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Pensieri, emozioni, stati d’animo di adolescenti (gli alunni dell’IIS “Lucrezia della Valle” di Cosenza) dedicati ai propri nonni, “testimoni del passato, garanzia del presente ed eredi del futuro” attraverso una intervista immaginata: “Cosa avresti voluto chiedere e cosa ti saresti voluto sentire rispondere?

D. Nonno, com’era la tua infanzia? Cosa ricordi con più affetto di quel periodo?

R. La mia infanzia è stata molto semplice, ma felice. Vivevamo in campagna e giocavamo all’ aperto tutto il giorno. Ricordo con affetto i pomeriggi d’estate passati a rincorrere il pallone con i miei fratelli e le storie che ci raccontava mia nonna la sera, seduti intorno al camino.

D. Com’è cambiato il mondo rispetto a quando eri ragazzo?

R. È cambiato tantissimo. Quando ero giovane non c’erano televisione, telefono o qualsiasi forma di tecnologia. Oggi vedo bambini sempre con il tablet in mano, mentre noi ci costruivamo i giocattoli da soli, perché non avevamo abbastanza soldi per comprarli. La tecnologia ha portato tante comodità, ma anche un po’ di freddezza nei rapporti umani.

D. Nonno, tu eri un ragazzo durante la Seconda guerra mondiale. Che ricordi hai di quel periodo? Hai vissuto momenti difficili?

R. Eh, quelli sono ricordi che non si dimenticano. Avevo appena 13 anni quando è scoppiata la guerra e ne avevo 19 quando è finita. Ricordo le sirene, le corse ai rifugi, la paura costante. Dalle campagne circostanti alla città, dove abitavamo noi, assistevamo ai continui bombardamenti ed era una sensazione tremenda. A volte mancava da mangiare, persino il pane era razionato. Ho visto amici e conoscenti partire per il fronte e non tornare più. È stato un periodo duro, ma anche quello sicuramente mi ha insegnato il valore della libertà.

D. Nonno, hai sempre avuto una grande forza e indipendenza. Ho sempre ricordi di te che, nonostante i tuoi 90 anni passati, eri sempre in movimento: cucinavi, pulivi, ti prendevi cura dell’orto, del tuo cagnolino, addirittura ancora guidavi! Com’è stato per te avere questo grande spirito d’intraprendenza, nonostante la tua età avanzata?

R. Ti dico la verità: per me è sempre stato naturale. Sono cresciuto in un’epoca in cui bisognava arrangiarsi e questo mi è rimasto dentro. Continuare a guidare, cucinare, sistemarmi il giardino… mi faceva sentire vivo, utile. Non volevo dipendere dagli altri, né essere un peso in alcun modo. L’indipendenza è stata una conquista quotidiana, e credo che sia stata proprio questa a tenermi in piedi così a lungo.

D. Com’era l’istruzione ai tuoi tempi? Ti sarebbe piaciuto studiare di più?

R. Ai miei tempi studiare non era per tutti. In molte famiglie, come la mia, bisognava iniziare a lavorare presto per aiutare in casa. Io ho frequentato la scuola fino alla quinta elementare, poi ho dovuto lasciare. Mi sarebbe piaciuto diventare medico, ma non era possibile. Però non mi lamento: diventare carabiniere è stata una grande soddisfazione. Ho servito lo Stato con orgoglio e quello che non ho imparato sui banchi di scuola l’ho imparato nella vita, tra la gente.

Giuseppe (16 anni)

A cura di Maria Felicita Blasi

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