scardinare la repressione culturale e spirituale al fine di favorire l’affermazione delle istanze di libertà e di progresso.

In Italia, la L. 13 novembre 1859 n. 3725 (cosiddetta legge Casati), la prima legge organica relativa alla scuola, in tutti i suoi ordini e gradi, adottata dallo Stato italiano, prevedeva l’obbligatorietà dell’insegnamento religioso nelle scuole pubbliche con facoltà di ottenere la dispensa per i non cattolici. Queste disposizioni normative, tuttavia, erano state poi rovesciate dalla prassi, essendo divenuto facoltativo l’insegnamento religioso, che era impartito a chi lo richiedeva espressamente.

Caduta la destra e prevalsa al governo la Sinistra parlamentare, cambiò notevolmente la posizione dell’insegnamento della religione nelle scuole. La legge Coppino del 1887 istituiva l’obbligatorietà dell’istruzione elementare, ma scompariva dall’elenco delle materie obbligatorie d’insegnamento l’istruzione religiosa e veniva introdotto lo “studio delle prime nozioni di doveri dell’uomo e del cittadino”; nei licei, nei ginnasi e nelle scuole tecniche veniva soppresso l’insegnamento della religione con l’abolizione dell’ufficio del ‘direttore spirituale’.

Si è trattato di una linea di politica ecclesiastica che ha caratterizzato tutta la classe politica dell’Italia post-risorgimentale e che ha trovato fondamento nel principio di sovranità caratterizzante lo stato moderno, che importa l’emancipazione dello stesso da ogni norma e autorità superiore, e, in particolare, dal diritto divino e positivo e dall’autorità ecclesiastica, per cui lo Stato è libero di determinarsi in ogni ambito, compreso quello scolastico, senza alcun limite o condizionamento.

Anche altri fattori contribuirono a determinare la laicizzazione dell’insegnamento e della scuola, in particolare il fatto che lo Stato moderno, eliminata la soggezione ad un’unica confessione religiosa, iniziò a fondarsi su una propria etica, ed il formarsi del pensiero scientifico moderno, con l’introduzione di un approccio c.d. scientifico, o a posteriori, nei processi di apprendimento, che sostituiva l’approccio dogmatico, a priori, caratteristico della prospettiva religiosa, in cui per comprendere la realtà sono utilizzati principi dogmatici inderogabili.

Tuttavia, tale indirizzo subì un radicale mutamento fino al superamento della pregiudiziale della scuola laica, nel 1923, con la riforma Gentile (r.d. l° ottobre 1923 n. 2185), che, nel riordinare la scuola elementare poneva “a fondamento e coronamento dell’istruzione elementare in ogni suo grado” l’insegnamento della dottrina cristiana “secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica” (art.3). L’istruzione religiosa doveva esser impartita nei giorni e nelle ore stabiliti da un successivo regolamento per mezzo di insegnanti reputati idonei su conforme parere dell’autorità ecclesiastica competente, ed era previsto il diritto all’esonero per quei fanciulli i cui genitori dichiarassero di volervi provvedere personalmente). In quel quadro normativo descritto l’insegnamento religioso nella scuola si presentava in due forme diverse: l’insegnamento della religione come materia di studio, cui era destinato un determinato arco di tempo; l’insegnamento ‘diffuso’ della religione cattolica per la presenza di elementi di questa religione in tutte le altre materie di studio.

Successivamente tale orientamento, in materia, dello Stato era trasposto nell’accordo con la S.Sede del 1929 (Concordato Lateranense), in cui si stabiliva che “L’Italia considera fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica l’insegnamento della dottrina cristiana secondo la forma ricevuta dalla tradizione cattolica. E perciò consente che l’insegnamento religioso ora impartito nelle scuole pubbliche elementari abbia un ulteriore sviluppo nelle scuole medie, secondo programmi da stabilire d’accordo tra la S.Sede e lo Stato” (art.36), confermando così l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole elementari ed estendendolo alle scuole medie, da impartire secondo programmi da definirsi concordemente tra Governo italiano e Santa Sede. In esecuzione dell’accordo, la L.n.824 del 5/6/1930 disponeva l’insegnamento obbligatorio della religione nelle scuole medie, con dispensa per gli alunni i cui genitori ne facessero richiesta.

