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Un uomo, un attore, un regista esploratore dell?animo umano.

Nato a Polistena (RC) nel 1955, in seguito trasferitosi a Torino, collabora con l’Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio.

Nel 1985 realizza A proposito di sbavature con il quale vince al Festival Cinema Giovani di Torino. Nel 1987 realizza Fratelli minori e Ripresi girato all’interno del carcere di Torino e nel 1990 Alla Fiat era così, interviste a operai della Mirafiori protagonisti dell’autunno caldo.

Nel 1991 realizza per la Rai Paolo ha un lavoro e nel 1992 Paco e Francesca.

Nel 1995 esordisce con il lungometraggio La seconda volta interpretato da Nanni Moretti e Valeria Bruni Tedeschi. Il film si aggiudica il Premio Solinas per la migliore sceneggiatura e viene presentato a Cannes nella Selezione Ufficiale.

 

Alberto Sajevo, professore universitario di Torino, vive con una pallottola conficcata nella testa a causa di un attentato subito negli anni settanta da un gruppo di terroristi rossi.

Un giorno, dall’autobus, riconosce casualmente la terrorista che molti anni prima gli aveva sparato; Sajevo, giorno dopo giorno, comincia a pedinarla. Lisa Venturi ha già scontato, da allora, dieci anni di carcere e gode della semilibertà che le consente di lavorare come impiegata in un ufficio di Torino. Finiranno per incontrarsi, ma Lisa non riconosce l’ex nemico e gli nasconde la propria condizione. Anche Alberto cela la sua vera identità, fino a che un giorno mette fine alla finzione e brutalmente “smaschera” la ex terrorista…

Nel 1997 è regista e sceneggiatore di La parola amore esiste, il film viene presentato a Cannes nella “Quinzaine des Realisateurs”

 

Angela (Valeria Bruna Tedeschi), una giovane donna sola e afflitta da psicosi paralizzanti su numeri e colori, è impegnata in continue sedute di analisi guidate da uno psicologo assente e arrogante (Mimmo Calopresti). Uscendo dal palazzo dove hanno luogo gli incontri terapeutici, si imbatte in Marco (Fabrizio Bentivoglio), un insegnante di violoncello, e se ne innamora a prima vista generando una serie di equivoci nella vita sentimentale del maestro di musica. Questa girandola di malintesi e incontri mancati avrà fine quando il destino farà finalmente incrociare le vite di Angela e Marco.

Con La parola amore esiste, Calopresti racconta dell’ influenza che hanno i sentimenti sulla psicologia e le azioni umane.

La storia, scritta da Schleef, Bruni, Calopresti, è impostata su un personaggio-simbolo: Angela, una ragazza ricca, con una bella casa e alcune care amiche, che sembra non essere in grado, a causa delle sue ossessioni, di potersi innamorare.

I sentimenti vengono trattati da Calopresti con grande delicatezza. Il regista pone una attenzione rispettosa nei confronti dei personaggi e attraverso il tono pacato del racconto e l’uso fondamentale del dialogo riesce a penetrare nella psicologia degli individui con tatto, eleganza e morbidezza. Nella rappresentazione di una sofferenza interiore (quella della protagonista), emerge il desiderio di mettere in relazione il disagio esistenziale di una persona con l’inevitabile superficialità dei rapporti con il prossimo. Calopresti cattura con la macchina da presa la sfera intima dei personaggi e riesce a comunicarla agli spettatori.

E’ sul concetto di amore, sulla sua valenza attuale che Calopresti ci invita ad interrogarci, sulla possibilità e sulla necessità degli uomini e delle donne di amarsi . Non c’è da parte del regista la voglia di raccontare una storia, ma piuttosto il desiderio di far emergere le emozioni più nascoste, i sentimenti e le paure dell’uomo legate al concetto di amore. Il finale di La Parola Amore Esiste resta aperto ad ogni soluzione ma comunque si procede con un carico di speranza.

Alla sua terza opera Mimmo Calopresti torna nella sua terra natia per realizzare nel 2000 Preferisco il rumore del mare.

Rosario è un giovane calabrese che, vittima di una faida nel suo paese d’origine, si sposta a Torino grazie all’aiuto di Luigi (Silvio Orlando), dirigente d’azienda di origine calabrese e padre di Matteo. Quest’ultimo è svogliato e scontroso e dietro il suo atteggiamento provocatorio si cela la sofferenza per la separazione dei genitori e per il rapporto conflittuale che ha con il padre.

