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Un oscuro, potente personaggio, si affianca al “Re Mida” Giuseppe Poggi Longostrevi…



Una vita difficile – 11° Puntata(c)

Ivano Tonelli dimostrò a se stesso e al mondo che il Re Mida non era poi così irraggiungibile e inavvicinabile malgrado lo stato di isolamento in cui versava a causa degli arresti domiciliari. Se mio padre tuttavia avesse solo lontanamente immaginato ciò che avrebbe dovuto affrontare una volta ottenuta la scarcerazione avrebbe certamente e di gran lunga (come lui stesso disse più volte) scelto di rimanere al centro clinico del carcere di Opera.

Quando finisce la festa finisce anche il quieto vivere.

La sua avvenente moglie (di 28 anni più giovane) e la madre di costei presero con furia inaudita e spropositata a riversare sul mio povero padre tutte le loro frustrazioni addossandogli la colpa più completa e totale di tutto ciò che era successo, a livello umano e giudiziario (costei era appena tornata nella villetta paterna dopo un periodo di una quindicina di giorni presso il carcere di S. Vittore).

Madre e figlia unite più che mai presero a sottoporlo ad una serie di umiliazioni che, per gli aspetti romanzati di questa serie di racconti e per la testata giornalistica che mi ospita non è di alcuna necessità riportare

Non ho mai ben compreso se la seconda moglie di mio padre ritenesse di aver subito l’arresto per vie della rilevanza penale dei suoi comportamenti o solo per il legame (effimero) col marito.

Era come se a S. Vittore ce l’avesse mandata lui e non gli atti giudiziari emanati dall’allora Procura di Milano.

Tutto l’amore giurato a mio padre in chiesa e con abito bianco, divenne presto un unico e totale sentimento di livore e odio incontenibile (anche per le vicissitudini giudiziarie e carcerarie in cui ero incorso il fratello, A.Z. già noto come “sanità” e già amministratore unico di tutte o quasi le società controllate dal mio papà).

Dei fasti del passati rimaneva solo un vacuo e sbiadito ricordo, e tutto il feeling costruito dai coniugi in 15 anni – e passa – di convivenza si sgretolò rapidamente sotto i colpi (feroci) delle ristrettezze finanziarie in cui versò improvvisamente la famiglia (eravamo noi figli a comprare e recapitare di tasca nostra quotidianamente pane e giornali ) e delle “carte bollate” di matrice giudiziaria.

Un amore tanto indissolubile quanto effimero e fugace, anche se sul piano umano è normale comprendere l’atteggiamento della moglie di mio padre.

La colossale differenza d’età, d’aspetto e di condizione psicofisica divenne di colpo un problema più che insormontabile, oltre che assai drammatico (soprattutto per il mio povero padre), i soldi, poi, erano finiti.

Il Re Mida era davvero alle corde.

Da un punto di vista familiare, umano, giudiziario, economico e psicofisico (e chi più ne ha più ne metta).

Di solito quando accadono le disavventure la famiglia si stringe invece qui si stringevano solo debiti, creditori e carte bollate.

Il sottoscritto ottenne il primo permesso per vedere suo padre pochi giorni dopo la scarcerazione (con autorizzazione dei carabinieri di zona a trattenermi all’interno dell’abitazione per un tempo di ore 2) e sinceramente l’impatto fu a dir poco drammatico: farfugliava frasi incomprensibili e sconnesse era preso da irrequietezza motoria, etc.etc.

Pensai in tutta onestà che le sue condizioni più che di interesse giudiziario avrebbero dovuto essere suscettibili di interesse clinico-psichiatrico.

La moglie che metteva a dura prova il mio self control umiliandolo, come ho già detto, continuamente (insieme con la madre) anche in mia presenza, aveva già deciso come comportarsi.

I suoi legali, immagino, le avranno consigliato di prendere prontamente le distanze dal “mostro di sanitopoli” onde ottenere una più facile, rapida e indolore risoluzione delle sue problematiche giudiziarie, e costei così fece.

Addossava a mio padre anche la colpa della carcerazione di suo fratello.

Era come se mio padre lo avesse sempre obbligato a ricoprire tali incarichi per tutti quegli anni…e magari senza neppure dargli una lira di ricompensa.

Del resto A.Z. (perito elettrotecnico) era noto in tutta Milano come il dottor Z., un uomo capace di introdursi anche in società e in ambienti politici come grande manager del settore sanitario: era osannato e rispettato da tutti, medici e docenti universitari compresi, a nulla rilevava la effettività dei titoli accademici di costui.

Un uomo di poche parole ma dal cervello fino che con la sua parlantina travolgente e persuasiva riusciva a “incantare anche i serpenti”.

