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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi e comprendersi, aiuta senz’altro a vivere meglio.

In questa trentasettesima puntata, ci occuperemo dei modelli di attaccamento, cioè di come la nostra personalità cominci a organizzarsi fin dai primi anni di vita, in base a quanto e a come ci leghiamo al caregiver di riferimento.

Uno dei bisogni umani più antichi, è quello di avere qualcuno che si chieda dove sei, quando non torni a casa la sera (Margaret Mead)

L’importanza di come noi ci “attacchiamo” (fidandoci e affidandoci) fin da piccolissimi, a chi si prende maggiormente cura di noi, nasce dalle osservazioni effettuate nei confronti dei bambini e dei mammiferi più in generale, durante i primi anni di vita.

il più grande sostenitore e studioso di questa “Teoria dell’attaccamento” è stato John Bowlby, considerato uno tra i maggiori e più influenti psicoanalisti del ventesimo secolo incaricato, fra l’altro dall’OMS di redigere uno studio sulla salute mentale dei bambini orfani o privati della loro famiglia d’origine.

L’attaccamento è parte integrante del comportamento umano, dalla culla alla tomba (John Bolwby, 1982).

La teoria dell’attaccamento fornisce un valido supporto per lo studio di fenomeni legati a storie infantili di gravi abusi e trascuratezza, correlate con lo sviluppo di un ampio spettro di disturbi di personalità, sintomi dissociativi, disturbi d’ansia, depressione e abuso di sostanze alcoliche e stupefacenti.

La teoria dell’Attaccamento

Il comportamento di attaccamento si manifesta in una persona che consegue o mantiene una prossimità nei confronti di un’altra persona (figura di attaccamento), ritenuta in grado di affrontare il mondo in modo adeguato.

John Bowlby (Medico, Psicologo e Psicoanalista), ha intuito che il legame madre-bambino non si basa solo sulla necessità di nutrimento del piccolo ma, soprattutto, sul riconoscimento delle emozioni e ha dimostrato come, lo sviluppo armonioso della personalità di un individuo, dipenda principalmente da un adeguato attaccamento alla figura materna (o, comunque, di chi si prende cura di lui)

Fondamentale è stato lo studio dei lavori del Medico Etologo Konrad Lorenz e dello Psicologo Harry Frederick Harlow sull’imprinting nel mondo animale.

Secondo la teoria di Lorenz, i piccoli di anatroccolo, privati della figura materna naturale, seguivano un essere umano o qualsiasi altro oggetto, nei confronti del quale sviluppavano un forte legame che andava oltre la semplice richiesta di nutrizione, dato che questo tipo di animale si nutre autonomamente di insetti.

Harlow, a sua volta, aveva dimostrato come, in una serie di esperimenti, i piccoli di scimmia venivano messi a confronto con una madre fantoccio, fatta di freddo metallo, alla quale era attaccato un biberon e con un’altra madre fantoccio senza biberon, ma coperta di una stoffa morbida, spugnosa e pelosa. Le piccole scimmie mostrarono una chiara preferenza per la madre di stoffa passando fino a diciotto ore al giorno attaccate ad essa, come avrebbero fatto con le loro madri reali.

John Bowlby identifica quattro fasi attraverso le quali si sviluppa il legame di attaccamento:

Dalla nascita, alle otto-dodici settimane: il bambino non è in grado di discriminare le persone che lo circondano nonostante riesca a riconoscere, attraverso l’odore e la voce, la propria madre.

Sesto – settimo mese: il bambino è maggiormente discriminante nei confronti delle persone con le quali entra in contatto;

Dal nono mese: il legame con la figura di attaccamento diventa stabile e serve come base emotiva per esplorare l’ambiente, ricercando sempre protezione e consensi.

Questo “comportamento di attaccamento” si mantiene stabile fino ai tre anni, età in cui il bambino dovrebbe avere acquisito la capacità di mantenere tranquillità e sicurezza in un ambiente sconosciuto essendo, però, sempre in compagnia di figure di riferimento secondarie, ed avere la certezza che la figura di riferimento principale faccia sempre ritorno.

Secondo le conclusioni di John Bowlby la modalità di “attaccamento” può essere definita di tipo “sicuro” (quando il bambino sente di avere, dalla figura di riferimento, protezione, senso di sicurezza e affetto), o di tipo “insicuro” (quando, nel rapporto con la figura di riferimento prevalgono instabilità, eccessiva dipendenza, paura dell’abbandono)

Una base sicura

Il concetto di base sicura è stato elaborato da John Bowlby nel 1969, osservando una straordinaria similitudine negli schemi comportamentali, nel primo anno di vita, sia nei macachi che nei bambini.

In particolare, verificò come la madre, e la relazione con lei, fornisce al “cucciolo” la base sicura dalla quale ci si può allontanare per esplorare il mondo e farvi ritorno.

Quando il “piccolo” avverte una qualsiasi minaccia da parte del mondo esterno, cessa l’esplorazione e raggiunge prontamente la madre per poter ricevere conforto e sicurezza.

La psicologa Mary Ainsworth, collaboratrice di John Bowlby, ideò alla fine degli anni ’60 un valido strumento di indagine, la Strange Situation (“strana situazione”), per classificare tre “stili” differenti di attaccamento riscontrabili in bambini di età prescolare che, dopo un periodo di allontanamento dalla propria madre, si ricongiungevano a lei.

Quali sono queste tre modalità di attaccamento?

Il figlio è un arazzo d’amore e luce, che i genitori filano per tutta la vita. (Fabrizio Caramagna)

Questa riflessione di Fabrizio Caramagna, ci aiuta a capire che è necessario tanto tempo per portare a termine un progetto importante come quello dell’educazione di un figlio

Ed è anche per questo motivo, che continueremo la nostra passeggiata nella prossima puntata.

Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale parleremo dei diversi stili di attaccamento e dei Modelli operativi Interni.

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

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