L’amicizia tra i due ragazzi è il filo conduttore della storia, un legame difficile, che nasce da basi diverse: Rosario è ospitato in una comunità di ragazzi a rischio, animata da un sacerdote che si fa in quattro per loro (Mimmo Calopresti), Matteo ha una splendida casa, molti soldi a disposizione eppure è infelice.

Intorno al rapporto che si viene a instaurare fra Luigi, Matteo e Rosario si articola il film; o meglio intorno a un “non- rapporto”, in quanto ogni tentativo fatto dall’uno o dall’altro di cercare di comprendere a fondo chi gli sta a fianco non sortisce mai dei risultati: Matteo risulta sempre sfuggevole e nella sua insoddisfazione nei confronti del padre si chiude nell’ascolto della musica e nella passione per la pittura. Rosario per parte sua è un ragazzo molto schivo, con un forte sentimento religioso e un grande orgoglio, che non lo facilita nei rapporti con il prossimo ( solo a malincuore accetta l’aiuto di don Lorenzo, e nei confronti degli altri si pone sempre con una certa diffidenza ).

Luigi è sicuramente il personaggio più complesso: tutti i suoi sforzi sono stati volti ad un perfetto inserimento nella società bene della grande città, e quando si accorge che il mondo che si era costruito sta per crollare comincia a porsi delle domande, cerca di capire qualcosa di più della sua vita; ma rivolgendosi a don Lorenzo in cerca di aiuto riesce solo a dire ” Sto male “. Troppo poco per pensare di trovare un punto di contatto con qualcuno, per comprendere a fondo il momento che sta vivendo lui stesso e che coinvolge le persone che gli sono attorno.

 “Fabbricare, fabbricare, fabbricare… preferisco il rumore del mare”. Da questo verso di Campana Mimmo Calopresti ha tratto il titolo, da un lato perché – afferma lui stesso- era legato all’idea di iniziare e finire un film partendo dalla Calabria, e soprattutto per la presenza della parola “preferisco”, definita dal regista “insolente”, poiché implica una scelta, una decisione; ed è proprio questa capacità di prendere in mano la situazione in cui ci si trova e di decidere per il meglio ciò che manca ai personaggi, che chiusi nei loro ostili silenzi si ritrovano incapaci di “preferire”, di capire quello che a loro sembrerebbe giusto fare e di compierlo. E’ il rinnovamento e il desiderio di essere se stessi senza più schemi il tema fondamentale del film.

Il regista invita lo spettatore a riflettere sulla possibilità di dare una sterzata alla propria esistenza, ben sapendo: “che si può venir sconfitti – ammette Calopresti – non avendo capito nulla, ma è necessario tentare di essere padroni del proprio destino, così da essere rispettati per quello che si è”.

“Ho una grande ottimistica convinzione, che ogni momento della nostra vita sia quello giusto per cambiare, per crescere, per ricominciare”.

Di prossima uscita l’ultima fatica di Calopresti La felicità non costa niente

Sergio è un uomo che a quarant’anni, si rende conto che non può fare a meno di provare ad essere felice. Sarà un incidente che lo porterà a fermarsi e a riflettere.

Tutto quello che possiede non lo soddisfa più anzi lo fa star male, non sa che farsene delle cose che possiede: il suo lavoro di architetto, la bella casa, i soldi e gli amici con i quali non riesce più ad essere ipocrita e ad accettare le loro ipocrisie.

Allora abbandona tutto e rimane solo, solo con se stesso e con un operaio suo amico che lo aiuta a capire che esiste il paradiso della semplicità.

Anche questa volta il regista esplora cinematograficamente i sentimenti dell’uomo.

Altro tema certo non facile (dopo quello dell’amore) è il concetto di felicità che viene affrontato e trattato da Calopresti con la semplicità e la raffinatezza a cui ci ha abituato e che certamente lo contraddistinguono.

“Credo che quello di essere felici sia un problema di tutti. Un’esigenza che avvertiamo in grande profondità e che anch’io sento come persona. Si, la felicità è un diritto che non dovrebbe costare niente e che, invece, alle volte costa tanto. Bisogna avere la voglia e la forza di cambiare intorno a sé il mondo che ci circonda in base alle proprie necessità e ai propri desideri”.