Un uomo tutto sommato anche di bell’aspetto e dai modo molti garbati: non si elencavano le dicerie su amanti che gli morivano dietro all’interno della vasta e complessa struttura di aziende sanitarie create da papà…

Si dice, ma è tutto da verificare, qui mi limito a riportare un sentito dire, che pur di ottenere un invito a cena dal mitico dottor Z. (intimo uomo di fiducia anche in quanto cognato, all’epoca, del professor Poggi Longostrevi) le donne fossero disposte anche a fare follie…

Non so, ripeto, atteso che di dicerie si tratta, se però molte di loro si mostrassero “disponibili” con lui solo per ottenere qualche beneficio e vantaggio in termini economici e di carriera.

Come disse il grande e compianto Giorgio Gaber “ognuno ha l’infinito che si merita” e negli anni d’oro della vita di mio padre, si potrebbe affermare che Milano era veramente “ai piedi” del sedicente dottor Z., lo infastidivano leggermente solo ogni tanto qualche piccolo attrito con il professore, ma tanto ci pensava la sorella a rimettere a posto le cose e quindi una parte della Milano “da bere” era sempre ai piedi di “sanità”, detto anche “lo sparviero” per via dei baffetti: aveva tutto, soldi, successo, donne (forse), potere e anche il fregio di un bel titolo da gran dottore (si era creato una tale fama e nomea che anche tutti i quotidiani di quel periodo che si occupavano della vicenda si riferivano a lui come al dottor Z. A.).

Ma questi sono solo dettagli (trascurabili): del resto si sa che, la prassi, per certi giornali, era quella di dare risalto a voci non verificate, pur di fare notizia….

Il carcere poi è un travaglio e una pena infinita per le persone perbene, specie per chi non è avvezzo al crimine, per il dottor Z. i mesi di galera gli hanno procurato un vero fastidio che egli ebbe suo malgrado, ovvero quello derivato dal fatto che il figlio ormai adolescente avuto dalla prima moglie (sua unica creatura) di nome D. ( un ragazzo molto perbene il sottoscritto l’ha conosciuto personalmente) in seguito all’arresto e quindi alla consapevolezza delle rilevanza penale dei comportamenti passati del padre prese a rifiutarsi anche di rispondergli al telefono…

La madre che è una persona squisita di professione maestra elementare cercò di spiegargli e fargli capire che la galera è un incidente che può capitare a tutti nella vita (capitò anche ad alcuni ex ministri gli disse), soprattutto nella vita di un grande manager, business-man e sedicente grande amministratore come il dottor Z., ma il figlio non ne volle più sapere.

Non deve essere facile del resto per un ragazzino sopportare la discesa agli inferi, il crollo totale umano e d’immagine del padre da gran dottore a carcerato

Del resto si sa la vita è strana quando si raggiunge una certezza si dovrebbe sempre tenere a mente che tutto può cambiare, anche all’improvviso….

Per la cronaca, e per poter apprezzare il dato che non ci si deve abbattere davanti alle avversità, l’ex-moglie di mio padre e il dottor Z. (suo fratello) riciclatosi come pizzaiolo hanno aperto un fast food con consegne anche a domicilio in quel di Cusano Milanino (paese d’origine dei due).

Fa pensare come la carcerazione, seppur breve,. possa cambiare la vita delle persone: la ex- segretaria di mio padre che tuttora lavora con me presso il centro medico, ove svolgo la mia professione, mi ha recentemente raccontato che un informatore-propagandista di papà di nome M.P. (anche lui finito a S.Vittore in quei giorni) s’è riciclato ad oggi come occultista-mago-cartomante-veggente: s’è fatto i capelli alla Jim Morrison lunghi sino alle spalle, s’è fatto crescere l’unghia del mignolo della mano sinistra, ed ha anche messo in piedi una hot-line per le profezia in diretta. “Sai, – ha candidamente confessato,- ricevo almeno 100 telefonate al giorno grazie alla pubblicità che mi faccio su alcuni giornali, e quando riesco a parlare con qualcuno che mi telefona…ho bell’e fatto la giornata!”

Scriveva Bruce chatwin in “anatomia dell’irrequietezza” (stavolta lo cito correttamente perché ho ritrovato il libro di Bruno Vespa che riporta questa frase in apertura, in quanto non ho ancora letto il libro di Chatwin): “a volte il reale è più fantastico del fantasioso”…

Il collega diretto del mago, R.F.M. (all’epoca delle fortune paterne) non ha avuto la forza, l’estro (e anche la scaltrezza) di inventarsi un mestiere alternativo per sbarcare il lunario ed ha deciso (con mio sommo dispiacere perché era una brava persona) di “andarsene”.

Il carcere dovrebbe essere (in linea del tutto teorica ) uno strumento dedito alla rieducazione e al successivo reinserimento sociale di chi si è macchiato di comportamenti antisociali mentre invece è come tutti sanno ( e soprattutto in Italia) solo un luogo di miseria e di dolore una macchia indelebilmente drammatica che pregiudica tutta la vita futura di chi vi incorre, pur meritandosi di scontare la pena se davvero colpevole secondo sentenza definitiva di condanna emessa da un giudice della Repubblica Italiana, ed in nome del Popolo Italiano.

