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Il Re è morto; viva il Re !

Con questa formula veniva annunciato il decesso di un regnante e la contemporanea investitura dell’erede designato; e ciò, perché non si verificasse nessuna soluzione di continuità, né una ” vacatio sedis ” del potere regale.

Anche per l’Avvocato Giovanni AGNELLI il rituale si è ripetuto: egli era appena spirato che la struttura societaria di casa Agnelli si è immediatamente riunita per indicare, nel dott. Umberto Agnelli, il successore designato: l’eterno destino del secondogenito.

La forma, comunque, è stata rispettata; ma il forzato e necessitato cambio della guardia garantirà la solidità dell’impero?

Da quando l’Avvocato si insediò alla guida della FIAT, nel 1966, succedendo al grande Ragionier ( titolo per quei tempi molto onorifico) prof. Vittorio VALLETTA, la figura del fratello Umberto non ha mai brillato di luce propria; il carisma del primo ha sempre oscurato il secondo e quest’ultimo non ha mai avuto capacità decisionali, né autonomia operativa negli incarichi aziendali affidatigli ma sempre sotto la tutela del “grande vecchio”.

Alcuni mesi or sono, proprio questo Web Magazine ha pubblicato un articolo, (sempre a firma dello scrivente, dal titolo “C’era una volta la FIAT“), nel quale si lamentava il triste destino dell’industria più rappresentativa dell’ingegno e della tecnologia italica, lo spettro della disoccupazione per migliaia di operai e la crudezza delle regole dell’alta finanza, aliene da ogni forma di solidarietà sociale.

Il senatore a vita Giovanni Agnelli ha impersonificato questo mondo, chiuso nell’insonorizzata vetta del LINGOTTO, dove non è mai arrivata la benché minima eco della disperazione degli operai ruggenti sulle piazze; ed allorché il clamore riusciva appena a salire fino a Giove, ecco un elicottero pronto a trasferire questo vero autocrate nelle opulenti sue dimore sparse dalla Corsica alle Americhe.

Oggi, meraviglia molto “l’unanime” cordoglio di certi sindacalisti e di molti politici di varia estrazione; di quanti, magari sottovoce , in passato, hanno digrignato i denti verso la più potente “Holding” finanziaria ed industriale d’Italia.

Noi, da queste pagine, “di mille voci al sonito” non uniamo la nostra; lasciamo agli eventi futuri il giudizio su di un uomo che ha avuto la forza di misurarsi, senza soccombere, con la fama di un Lorenzo il Magnifico, e che, comunque, nelle vicende della storia repubblicana ha martellato , a lettere di ferro o di oro, il proprio nome

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