Posted on

Fresca, come l’anno appena cominciato, l’intervista che vi proponiamo, per assaporare, come una coppa di champagne, ciò che siamo… “dentro” e “fuori”.

Ma cosa avrà mai da dire uno psicoterapeuta, che già non sia stato approfondito attraverso i Mass media? Noi crediamo che non vi annoierete ad “ascoltare” questa chiacchierata… fateci sapere!

Tu che sei uno esperto, per aver volto i tuoi interessi in questo settore, puoi dirmi cos’è la psiche o cosa s’intende per psiche? Inoltre, da cosa è composta?

Per psiche si può intendere, l’origine della vita pensante che distingue ogni essere vivente dagli esseri inanimati. E’ composta da energia, direbbe Einstein, di tipo addensato e non aggregato, cioè non costituente aggregati solidi o liquidi in strutture organizzate, ma libera di creare all’interno di cellule specifiche, quelli che vengono definiti “psicobiofenomeni” cioè attività vitali, frutto dell’elaborato di pensiero.

Dove è situata la psiche nel corpo umano?

Tenuto conto della definizione appena data, possiamo concludere che la psiche, cioè l’energia di tipo addensato sia collocata, molto probabilmente, in ogni cellula all’interno del DNA e costituisca l’elemento elaboratore – strategico per la sopravvivenza e la collaborazione intercellulare. Probabilmente, all’interno delle cellule del sistema immunitario e dell’apparato endocrino si determinano degli elaborati semplici, mentre elaborati più complessi avverranno all’interno di cellule del sistema nervoso, quindi neuronali e, molto probabilmente, all’interno di cellule di nevroglia. Di ciò ne parlava il dott. Giovanni Russo molti anni fa e, attualmente, è stato ripreso da altri studiosi.

Si ipotizza, quindi, in base agli studi già fatti ed a quelli attuali, che la sede della psiche sia nella nevroglia.

Cioè che la nevroglia svolga delle funzioni molto importanti di collaborazione notevole nei confronti delle cellule del sistema nervoso.

Nelle risposte che dai a quanti ti chiedono informazioni per vivere meglio, tu parli di “bisogni”, puoi spiegarci cos’è un bisogno in relazione all’essere umano?

Una necessità da appagare per riuscire a sopravvivere o a realizzarsi (dando un senso alla propria esistenza) oppure a conformarsi in periodi storici, definiti transitori, della propria vita, in maniera tale da potersi inquadrare come entità umane e contemporanee.

Dalle tue risposte, emerge che ci sono vari tipi di bisogni.

Sono degli standard da raggiungere. Ne esistono di “indispensabili”, come nutrirsi, ricaricare le proprie energie attraverso il sonno e tutto ciò che può servire per sopravvivere (avere una casa, potersi vestire, etc.). Esistono, poi, delle necessità del tempo storico che si sganciano un po’ dalle leggi di natura, ma che rientrano in quell’ambito di condizioni da rispettare se si vuole vivere e lavorare all’interno di un periodo storico ben definito. Difficilmente, oggi, potremmo operare e mantenere una buona qualità di vita senza l’energia elettrica, senza i computers, le automobili, le fabbriche da cui traggono spunto l’intero sistema umano ed economico. Oltre questo, abbiamo, poi dei parametri qualificanti che Giovanni Russo definiva “bisogni primari non indispensabili, necessari allo sviluppo di un’identità equilibrata”, che ci portano, ad esempio, a costruire un’autostima sganciata da ciò che pensano gli altri, anche se basata su elementi concreti ed una realizzazione con se stessi che può essere chiamata autoaffermazione. Tutto ciò che facciamo consegue a ciò, come per esempio la possibilità di costruire un adeguato rapporto di coppia etc. Esiste un periodo della propria esistenza, definito “delle fasi transitorie” in cui ci si allena a diventare “grandi” dal punto di vista maturativo; ogni essere umano, bene o male, lo affronta, ma non molti ne escono. Elementi particolari che contraddistinguono questa fase possono essere: la competizione con gli altri, l’ambizione scorretta, il bisogno di poggiarsi su qualcuno, la necessità di far parte di un gruppo come elemento su cui poter contare non essendo in grado di camminare in maniera autonoma e… tanti altri.

In molte tue pubblicazioni, fai riferimento al concetto di identità, puoi darne una definizione?

