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Corro e di sfuggita ai miei occhi colgo una cascata di puntini rossi e gialli, sullo sfondo grigio di un luogo non abitato.

Un sorriso dopo l’altro, non riesco a trattenere, forse alzando anche un po’ il tono della voce, a disturbare.

Sembra quasi impossibile. Solo poco tempo fa era arida, inerte, senza nessuna voglia di reagire agli stimoli vitali. E poi, all’improvviso una esplosione di colori allegri, densi, concentrati sul puntino ad arricchirlo, per renderlo vivace.

Sto cadendo nel silenzio. Assecondo il momento lasciando libera l’espressione, senza porre troppi freni. Ma nel silenzio.

Finalmente uno spazio libero si fa strada dentro me. Un po’ di luce dopo il buio che è caduto ad inondare. Tutto serve nella vita. Anche quello che fa male…

Uno spesso strato copre e avvolge accogliendo. Non so quanto bene possa fare, ma niente impedisce di avvolgere, nascondendo.

È una strana sensazione questa, a voler sentirsi liberi e incastrati nello stesso identico momento.

Vago indietro, correndo ed inseguendo il collegamento fra quello che nasce da un’ipotesi virtuale e l’organicità degli eventi, descritta degnamente dalle leggi di Natura.

Porto con me nel futuro l’emozione della musica, in una serata che comincia accarezzata dalla luce del sole e, lentamente fra le note che si innalzano verso il cielo, volge alla notte più profonda.

Si vive anche per questo!

Presto ascolto. I versi, su di un sottofondo armonico ma inquietante al momento giusto. Narra dell’amore irrepetibile e che mai potrà essere riprovato.

Assaggio con i sensi e provo ad introdurmi per voler meglio capire. È forte, lo so, ma non riesco a non fermarmi.

Improvvisamente, come uno sprazzo intenso di luminosità ad incidere la tranquillità della volta, afferro il significato più profondo.

Le parole sulla carta.

Il senso di pesantezza che accompagna il mio cammino si alleggerisce trasferendosi fra le lettere di un foglio, che ha cominciato a vivere tempo fa, ma non tanto. Destinato ad imprimere la memoria mia più bella nei momenti di tristezza e di allegria.

Leggera. Mi svesto degli abiti più pesanti e volo accompagnata dagli affetti a me più cari, fino a quando la simbiosi che mi lega all’intensità del verde che riesco a vedere nel cemento dell’ambiente, mi trascina catturando. E mi regala libertà.

Mi lascio attraversare. Non posso bloccare un istinto naturale solo perchè una spessa coltre lo ricopre. Ho imparato che altrimenti torna indietro.

Riesco ben a vedere nel dolore che non vuole guarigione, anche il bello che può essere.

La sua voce arriva flebile, ma incide, a trasmettere l’amore che si prova quando ci si incontra nel bel mezzo di una tempesta nella vita. Ci si dona la parte più essenziale, scremata dal superfluo e da quello che non serve, quando ciò che si vuole dare è un’emozione vera e sincera.

Non è facile però!

Questo condizionerà il resto del percorso. Un volta provata è difficile trovarne una eguale.

Coesistono, pur essendo così diversi nell’aspetto, o meglio, forse solo nel colore. Un miscuglio perfetto, un puntino abbraccia l’altro innalzandosi verso l’alto, trattenuti solo dalla delicatezza che ha donato loro la possibilità del regalo della vita.

Torno indietro ad accarezzare con le dita. Mi prendo cura quasi promettendo. È questo il momento della massima intensità, ma anche della debolezza più assoluta. Basta un soffio di vento un po’ più forte e tutto si perderà sbriciolandosi.

Mi arrendo, stremata dai pensieri. Mi guardo dall’interno e vedo bene ciò che traspare.

Un istante di tenerezza. Un momento di dolore.

 Fernanda (7 aprile 2010)

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