Pubblicato su Lo Sciacqualingua
La lingua italiana è piena di trappole sonore: parole che si assomigliano nella forma, che condividono suffissi e cadenze, ma che divergono radicalmente nel senso. È proprio questa somiglianza esteriore che induce a errori di comprensione o di uso, soprattutto quando il ritmo fonetico sembra suggerire una parentela semantica inesistente. Tra i casi più insidiosi c’è la coppia collusione e illusione: due termini che si vestono dello stesso finale in ‑usione, eppure abitano universi lontanissimi.
Collusione è parola dura, tecnica, che appartiene al linguaggio giuridico e politico. Indica un accordo segreto e fraudolento tra più soggetti, un’intesa occulta che viola la legge o danneggia terzi. Porta con sé l’ombra della complicità e della corruzione, e si usa per descrivere rapporti torbidi, connivenze, patti clandestini. Dire “la collusione tra alcuni dirigenti e imprenditori ha falsato l’appalto” è un esempio tipico: qui la parola segnala un patto illecito, una complicità che mina la giustizia.
Illusione, invece, è parola che si muove nella sfera psicologica e percettiva. Significa inganno dei sensi, falsa rappresentazione della realtà, speranza vana. Può avere valore negativo, quando denuncia la fragilità delle aspettative, ma anche poetico, quando evoca sogni e desideri che danno colore all’esistenza. Dire “vive nell’illusione di un successo imminente” mostra l’aspetto ingannevole della parola; mentre “l’illusione di un amore eterno accompagna i versi dei poeti” rivela la sua dimensione estetica e sentimentale.
La confusione nasce dalla somiglianza fonetica e dal suffisso comune, ma basta ricordare la radice per distinguere: collusione viene da colludere, “giocare insieme di nascosto”, con valore di accordo fraudolento; illusione viene da illudere, “ingannare”, e si lega alla percezione e alla speranza.
Due parole che si somigliano, ma che non vanno mai confuse: l’una appartiene al tribunale, l’altra al cuore.
A cura di Fausto Raso

Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.