L’identità connota il dialogo prevalentemente di tipo inconsapevole che ognuno ha con se stesso e che si esprime in maniera chiara e netta attraverso l’umore. Maggiore è la coerenza fruibile tra la nostra parte consapevole ed il nostro mondo più profondo, migliore sarà il dialogo e, in maniera più adeguata, riusciremo ad appagare quei bisogni che ci miglioreranno la qualità della vita.

Osservando la Società, ciò che accade, ci si rende subito conto che si vive in un ambiente abbastanza complesso, dove gran parte dei messaggi sono a prevalenza di tipo problematico e, spesso, vengono anche messi in evidenza ed esaltati dei valori che, poi, a ben vedere, sono inconsistenti. Cosa, quindi, è utile fare per non rimanere “travolti” da un simile meccanismo?

Imparare ciò che serve per dare credito e forza alla proprie convinzioni basate su dati di tipo oggettivo, che si avvicinino alla leggi di natura, integrate in un contesto sociale prevalentemente positivo. In poche parole, imparare a saper distinguere il vero dal falso, la strada corretta da quella che ci può far deviare da un’esistenza qualificante, l’acquisizione di valori non condizionati in maniera eccessiva da una morale retriva. Sono questi parametri che ci aiutano considerevolemente a raggiungere quello che tu ti proponi, come essere umano, come professionista, come intervistatrice.

Sto notando, in questo periodo di feste, che la gente va di corsa verso i negozi per l’acquisto di regali, con aumento considerevole del traffico cittadino. Allo stesso tempo, leggo sui giornali, soprattutto di economia, che l’inflazione cresce, che l’entrata dell’euro ha fatto lievitare i prezzi, che le varie associazioni dei consumatori si dibattono in questi problemi. Nonostante questo, si registra ciò che ho evidenziato sopra. C’è da chiedersi, ma quanto queste attività rispondono a leggi di natura a cui tu hai accennato e, quanto, invece, tutto ciò si fa per tradizione, perché si è imparato, e, quanto serve a rendere felici e a far star bene, se poi la gente, se si osserva con attenzione, risulta ugualmente insoddisfatta. Mi puoi spiegare perché ciò avviene?

E’ molto semplice. Tutto quello di cui hai parlato, rientra nell’appagamento dei desideri, cioè nella necessità di utilizzare tempo, energia e danaro un po’ per conformarsi, quindi sentirsi uguale agli altri, un po’ per compensare i fastidi conseguenti alle difficoltà di smaltimento delle frustrazioni che ogni giorno dobbiamo subire. La tradizione agisce come apprendimento che utilizziamo per sapere in che direzione andare, per appagare questi desideri.

Quindi una sorta di compensazione verso qualcosa che non si riesce ad attuare, tenendo conto di quelli che sono realmente i bisogni.

Dobbiamo fare i conti con ciò che siamo, in questo particolare periodo storico dai valori contrastanti che, sovente, ci costringono ad utilizzare al massimo le capacità sviluppate per produrre lavori non proprio maturi, ma miranti alla realizzazione di obiettivi adeguati all’appagamento di persone “programmate” verso il basso. Più di tanto è difficile fare con gli esseri umani! Non a caso, Herman Hesse ha dichiarato che “i messaggi che un saggio tenta di trasmettere, suonano simili alla follia”. Non ci si può allontanare molto dal livello medio di sviluppo e di comunicazione sociale, perché altrimenti si rischia di diventare dei disadattati.

Anche, se poi, il tipo di vita del saggio o ciò che egli trasmette potrebbe essere utile per gli altri!

…Come parametro di riferimento, per riuscire a migliorare i limiti entro i quali stabilire quali scelte operare.

Tu pensi e vivi in questo modo?

Io provo a migliorarmi per pensare e vivere in questo modo. A volte ci riesco di più, a volte ci riesco di meno, a volte non ci riesco.

Quindi, un continuo adattarsi a quanto tu hai detto per non rimanere tagliati fuori, perché noi viviamo in questa Società.

Viviamo in questa Società, lavoriamo in questa Società, questa Società ci dà i soldi per tentare di appagare i bisogni.