Dopo la caduta del fascismo venivano modificati i programmi della scuola elementare introducendo novità dirette a favorire lo sviluppo delle capacità di autogestione del bambino e la sua creatività, eliminando gli aspetti di culto per il nazionalismo, senza con ciò incidere sui programmi dell’insegnamento della religione cattolica né sulla disciplina dell’ora speciale, continuandosi a riconoscere alla religione una funzione centrale nella formazione dei bambini. Ed anche la legge n.444/1968, con cui è stata istituita la scuola materna statale, ed d.P.R. n.679/1969, che ne ha regolato il funzionamento, pur sottolineando l’esigenza di favorire l’autonomia dei bambini, la liberazione da paure e insicurezze, la libertà dei metodi didattici, ha previsto l’insegnamento della religione cattolica, rilevando l’importanza dell’educazione religiosa per la rispondenza di essa ad “esigenze affettive ed intellettuali” del bambino, senza porre alcuna garanzia alla libertà religiosa di bambini figli di genitori laici o acattolici, ma limitandosi a prevedere, in caso di presenza di bambini appartenenti a famiglie non cattoliche, il rispetto di tali altri orientamenti da parte dell’educatrice.

Il Concordato del 1929 è, però, risultato superato per l’introduzione della nuova Costituzione repubblicana, che ha dato origine ad un nuovo sistema caratterizzato dai principi di eguaglianza, libertà, pluralismo, laicità, contrastanti con la posizione di privilegio concessa alla Chiesa; pertanto, dopo laboriose trattative, esso è stato sostituito da un nuovo accordo tra la Repubblica Italiana e la Santa Sede, stipulato il 18 febbraio 1984 ed entrato in vigore il 4 giugno 1985, denominato nuovo Concordato.

Attualmente l’art. 9 del Nuovo Concordato prevede che lo Stato “riconoscendo il valore della cultura religiosa e tenendo conto che i principi del cattolicesimo fanno parte del patrimonio storico del popolo italiano, continuerà ad assicurare, nel quadro delle finalità della scuola, l’insegnamento della religione cattolica nelle scuole pubbliche non universitarie di ogni ordine e grado”, e che è assicurato l’esercizio della facoltà di scelta tra avvalersi o non avvalersi di detto insegnamento, senza che ciò possa dar luogo a forme di discriminazione.

Non sono stati determinati, invece, i programmi dell’insegnamento religioso, le modalità di organizzazione del medesimo, i criteri per la scelta dei libri di testo, le modalità per ottenere il riconoscimento dell’idoneità all’insegnamento, questioni destinate ad essere risolte attraverso accordi tra le autorità ecclesiastiche (la Conferenza Episcopale Italiana) e le autorità scolastiche.

Mentre nel concordato del 1929 l’estensione dell’insegnamento della religione cattolica dalle scuole elementari alle scuole secondarie si fondava sul principio della religione di Stato – art.1 del Trattato del Laterano, non più in vigore -, nel nuovo si è voluta offrire l’opportunità ai cattolici italiani di soddisfare l’educazione religiosa usufruendo dell’insegnamento della propria religione nella scuola pubblica, in considerazione del valore storico dei principi del cattolicesimo. Inoltre, alla luce della precedente normativa concordataria era presente nei programmi delle scuole materna ed elementare un insegnamento ‘diffuso’ dei principi della dottrina cristiana, essendo l’insegnamento della religione cattolica considerato come “fondamento e coronamento dell’istruzione pubblica” secondo l’art.36 del Concordato del 1929, forma di insegnamento che si è voluta abolire con la nuova normativa concordataria perché palesemente in contrasto con i principi di base della Costituzione.

Tuttavia, anche alla luce della nuova normativa concordataria sono sorti non pochi problemi in relazione all’organizzazione dell’insegnamento della religione cattolica, innanzitutto quello di assicurare la libertà religiosa di coloro che non intendono fruire di tale insegnamento e quello di coordinamento tra la legislazione scolastica e quella che disciplina l’insegnamento della religione, soprattutto con riferimento alla scuola materna, i cui programmi non prevedono specifici insegnamenti, ma attività varie ed articolate, con conseguente impossibilità di eliminazione dell’insegnamento diffuso.

In effetti, nella pratica non si può dire che sia effettivamente garantita la facoltà di scelta di avvalersi o meno di questo tipo di insegnamento, considerati i disagi che gli studenti devono affrontare se non intendono usufruirne.

La legge infatti afferma che è possibile “non avvalersi” e che coloro che non intendono frequentare l’insegnamento della religione cattolica possono:

– frequentare attività alternative – che la maggior parte delle scuole italiane non organizza– dedicare l’ora allo studio di altre materie, che dovrebbe avvenire con il supporto di insegnanti – nei fatti non disponibili-.

-uscire dalla scuola – possibilità affermata da una sentenza della Corte Costituzionale, ma valida solo per gli studenti maggiorenni-.

Invero, la soluzione preferibile sarebbe quella di collocare l’insegnamento della religione cattolica al di fuori dell’orario scolastico, soluzione non gradita dalla Chiesa, che vedrebbe una riduzione della partecipazione, che, però rispetterebbe maggiormente la libertà religiosa e l’idea di laicità, che caratterizza il nostro Stato e che implica la neutralità dello stesso in materia religiosa.

Erminia Acri- Avvocato