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IN CALABRIA IL 2^ CONGRESSO INTERNAZIONALE DI GINECOLOGIA


Seppur vivi nel ricordo delle precedenti generazioni, sono oramai lontani i tempi in cui le donne partorivano nelle proprie case aiutate dalle cosiddette “mammane” . I progressi della scienza hanno fatto passi da gigante consentendo…”all’altra metà del cielo” di avere un rapporto più sereno con il proprio corpo. Nuove le terapie e nuovi gli approcci chirurgici ai problemi della sfera ginecologica. L’opportunità di approfondire tali importanti tematiche ci è stata offerta dal 2° Congresso Internazionale di Ginecologia tenutosi nel cosentino grazie, soprattutto, all’iniziativa del prof. Saverio Orfanò (Direttore dell’Euroistituto di Ricerca Scientifica Biomedica nonché Centro Internazionale di Formazione e Aggiornamento Medico-Professionale “Humanitas” di Torino),calabrese d’origine, il quale ha voluto fortemente che il Congresso si celebrasse nella terra natìa, a testimonianza di come sia sempre vivo e da rinforzare il legame tra la Calabria e le professionalità scientifiche in essa formatesi e presenti su tutto il territorio nazionale.

Un qualificato uditorio ha fatto da cornice alle relazioni dei numerosi esperti. Per fare il punto della situazione abbiamo posto alcune domande ad uno dei relatori, il prof. Francesco Battaglia, Dirigente della Divisione di Ostetricia e Ginecologia dell’Ospedale San Filippo Neri di Roma.

  • Uno slogan piuttosto gradito ai più giovani recita: ” far bene l’amore, fa bene all’amore “. Al di là di ogni considerazione , la precocità dei rapporti sessuali espone ad un maggior rischio di cervicocarcinoma?

R: Dagli studi in letteratura sembra di si, tuttavia bisogna anche tener conto delle nuove esigenze e, contrariamente a quanto potrebbe sembrare, dopo il boom degli anni ’60, durante i quali c’è stata una eccessiva liberalizzazione della sessualità, si assiste ora ad una regressione.

Un po’ legata alle pubblicità alle volte terroristiche delle malattie sessualmente trasmesse, (al di là di quelle temibili come l’AIDS), negli ultimi anni si è assistito sia alla rivalutazione di una certa moderazione nell’avere rapporti sessuali, sia ad una dilazione nell’età del primo rapporto sessuale nonché ad una rivalutazione contemporanea di valori che prima erano considerati superati. Quindi questo ha portato ad un aumento dell’età del primo rapporto e conseguentemente ad una funzione preventiva nei confronti delle malattie sessualmente trasmesse. Devo dire che nell’Occidente questa situazione è più evidente specialmente nei Paesi di origine cattolica laddove c’è un input culturale abbastanza restrittivo sull’argomento

  • Sembra che, soprattutto nel Meridione, si stia vincendo, per fortuna, quella mentalità che portava le donne a farsi visitare il meno possibile, portando ad una forte riduzione della mortalità per il cancro della mammella. Si può affermare oggi che attraverso la prevenzione si muore di meno? Quando e come fare prevenzione?

R: Per il tumore della mammella sicuramente la prevenzione non solo porta ad una riduzione drastica della mortalità ma, addirittura, alla guarigione perché alcune forme, le più frequenti, di tumore alla mammella, se diagnosticate per tempo, possono essere tranquillamente curate e guarite con interventi che, peraltro, rispettano perfettamente l’integrità anatomica della mammella. Come fare prevenzione è la cosa più semplice e banale, basta farsi vedere dallo specialista in epoca più precoce possibile, già al raggiungimento della maggiore età sessuale cioè quando si cominciano ad avere rapporti. C’è da dire che purtroppo si assiste ad una riduzione dell’età media alla quale i tumori della mammella si manifestano per cui , fermi restando alcuni cardini di prevenzione secondaria, come la mammografia ecc , ( per le quali rimangono sempre fissi a parità di fattori di rischio, l’età di 40 anni ecc), la visita senologica, la raccolta di una accurata anamnesi e l’identificazione precoce di fattori familiari di rischio, possono modulare sia l’età alla quale si deve fare il controllo sia il numero di controlli , la frequenza e così via; in questo modo sicuramente si possono prevenire le forme non curabili. Nessuna prevenzione impedisce ad un tumore che deve manifestarsi di farlo.

  • Per quali tipi di tumore è indicata la Radioterapia e quando può essere considerata trattamento d’elezione?

R: La Radioterapia trova la principale indicazione nei tumori della cervice uterina soprattutto in fase avanzata, dal secondo stadio in poi, anche se negli ultimi tempi la radioterapia (che prevede particolari apparecchiature e centri ben strutturati e soprattutto esperienza notevole per l’esecuzione), nei Paesi anglosassoni ha trovato collocazione nella cura anche degli stadi iniziali per i quali invece nell’ occidente diciamo europeo ha un ruolo particolarmente importante la chirurgia associata o meno a chemioterapia.

  • Patologie piuttosto frequenti sono i fibromiomi uterini. Quando curarli?

R: Si curano soprattutto quando sono sintomatici e la terapia è sostanzialmente chirurgica e va eseguita quando i fibromi danno fastidio, quando cioè danno metrorragie abbondanti, quando sono talmente voluminosi da creare dei disturbi e dei fastidi insopportabili agli organi viciniori e soprattutto in relazione alla maternità ed alle intenzioni riproduttive della donna.