So di dire un luogo comune (e forse anche una banalità) ma viviamo davvero in una società cattiva (dato il nome che porto me ne sono amaramente accorto sulla mia pelle) fondata sul pregiudizio, sulla maldicenza, sull’odio, sull’invidia e sulla discriminazione.

Viviamo in un paese che col potere che la legge riconosce ai magistrati può capitare di ritrovarsi di colpo in galera senza nemmeno sapere con chiarezza il perché, al di là dell’effettività e della giustezza della misura cautelare, in ordine a fatti presumibilmente commessi da chi, di quell’atto, è il destinatario…

So che non è certo il caso del mio defunto e compianto padre e, forse, dei suoi vari collaboratori, ma vorrei sensibilizzare il lettore su come alcuni magistrati di certe

Procure abbiano deciso per situazioni tutto sommato (con il dovuto rispetto, e senza alcuna competenza ad affermarlo, sia ben chiaro) di piccola entità, di creare “casi di stato” di risonanza internazionale, firmando ordini di cattura per tutti coloro che a vario titolo avessero avuto un ruolo, seppur marginale, come per esempio quello di autisti e/o fattorini…

Senza contare della feroce criminalizzazione di tutto il personale medico e paramedico di una città come Milano; la sospensione dall’esercizio della professione dei medici coinvolti per tutta la durata della pena comminata lasciò per molti mesi (le condanne sono oscillate dai 6 mesi ai due anni e mezzo) un numero vastissimo di onesti cittadini e contribuenti privi del proprio medico di fiducia…

Il peccato mortale di molti professionisti (175 sentenze di patteggiamento circa al recente processo) è stato solo quello di non sapere rispedire al mittente (mio padre) quelle buste maledette che il suo fattorino ottantenne (semianalfabeta) si premurava di lasciare in tutte le portinerie della città (e provincia), o almeno così mi pare di ricordare dai quei colloqui sconclusionati con mio padre quando lo stesso finì in carcere.

Mi permetto sommessamente con tutto il rispetto che ha sempre animato il sottoscritto nei confronti della magistratura di chiedere a chi legge queste righe se è giusto rovinare l’intera vita (e spesso anche carriera) di una persona per quanto detto sopra, posto che il comportamento di queste ultime era e resta censurabile.

Vorrei cambiare discorso subito ma non ci riesco perché penso ai finti congressi ai tropici, ai finti rimborsi spese, alle finte pubblicazioni scientifiche, ai finti atti di altrettanto fantomatici (in quanto spesso di rilevanza scientifica a dir poco ridicola) delle grandi case farmaceutiche, alle politiche che queste usano per incentivare i medici alla prescrizione dei loro farmaci (a discapito magari di altri di pari efficacia ma più economici e che comporterebbero quindi un ingente risparmio per il SSN e quindi per il contribuente) e per le barzellette che vanno raccontando in giro per gli studi medici per farsi benvolere i vari cd “informatori scientifici” (che di scientifico hanno solo il nome…).

Penso anche (con rammarico e infinita amarezza) alle case di cure private nei cui uffici amministrativi si studiano i “criteri di ottimizzazione dei DGR” (Diagnosis Related Groups, il metodo in base al quale queste ottengono i rimborsi dal SSN) che creano quei fenomeni che nella letteratura specializzata si chiamano di “Adverse Selection” (selezione avversa): le cliniche private spesso si specializzano in quegli interventi e nella cura di quelle e patologie che garantiscono i maggiori margini di remuneratività in base ai DRG (scopiazzati dagli americani e quindi non adattati alle esigenze, alle tipicità, alle peculiarità e quindi anche agli oggettivi costi locali) e quindi non in base alle esigenze sanitarie della popolazione di riferimento.

Nella mia infinita modestia e miseria (anche economica) mi permetto di osservare che se proprio i magistrati avevano voglia e intenzione di ripulire il mondo della sanità italiana privata e creare “sanitopoli” (nome che ritengo vorrebbe creare un parallelo con “tangentopoli”, discorso che non regge se non altro anche per una questione di cifre) era degli aspetti che ho accennato sopra che avrebbero dovuto occuparsi e non della mancia da far paura all’africa che dava ai medici il prof.Longostrevi.

Nella speranza di aver fornito al lettore (nella cui intelligenza e saggezza mi permetto di confidare incondizionatamente) qualche umile spunto di riflessione, termino qui il mio articolo sperando che questa divagazione un po’ (ambiziosamente) saccente e pretenziosa non faccia perdere a chi legge l’interesse per il prosieguo del mio racconto.

11 – CONTINUA