Spesso, ti ho trasmesso, senza parlare, una domanda, adesso voglio proprio fartela: cosa è importante realizzare per sentirsi in grado di affrontare, diceva una volta uno scrittore, “il periglio del vivere”, cioè tutte quelle situazioni difficili, quali la morte di una persona cara, un rapporto a due che non funziona, una situazione lavorativa non soddisfacente o addirittura in cui si subisce?

Per quanto possa sembrare strano, la risposta è semplice ed immediata: è necessario imparare a migliorarsi, per acquisire il concetto dell’adattamento, costruendo equilibri che aiutino ad affrontare il disagio del cambiamento necessario per evolversi, imparare ad assorbire e metabolizzare le frustrazioni, costruendosi degli obiettivi da raggiungere a breve, medio e lungo termine. Obiettivamente, di più…non si può!

Qualche giorno fa, ho visto un’intervista, trasmessa dalla Rai, alla signora Patrizia Reggiani, vedova di Maurizio Gucci, discendente della famosa casa di moda. Questa donna si trova attualmente in carcere a scontare la condanna a 26 anni di reclusione, perché ritenuta dalla Cassazione, con sentenza passata in giudicato, la mandante dell’omicidio di cui è stato vittima il marito. Una signora dell’alta società, truccata, ben vestita che, secondo i canoni sociali aveva tutto. Infatti, dal suo racconto è emerso una vita dorata, soldi, gioielli, macchine, un panfilo con il suo nome… due bellissime figlie, ma tutto questo, però, non le ha dato la serenità, né le ha evitato di fare errori talmente gravi da finire in carcere. Perché accade ciò? Perché la gente non sa verso cosa dirigersi, per sentirsi soddisfatta?

La gente non sa in che modo utilizzare il tempo, l’energia, il danaro, la propria vita, cioè verso quali obiettivi tendere. Ciò accade se non si cresce in un ambiente che consente di imparare quali sono i valori corretti e cosa concretizzare nella propria esistenza. Per quanto concerne la famiglia Gucci, in base a ciò che è emerso, gli elementi caratterizzanti sono da ascrivere ad ambizione scorretta, gestione del potere, assolutismo e grande confusione mentale: sommati ad altri elementi intrinseci della personalità di questa donna, si possono commettere errori simili… se non peggiori!

Cosa s’intende per ambizione scorretta e come può portare a quello che è accaduto alla sig.ra Gucci?

Intendo il bisogno di scalare vette sociali per sentirsi realizzati, sulla base di ciò che gli altri valuteranno, nella gestione del potere; conseguentemente, essendo i presupposti già sbagliati, i risultati non potranno che portare ad elementi scorretti, se non addirittura pericolosi per sé e per gli altri.

In una tua famosa ricetta “del vivere bene”, tra gli ingredienti hai inserito: l’accettazione di sé per dare e ricevere amore. Cosa significa “l’accettazione di sé” e come si realizza?

Significa avere chiaro gli elementi positivi che contraddistinguono la nostra persona ed i limiti di sviluppo, imparando a voler bene a se stessi, come ad esseri umani potenzialmente in evoluzione continua, anche se incostante, e ponendosi come punto di arrivo il diventare buoni amici di se stessi.

Quindi, volersi bene e accettarsi anche se non siamo ancora arrivati al “massimo”?

Bisogna intendersi sul concetto di “massimo”, perché pare che siamo talmente poco sviluppati, da non avere proprio idea di dove si possa arrivare. Il volersi bene è legato alla possibilità di godere degli sviluppi che realizziamo in questo procedere del tempo. Non si deve commettere l’errore di osservare la propria vita come una gara che porta verso un traguardo e, soltanto a quel punto, gioire! Così facendo ci perderemmo tutti i momenti che ci separano da questo traguardo. Noi possiamo imparare a trarre giovamento e godimento da attimi della nostra esistenza, basterebbe questo a dire a noi stessi: “Mi fa piacere di esistere”.

Grazie perché mi hai trasmesso questa gioia. Possiamo reincontrarci? Ho da porti altre domande, l’intervista non è finita…….

Certo.

Grazie e …..a presto.

Mariella Cipparrone

Si ringrazia il dott. G. Marchese, per aver concesso, nonostante i suoi innumerevoli impegni quotidiani, quest’intervista al Web Magazine La Strad@, di cui, peraltro, è fondatore, oltre che responsabile scientifico.