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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi e, ovviamente, prendere rimedio.

Perché, conoscersi e comprendersi, aiuta senz’altro a vivere meglio.

In questa trentaseiesima puntata, ci occuperemo delle “relazioni oggettuali” (il rapporto col nostro caregiver di riferimento e di come, questo, ci ha consenta l’apertura verso gli altri)

Per capire noi stessi, abbiamo bisogno di essere capiti dall’altro. Per essere capiti dall’altro, abbiamo bisogno di capire l’altro (Hora Thomas)

Questa particolare riflessione, ci introduce nel mondo del rapporto con tutto quello che ci circonda e ci fa intuire quale possano essere i motivi per lo sviluppo di un carattere più o meno estroverso.

Sigmund Freud ci ha spiegato l’importanza della cosiddetta “Fase orale”, mediante cui esploriamo il mondo attraverso quello che la nostra bocca e le nostre labbra trasmettono al cervello e, soprattutto, al “cuore”.

Una questione di emozioni e sentimenti di paura che viene “addolcita” con la scoperta che, comunque vada, qualcuno ci aspetterà a braccia aperte.

È questo, per esempio, che ci ha descritto Margaret Mahler nel “suo” meccanismo di “Separazione – Individuazione” con cui, il bambino, nei suoi primi tre anni di vita:

  • apprende il proprio schema corporeo;
  • esplora il mondo esterno;
  • distingue la madre e avverte angoscia quando non c’è (perché, ormai, si è “differenziato” da lei);
  • stabilirà una “giusta distanza” da questo fondamentale genitore (e si appiglierà a un oggetto transizionale per non avvertire l’angoscia della solitudine);
  • si riavvicinerà, capace di sopportare le attese e iniziando a sentirsi, interiormente, al sicuro percependo, finalmente, la propria identità.

Un’apertura di braccia, insomma, con cui “comprende” il mondo e lo riporta in sé, per poterlo correttamente “assaporare”.

Questa immagine, ricorda e spiega un po’ meglio il concetto scientifico, in base al quale la vita inizia per via dell’insopportabilità reciproca dei Quark (nei protoni e nei neutroni all’interno del nucleo dell’atomo).

Il tentativo di fuggire dal legame con gli altri due “fratelli”, termina con l’obbligato ritorno “a Canossa”. Da questa danza, nascono, come ci spiega sempre la Scienza, le prime frequenze elettromagnetiche che danno origine a tutto il resto.

Però, ritornando al concetto espresso dalla Mahler, i quark (dei protoni e dei neutroni all’interno del nucleo dell’atomo) che ritornano al “campo base”, piuttosto che deprimersi per aver subito questo comandamento, è come se portassero in dono, come se lo avessero abbracciato, tutto ciò che hanno incontrato lungo la traiettoria di fuga, per poterlo condividere con gli altri due quark che, nel frattempo, hanno determinato la stessa operatività.

È, forse, grazie a questa motivazione che i quark non si perdono nello spazio (tentati dalla pulsione di morte, spiegata da Freud) ma ritornano per sperimentare nuovi motivi per vivere.

Insomma, è come se dalla concezione di individui nati per “espiare”, noi passassimo a quella di soggetti comparsi per “esplorare”.

L’azione della madre (studiata da esperti del calibro di Melanie Klein, Donald Winnicot, John Bowlby, Margareth Mahaler e altri dello stesso calibro) attraverso il rispecchiamento “occhi negli occhi”, l’essere presente con la propria responsività, appagando il bisogno del figlio prima che possa essere addirittura consapevolizzato da quest’ultimo, stimolarlo (in un secondo momento) a diventare autonomo mediante piccole e adeguate frustrazioni, determina la stimolazione e lo sviluppo dei potenziali che dormono nelle nostre tracce geniche, un po’ come il contadino che consente al seme di manifestarsi, grazie alle giuste attenzioni (irrigazione,  concimazione, giusta qualità del terreno, etc.).

Per una crescita armonica, è importante che, alla fine dei conti, le esperienze (anche quelle frustranti, vengano vissute in maniera gratificante (dandogli un senso corretto): un po’ come se, il bambino creasse un simbolico legame col seno materno, considerandolo fonte di nutrimento per il corpo e per lo spirito. Il cosiddetto “seno buono”.

La presenza di una madre “sufficientemente buona”, costituisce una premessa indispensabile per evolvere verso l’autonomia, a partire dallo stato iniziale di indifferenziazione e di dipendenza assoluta.

Questo comportamento, non privo di frustrazioni costruttive, sebbene inizialmente stimoli una percezione di scombussolamento, gradualmente permette di perdere il senso di onnipotenza e di abbandonare la fusione originaria con lei, per tuffarsi nella comunicazione esplicita dei propri bisogni e acquisire il senso della realtà.

Madre Natura ha voluto che questo passaggio non fosse particolarmente agevole (probabilmente per indurci a “spremere le meningi”) costringendoci alle forche caudine del passaggio (già durante il primo anno di vita) da una “posizione” definita (da Melanie Klein) “Schizoparanoide” in cui dividiamo il mondo rigidamente in “Buoni” e “Cattivi”, alla posizione “depressiva” (temporanea) mediante la quale accettiamo l’idea che esiste del positivo e del negativo in ognuno.

Capiremo, in tal modo che, lo star bene o meno con gli altri, dipenderà da una complessità di fattori in cui, il nostro comportamento avrà un ruolo importante.

Si struttura, così, progressivamente la distinzione tra mondo interno e mondo esterno, rendendo possibile la relazione del bambino con un oggetto autonomo e separato da sé.

Nell’attesa di continuare il cammino lungo questo interessante percorso di scoperta, possiamo salutarci con uno spunto di riflessione che racchiude un po’ tutto quello di cui abbiamo parlato quest’oggi

Alcune sono mamme che baciano e alcune altre sono mamme che rimproverano: ma è lo stesso amore e, molte madri, baciano e rimproverano. (PEARL S. BUCK)

Con la speranza e l’obiettivo di essere stato utile per conoscere sempre meglio chi incontriamo (soprattutto quando ci guardiamo allo specchio), vi do appuntamento alla prossima puntata, nella quale parleremo di un altro aspetto, consequenziale a quanto abbiamo trattato quest’oggi: “I modelli di attaccamento”

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

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