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Mente e dintorni è una rubrica (nata da una fortunata serie televisiva) che ci porta a curiosare nei meandri della nostra personalità, per scoprirne i segreti e capire i motivi per cui compaiono i disturbi.

Perché, conoscersi e comprendersi, fa vivere meglio

In questa quarta puntata, il tema è piuttosto intrigante perché prova a rispondere alla domanda posta al primo dei nostri incontri: ma perché ci ammaliamo?

‘‘Le colonne della Morte avanzano distruggendo ogni cosa. In primo piano, un Re che raccoglie la Corona e un commerciante che raccatta i suoi denari. In un angolo, una coppia di Amanti: lui suona e lei lo ascolta. Sono preparati. La distruzione è inevitabile ma la si può vincere con l’Amore, gli Ideali… la Vita” (Otto Kernberg – Commento a “Il trionfo della morte” di Pieter Bruegel esposto al museo del Prado a Madrid)

Questo “tremendo” incipit, ci porta a una domanda angosciante: visto che la morte è inevitabile, si può evitare di sprecare i momenti della nostra vita, in maniera da ridurre il rischio dei rimpianti?

L’Organizzazione Mondiale della Sanità, fin dal 1946 ha definito il concetto di salute, come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non, semplicemente, l’assenza di malattia e di infermità” .

Ma, questo completo benessere fisico mentale e sociale, come lo possiamo raggiungere?

Fiumi di inchiostro (e di bit telematici) sono stati impiegati per trasmettere i pensieri di poeti, Filosofi, Scienziati e quanti altri esperti del settore hanno espresso la propria opinione.

Se volessimo sintetizzare il concetto, potremmo rifarci a quanto espresso, nel 1984, in Canada, durante la “prima Conferenza  Internazionale relativa alla promozione della salute”:

“Grazie ad un buon livello di salute, l’individuo e il gruppo devono essere in grado di identificare e sviluppare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni, modificare l’ambiente e adattarvisi”

Lo psicoanalista Massimo Recalcati ha spiegato che, secondo Freud e Lacan, l’essere umano manca di un programma istintuale capace di orientare la sua esistenza nel Mondo. E proprio su questo “difetto” che, sempre secondo il pensiero di questi Grandi della Psicoanalisi, prende corpo il programma dell’Inconscio.

Proviamo a capire

Al contrario di forme apparentemente meno evolute, non accettiamo passivamente l’idea che, il senso della nostra presenza sia, appunto, la nostra stessa presenza. Abbiamo bisogno di capire che lo scorrere dei granelli di sabbia nella clessidra che misura quanto ci resta, del variegato coacervo di stati d’animo, sia finalizzato al sentirsi delle “brave persone” (se si è cresciuti coi Valori d una volta) o al raggiungimento della possibilità di godere.

Entrambe queste posizioni, rispettano il motivo che guida il cammino di ognuno: il Principio del Piacere.

Tale “chimera” genera la nostra condanna alla vita (come disse Giovanni Russo, riprendendo concetti freudiani) intesa come scontro fra due estremi apparentemente inconciliabili: Eros (Amore e passione) e Thanatos (Morte).

Al primo, Sigmund Freud dava la valenza di pulsione volta alla conservazione della vita; nella seconda, individuava la pulsione che spinge verso la distruzione della vita stessa.

In buona sostanza

Grazie anche all’aiuto di Scienziati del mondo della Fisica, si è arrivati a capire che:

  • Tutto nasce dall’insopportabilità di piccolissime particelle (i quark) costrette a coabitare (nei protoni e nei neutroni del nucleo degli atomi) in maniera conflittuale;
  • dal tentativo di fuga di queste microparticelle (obbligate a ricongiungersi, perchè legate da un elastico di “gluoni”) nasce una danza da cui si creano le prime frequenze (elettromagnetiche) di vita, pianificate da chi ha creato il sistema;
  • l’Energia generata e trasmessa in tal modo cerca, quindi, di realizzare il piano voluto dal Creatore (o da chi per esso) e contenuto (pare) nel Bosone di Higgs, in base a cui si producono reazioni che consentono ogni forma di manifestazione (vitale e/o inerte);
  • dopo miliardi di anni di evoluzione è comparso l’essere umano nel cui DNA dovrebbero essere contenuti i “piani di volo” che, Jung, chiamava “Inconscio Collettivo” capace di orientare e spingere verso il Futuro e la conseguente ulteriore evoluzione;
  • la nostra capacità di “leggere” e “stampare” (senza accorgercene) le informazioni genetiche che ci consentono di assemblare il corpo e di scegliere le indefinite opportunità (di pensiero e di azione) poste su una metaforica tavolozza di colori (da miscelare con sapienza) messa a disposizione da Dio (o dall’Energia stessa…) Jung lo chiamava “Inconscio individuale”;
  • partendo dal principio che è come se fossimo nati potenzialmente dotati di un “sistema operativo” perfetto che va fuori equilibrio ad ogni nuovo apprendimento, il ruolo della nostra Mente, a questo punto, dovrebbe essere quello di (probabilmente) modulare i meccanismi epigenetici generando adattamenti e resilienza, in maniera da riportare in equilibrio il sistema di base (la danza dei quark);
  • se la crescita (psicofisica) di ognuno di noi appaga corretti principi di maturazione, prevale la voglia di continuare questa avventura (Eros), altrimenti inizia a prevalere il ritorno ad uno stato inanimato di materia (Thanatos) per, metaforicamente, avere una nuova possibilità, attraverso la ripartenza da una sorta di brodo primordiale ipotizzato dal grande Fisico Stephen Hawking, nella sua “Teoria del Tutto”.

