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Ci sta lasciando la generazione di ferro, per fare posto alla generazione di cristallo.

“Era la generazione che, senza aver mai studiato, ha educato i suoi figli.

Quella che, nonostante la mancanza di tutto, non ha mai permesso che mancasse l’indispensabile in casa.

La generazione che, ai figli, ha insegnato tutto ciò che è importante, a cominciare dall’Amore e dal Rispetto.

Stanno morendo quelli che potevano vivere con pochi lussi senza, per questo, sentirsi frustrati.

Quelli che hanno lavorato da giovanissimi e ci hanno insegnato il valore delle cose, non il loro prezzo.

Muoiono quelli che hanno attraversato mille difficoltà e, senza mai arrendersi, ci hanno mostrato come vivere con dignità.

Quelli che, dopo una vita di sacrificio e stenti, se ne vanno con le mani callose ma con la fronte alta.

Sta morendo la generazione che non si è fermata davanti alla paura.

Sta morendo la generazione che ci ha donato, sostanzialmente, il segreto della vita”.

Cari Lettori, le riflessioni sopra riportate possono rappresentare il Pensiero di chi, come noi, ha visto all’opera chi si è rimboccato le maniche dopo le due Guerre Mondiali e ha contribuito alla nascita di un Paese, l’Italia, capace di diventare “traino” economico e rendendo la valuta corrente degli anni sessanta del secolo scorso degna del premio chiamato “oscar delle monete”, per ben due volte (nel 1959 e nel 1964)

E, poi, è successo che, gradualmente, dei genitori del tempo che fu è “evaporata” quella autorevolezza che consentiva (e costringeva) i propri figli a crescere nel solco delle regole, avendo chiara la responsabile necessità di offrire il proprio impegno, in cambio dell’ottenimento di beni e servizi.

Evidentemente, i nostri Padri e le nostre Madri pur capaci di sacrificare una intera esistenza, essendo a loro volta figli di una Società fortemente autoritaria, non hanno potuto piantare i semi di una crescita autonoma, nelle generazioni che, man mano si sono succedute.

È mancato, in sostanza e su larga scala, quell’elemento che avrebbe consentito di volare, come alianti nel vento, senza la necessità di essere continuamente assistiti dall’aereo “madre”.

Cos’è che rende un Essere Umano, veramente degno di tale nome?

Probabilmente, il suo grado di civiltà che sgorga, naturalmente, dai meandri della propria anima quando, questa, è intrisa di conoscenza.

È la Cultura, infatti, intesa nelle sue molteplici sfaccettature, che consente ad ognuno di affermare le proprie idee senza bisogno di ricorrere all’uso della forza o della violenza. 

La vita ci spezza tutti, solo alcuni diventano più forti, nei punti in cui si sono spezzati! (Ernest Hemingway).

Ma cosa occorre perché si riesca ad abbeverarsi all’inesauribile fonte del sapere?

È necessario percorrere il difficile sentiero della ricerca, quella interiore prima, per capire realmente se stesso e quella esteriore poi, per consentire di valutare con maggiore consapevolezza la sua fase “transitoria”, il suo breve passaggio terreno, le interazioni che avvengono tra gli esseri umani e tra questi e il Mondo.

Sembrano concetti al limite della comprensione ma, se li facessimo veramente nostri, se li riconducessimo nella sfera della nostra quotidianità, allora potremmo sperare veramente in un futuro migliore, fatto di maggiori certezze e concrete sicurezze.

Il prof. Vittorino Andreoli, psichiatra di fama internazionale, ha individuato quattro aspetti critici che condizionano la vita di noi cittadini, legati ad un problema di carenza maturativa:

  • il masochismo strisciante;
  • l’individualismo spietato (a scapito degli altri);
  • la rappresentazione di sé lontano da canoni di realtà;
  • il passivismo in attesa del Deus ex machina (qualcuno che ci tolga le castagne dal fuoco).

Questa sintomatologia diventa “necessaria” dal momento che finisce col coprire le carenze del rapporto con sé stessi e l’analfabetismo emotivo che ci rende difficili i rapporti con gli altri.

I legami sono stati sostituiti dalle “connessioni”. Mentre i legami richiedono impegno, “connettere” e “disconnettere” è un gioco da bambini. Le emozioni passano, i sentimenti vanno coltivati. (Zygmunt  Bauman)

Ecco che, il masochismo fa rima con “vittimismo” (scaricando la responsabilità dei propri fallimenti su fattori lontani da noi); l’individualismo spietato serve a superare chi temiamo che possa essere migliore di noi, e giustifica il mancato raggiungimento dei suoi obiettivi; la creazione di una “maschera” con cui apparire quelli che non siamo ci evita il confronto con una realtà che riteniamo più dura della nostra capacità di resistenza; il passivisimo attendista evidenzia il permanere dell’immaturità adolescenziale.

Risolvere situazioni così critiche non è cosa agevole… ma, perché ciò avvenga, è assolutamente necessaria la saggia e auspicabile interazione tra le due maggiori componenti formative dell’individuo: la Famiglia e la Scuola.

Il valore delle parole non sta in ciò che racchiudono, ma in ciò che liberano. (G. A. Livraga)

Qualcuno ha scritto che “un popolo è maturo quanto è matura la sua Scuola”: ecco, allora, trovata la risposta per chi s’interroga sulla profonda crisi che attraversa il nostro popolo che ha vissuto momenti di gloria ma che, oggi si trova, invece, a brancolare nei meandri del buio e dell’ignoranza.

Ma, questa, non può essere l’unica risposta ad una crisi così profonda.

Studiare senza pensare, non serve a nulla. Pensare senza studiare… è pericoloso! (Leonardo da Vinci)

Come spesso accade, la risposta è vicina: bisogna solo saperla cercare. 

La Famiglia, questa importante cellula, fondamentale elemento di ogni Società cosiddetta civile, ha smarrito la propria identità formativa, consentendo troppo spesso una pericolosa inversione di ruoli al suo interno, minando i propri equilibri e portando a conseguenze disastrose. Individuate le due principali cause delle difficoltà che attualmente inficiano la nostra Società, allora bisogna cercare d’intervenire con competenza e decisione per tentare seriamente di porre un rimedio concreto e definitivo.

Sostanzialmente, all’interno della Famiglia si dovrebbe realizzare e concretizzare il percorso di solidificazione, di appartenenza, di acquisizione di regole e valori e di autonomizzazione nel rispetto di sé e degli altri.

Mediante il passaggio nelle aule della Scuola, ci si “educe” nei confronti dei potenziali custoditi, i quali rappresentano i germi del nostro “inconscio collettivo” che, partendo dal Passato, ci proiettano verso il Futuro.

Il vivere quotidiano ci dice, però, come tutto questo sia piuttosto difficile da realizzare.

Ognuno difende con le unghie e coi denti le proprie abitudini e il proprio “vuoto” e non consente aperture di alcun titolo agli altri.

Vangelo, per chi la pensa così,  è parola priva di significato vuota e gli altri, quelli  che richiedono attenzione, sono considerati con fastidio. Difficile dare una mano in questa crisi.

La Famiglia non riesce ad essere attrattiva ed educativa.

La Società (o meglio: la Politica) parla ma non agisce realmente.

In pratica, solo il Pontefice sembra intercettare il bisogno che è in noi e a porre al centro di tutto, il pianeta “Essere Umano” nella sua unicità.

E la scuola? Che fa la scuola? