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Il coniuge col quale convivono i figli minorenni non ha diritto all’assegnazione della casa coniugale se, prima della separazione, si è trasferito in un altro luogo.

Infatti, presupposto perchè l’abitazione nella casa familiare sia attribuita al coniuge con il quale convivono i figli minorenni è che al momento della separazione esista una casa coniugale.

Quest’orientamento è stato più volte espresso dai giudici in considerazione del significato proprio dell’espressione “casa familiare”, intesa come “complesso di beni funzionalmente attrezzato per assicurare l’esistenza domestica della comunità familiare”, e della finalità dell’assegnazione di essa ad uno dei coniugi, che è quella di conservare l’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime la vita familiare, con riguardo soprattutto alla necessità di non far subire ai figli l’ulteriore trauma dello sradicamento dal luogo in cui si svolgeva la loro vita.

Dalla finalità propria dell’assegnazione della casa coniugale di conservare l’habitat domestico, nel precipuo interesse dei figli minori o maggiorenni non autosufficienti deriva che essa presuppone necessariamente la persistenza, al momento della separazione, di una casa coniugale nel significato sopra precisato.

Pertanto, secondo l’orientamento prevalente dei giudici, non v’è motivo di ricorrere all’assegnazione della casa quando, per un qualsiasi motivo, al momento della separazione la casa familiare non esista più, in quanto uno o entrambi i coniugi si sono trasferiti altrove ed i figli si siano già sradicati dal luogo in cui si svolgeva la loro esistenza, essendosi l’habitat domestico già disciolto ed essendo già stato costituito, dal coniuge affidatario e dai figli, trasferitisi in altro immobile, un nuovo habitat.

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