Da molti anni, esperti internazionali e soprattutto (il ché non accade sovente, purtroppo) italiani, hanno approfondito il rapporto di comunicazione fra i vari settori vitali del nostro organismo cercando di capire cosa anima la vita intracellulare.

Ne è scaturita una branca di approfondimento che ha preso il nome di Psiconeuroimmunoendocrinologia, che ha potuto osservare l’instaurarsi di suggestive realtà, in cui inquadrare la “grande connessione” fra organi ed apparati, (principalmente Sistema nervoso, Apparato Endocrino e Sistema Immunitario) attraverso delle molecole di emozioni rappresentate da neuropeptidi ormoni e citochine.

“Professor Kernberg, può indicarmi il senso della vita?

Certo, dott. Manfred Lutz: Lavorare e Amare, generando motivazioni per utilizzare le risorse di cui disponiamo per riuscire ad appagare quello che riteniamo importante, nel rispetto della nostra solitudine ma senza dimenticarci degli altri”

Per provare a semplificare il discorso, vorrei “rappresentare” un brano tratto dal libro di Luciano de Crescenzo “Storia della filosofia greca” in cui. l’autore, fa dissertare Tonino Capone, filosofo elettrauto napoletano, sulla saggezza del vivere.

“La vita quotidiana” dice Tonino “è come il Monopoli: all’inizio ogni giocatore riceve dal banco ventiquattro gettoni di libertà, un gettone per ogni ora del giorno. Il gioco consiste nel saperli spendere nel modo migliore.”.

Ci troviamo in una piazzetta del Vomero: è l’una di notte, non c’è più nessun cliente, il locale sta per chiudere. ‘O maresciallo, il proprietario, fa i conti dietro la cassa. Due camerieri girano fra i tavoli e ammucchiano per terra tovaglie sporche da consegnare alla lavanderia. A un tavolo d’angolo, davanti a tre tazzine di caffè, siamo rimasti seduti io, Tonino e Carmine, il cameriere anziano della pizzeria.

“noi per vivere” dice Tonino “abbiamo bisogno di due cose: di un po’ di soldi, per essere indipendenti dal punto di vista economico, e di un po’ di affetto, per superare indenni i momenti di solitudine. Queste due cose però non le regala nessuno: te le devi comprare e te le fanno pagare a caro prezzo con ore e ore di libertà. I meridionali, per esempio, sono portati a desiderare il posto sicuro, lo stipendio fisso tutti i ventisette. Non dico che si tratti di un mestiere stressante, tutt’altro, però in termini di libertà l’impiego è un impegno tra i più costosi che esistono: otto ore al giorno significano otto gettoni da pagare, senza considerare gli straordinari e un eventuale secondo lavoro. E veniamo all’amore: anche in questo caso l’uomo si orienta per una sistemazione di tutto riposo, si trova moglie e spera di ottenere da lei quello stipendio affettivo di cui sente il bisogno. Pure questa soluzione ha il suo costo: nella migliore delle ipotesi sono altre ore di libertà che vanno a farsi benedire. La moglie ha aspetta il marito che appena finito l’orario di ufficio e lo sequestra. A questo punto facciamoci i conti: otto ore per il lavoro, sei per la moglie, ne restano ancora dieci e bisogna dormire, lavarsi, mangiare e andare su e giù con la macchina tra la casa e il posto di lavoro.”

Questo video riassume, semplificandoli, i contenuti finora espressi, offerti con una delicata base musicale. Buona “degustazione”

Ricordando a me stesso che la vita è sempre importante (non soltanto quando è attraente ed emozionante ma, anche, se si presenta inerme e indifesa) vi do l’arrivederci al prossimo incontro, che avrà per titolo: “salute e malattia, nella Società del Post Covid”

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