Il fenomeno della ‘convivenza more uxorio’, espressione che indica una coppia non legata dal vincolo matrimoniale e che convive come marito e moglie, è oggi molto diffuso nella realtà sociale e pone problemi rispetto ai quali l’ordinamento giuridico non dispone di strumenti adeguati di risposta.
Infatti, la tutela della convivenza more uxorio (o famiglia di fatto) è solo parziale ed è frutto dell’opera della giurisprudenza, che, pur senza equiparare la famiglia di fatto alla famiglia fondata sul matrimonio, in assenza di idonea normativa, interpretando la legge per applicarla al caso concreto, provvede a regolare situazioni relative al rapporto tra i conviventi di fatto.
In giurisprudenza si riscontrano due orientamenti:
- quello dei giudici di legittimità (Corte di Cassazione), secondo cui alla famiglia di fatto non possono essere applicate per analogia le norme che regolano i rapporti tra coniugi, in considerazione della netta differenza tra i due tipi di coppia (la famiglia fondata sul matrimonio è caratterizzata da una serie di diritti e doveri che sarebbero in contraddizione con la natura precaria della convivenza, scelta proprio da chi vuole sottrarsi alla complessa disciplina dei rapporti tra coniugi)
- quello dei giudici di merito, i quali, invece, tendono ad applicare, analogicamente alla famiglia di fatto, molte disposizioni che regolano i rapporti tra coniugi.
In particolare, in materia di locazione di immobili ad uso abitativo, si è riconosciuto al convivente di fatto il diritto di succedere nel contratto di locazione in caso di morte del partner inquilino (o conduttore).
Lo stesso diritto spetta al convivente nell’ipotesi in cui, cessata la convivenza per allontanamento del partner, sia rimasto nell’immobile locato con i figli nati dall’unione col conduttore deceduto. Ciò anche quando la convivenza sia iniziata nel corso della locazione e senza che il proprietario ne avesse notizia (Corte Costituzionale 7 aprile 1988 n.404; Cassazione Civile 25 maggio 1989 n.2524).
Occorre, comunque, tenere presente che, riconoscendo al convivente di fatto il diritto di succedere nel contratto di locazione, non si è voluto assimilarlo al coniuge, attribuendogli diritti successori che si fondano su rapporti giuridici certi ed incontestabili ( quale è il rapporto tra coniugi), ma si è voluta riconoscere a suo favore la possibilità di restare nell’alloggio in cui viveva.
In realtà, però, salvo alcuni interventi circoscritti, come quello descritto, in mancanza di normativa, rimangono irrisolti molti problemi posti dalla convivenza, che è sempre più frequente per varie ragioni (per rifuggire dai diritti e dagli obblighi derivanti dal matrimonio, per impossibilità di contrarre matrimonio in pendenza di una causa di divorzio, per sfiducia nel vincolo matrimoniale, ecc.).Risulta quindi opportuno un intervento legislativo che, senza creare una sorta di famiglia di serie B rispetto a quella fondata sul matrimonio, disciplini quelle situazioni che non si prestano ad essere definite dai conviventi stessi, come i problemi derivanti dalla cessazione della convivenza, la tutela del lavoro del convivente nell’impresa familiare, la tutela penale in materia di assistenza familiare e maltrattamenti in famiglia.
Erminia Acri-Avvocato
Erminia Acri, iscritta all’Albo degli Avvocati del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Cosenza, Patrocinante in Cassazione, esercita la professione di avvocato in materia di diritto civile, diritto del lavoro e previdenza, diritto amministrativo (abilitazione all’esercizio della professione di avvocato conseguita in data 05/05/1998). Consulente legale dell’Inas-Cisl, sede di Cosenza. Attività di docenza, in materia di Diritto di Famiglia, c/o Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) – Roma. Iscritta all’Albo dei Giornalisti- Elenco pubblicisti dal 01/07/2006. Responsabile “Area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line
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