Una donna in post-menopausa potrà essere più facilmente sottoposta a terapia chirurgica ed anche con minor danno sociale e familiare per la sua capacità riproduttiva.

  • Isterectomia per via vaginale. Si va verso una chirurgia ginecologica sempre meno invasiva?

R: La via vaginale è la via del ginecologo che, in questo, nel tempo si differenziava dal chirurgo generale. Non esiste, però, una via più o meno invasiva in senso assoluto. Il ginecologo deve conoscere tutte le tecniche operative, per via vaginale, laparotomica o laparoscopica e adattare il tipo di chirurgia a seconda del paziente e dell’indicazione. Per esempio la via vaginale è possibile paradossalmente per uteri di grossissime dimensioni con patologie benigne tipo i miomi. Però il piccolissimo tumore ovarico nessuno si sognerebbe di operarlo per via vaginale

  • Tanto si dibatte sull’uso terapeutico delle cellule staminali prelevate dal cordone ombelicale: quale lo stato dell’arte?

R: Allo stato ci sono stati dei progressi avanzatissimi. Il discorso delle cellule staminali non è tanto dei traguardi tecnici raggiunti che già permetterebbero tante cose, bensì dei problemi organizzativi che stanno dietro a tutto questo, ed i costi. Non sono la panacea per tutti i mali ma alcune patologie sicuramente quelle ematopoietiche o del miocardio o alcune patologie neoplastiche in forma naturalmente ancora sperimentale potrebbero giovarsi delle terapie con il supporto di cellule staminali. Tuttavia ancora il rapporto tra costi e benefici tende molto più sui costi e non c’è ancora una organizzazione tale da permettere la raccolta, la distribuzione e la disponibilità immediata in ogni luogo dei dati per poter accedere in maniera corretta a questo tipo di terapia.

  • C’è, secondo lei, un limite da porre se non tecnicamente almeno eticamente, al desiderio della donna di diventare mamma?

R: Il limite secondo me deve essere posto ed è etico, perché tecnicamente si può fare tutto , ci sono i mezzi per far tutto, ma anche volendola considerare nella maniera più laica, il desiderio di maternità della donna, al di là della sacralità dell’embrione, deve tener conto di diversi fattori. Anzitutto, un figlio non deve essere un atto di egoismo o l’espressione di quanto uno sia capace o meno di riprodursi o riportare nel mondo la sua immagine, ma deve essere un atto d’amore, ci devono essere i presupposti perché questo figlio che nasce trovi un’accoglienza che lo possa far crescere in maniera armoniosa. Va visto quindi nell’ambito di una famiglia serena e non solo nel rapporto tra moglie e marito ma anche in relazione alle aspettative che pongono gli stessi nei confronti del figlio. A 60 anni fare un figlio può essere legittimamente ammesso da un punto di vista teorico e come cosa personale, però bisogna pensare che quando il figlio avrà 20 anni, la madre ne avrà 80.

  • Donna a tutti i costi: sembrerebbe questo il leit-motiv dei soggetti che vogliono ritardare con ogni mezzo l’epoca della menopausa. Quale il rapporto costo-benificio della terapia ormonale?

R: Allo stato attuale sicuramente ci sono numerosi benefici rispetto a costi relativi. I benefici si devono vedere non solo nel benessere diciamo personale ( vampate, dolore osseo ecc), ma anche nei costi generali. Il costo infatti per la comunità di una frattura per osteoporosi sicuramente è molto maggiore di quanto possa essere una terapia sostitutiva ben fatta. Il problema va posto su effetti negativi della menopausa e non tanto sul problema donna o non donna ; il fatto di avere o non avere il ciclo o di vivere una sessualità diversa non diminuisce il sentirsi donna. C’è una bellezza io dico per ogni età, e ogni età può vivere la sua sessualità in maniera completa per quanto diversa ed altrettanto soddisfacente.

  • Terapia non ormonale delle menopausa e dell’insonnia ad essa collegata…

R: Le nuove prospettive per la terapia alternativa a quella sostitutiva hanno dei vantaggi per alcuni aspetti come i sintomi neurovegetativi, per le vampate e per tutti quei fastidi soggettivi della donna ; hanno dato un po’ di delusione per quanto riguarda l’aspetto forse più socialmente rilevante come l’osteoporosi e la prevenzione delle malattie cardiovascolari per le quali non hanno mostrato di avere benefici superiori, anzi, per certi versi, non hanno benefici. Tuttavia adesso sono venuti fuori dei farmaci, nati come preventivi del tumore della mammella e che somigliamo al tamoxifen pur essendo diversi per struttura e modalità di azione che, se associati ai prodotti naturali come i fitoestrogeni sembrano poter compensare le carenze degli altri, anche se studi definitivi sull’argomento non ce ne sono

  • Sondaggi e statistiche parlano di una donna sempre più sicura di sé a fronte di un uomo non più latin lover in forte crisi d’identità: ma , sul lettino ginecologico, è davvero così? E’ cambiato il modo di essere ginecologi?

R: Il modo è cambiato non tanto perché cambia il rapporto tra uomo e donna ma perché per fortuna c’è una donna sempre più responsabile e culturalmente preparata che sa quello che chiede. E’ cambiato il modo di fare il ginecologo nel senso che gli è imposta una preparazione sempre continua ed una maggiore sensibilità verso le esigenze della donna nonché una maggiore responsabilità nell’affrontare in maniera non cattedratica ma da pari a pari i problemi, cercando di dare indirizzi scientificamente validi ma che non mortifichino le esigenze legittime della donna.

PINO BARBAROSSA