“Panem et Circenses” ( cibo e divertimenti ), così alcuni imperatori romani rabbonivano il popolo inducendolo a non pensare, le cose pare, non sono ancora del tutto cambiate…
Dopo la festa dei fidanzati, quella del papà, quella delle donne, in maggio si ripete l’omaggio verso le mamme; ed il consumismo ti costringe, in meno di due mesi, a spese extra che non puoi trascurare; ci va di mezzo l’armonia familiare. Fasci di fiori, dolciumi vari, gioielleria a modico prezzo, rappresentano, tutti, costi che gravano sui modesti bilanci del cosiddetto ceto piccolo borghese, che, poi, costituisce la struttura più numerosa della nostra società.
Ed allora, ci si chiede se non sia il caso di riprendere una sana e più gratificante abitudine del tempo passato: quella di dare un bacio affettuoso e filiale alla propria madre, ogni giorno, tanto per ricordarle che lei è sempre nei nostri cuori e non solamente la prima domenica di maggio.
In questi giorni si è dato sfogo anche ad un festeggiamento che ha coinvolto molte piazze d’Italia: la vittoria della Juventus che ha conquistato il suo 27° scudetto calcistico e la finale della prestigiosa coppa dei campioni. La televisione ha proiettato nelle nostre case la gioia sfrenata dei giocatori juventini che si abbracciavano, oltre che esultare, per il trofeo conquistato così come per la finale di Manchester, mentre gli spalti dello stadio torinese erano tutto uno sventolio di vessilli e, per le strade d’Italia era tutto uno strombazzare di clacson e di inni: ma qualcuno si è chiesto del perché di tutto questo? Vada per i giocatori, la cui soddisfazione era certamente pari al cospicuo premio in denaro che riceveranno dalla società; ma i tifosi – con i caroselli di macchine, i visi paonazzi dei tanti sostenitori, con quell’inneggiare ad una vittoria come se si fossero risolti i drammi che ci affliggono, come se fosse stata debellata la disoccupazione, ripristinato l’ordine sociale, regolarizzata l’istruzione, garantita la sanità, sconfitta la delinquenza organizzata, risolta la circolazione automobilistica sulle strade e sulle autostrade, armonizzati i trasporti, finalmente condannato l’anatocismo bancario, ricondotti nei rispetti alvei costituzionali i supremi poteri dello Stato (tanto per citare le storture più evidenti che ci affannano e che sono dure a morire) – perché gioivano? La politica sociale dell’antica Roma è sempre valida : PANEM ET CIRCENSES, vale a dire: un minimo di sussistenza alimentare e tanto divertimento che ci distragga dalle crisi che ci attanagliano.
Ma, proprio da un’attenta osservazione dei servizi sportivi televisivi e, soprattutto dalle valutazioni di eminenti giornalisti e tecnici calcistici possiamo trovare drammatiche conferme sui giudizi che esprimemmo in occasione della morte dell’avvocato Gianni Agnelli; tutti il 10 maggio appena trascorso, nella rubrica “novantesimo minuto” – ascoltando la valutazione tecnica che il giornalista sportivo Giorgio Tosatti ha dato sulla vittoria della Juventus, di cui ne rimarcava la serietà e la capacità manageriale della dirigenza della società, le intuizioni operative per la scelta dei tecnici e dei giocatori, l’intransigenza decisionale dei fratelli Agnelli, il primeggiare del giudizio dell'”avvocato” anche su quello del fratello Umberto, l’ossequio della dirigenza ai “padroni del vapore” ed il raggiungimento dei traguardi sportivi prefissati – hanno convenuto sulla esattezza dell’analisi fatta dal giornalista ; ma, allora, come non esprimere una severa valutazione dell’operato degli AGNELLI circa la crisi irreversibile, ormai, del comparto auto della FIAT?
Perché lo stesso impegno, anzi, lo stesso amore non è stato dispensato verso quel gioiello dell’industria italica che i fondatori della prima nostra fabbrica automobilistica vollero ed esaltarono nel mondo? Eppure gli occhi dell’avvocato Agnelli sembrava brillassero solo per la Juventus o per la Ferrari: e sì che sul volto pareva già avere il pallore della morte.
Amaramente si deve constatare che verso il mondo operaio che ha reso grande e famoso il marchio FIAT i fratelli Agnelli non hanno riversato le loro intuizioni, le loro programmazioni e lo stesso gusto di supremazia che hanno saputo e voluto esprimere solo nel mondo del calcio e delle corse automobilistiche, forse dimenticando che si vive una sola volta e gli errori non possono rimediarsi nell’utopia di una impossibile metempsicosi.
Giuseppe Chiaia ( preside )
Fine Letterato, Docente e Dirigente scolastico, ha incantato generazioni di discenti col suo vasto Sapere. Ci ha lasciato (solo fisicamente) il 25 settembre 2019 all’età di 86 anni. Resta, nella mente di chi lo ha conosciuto e di chi lo “leggerà”, il sapore della Cultura come via maestra nei marosi della Vita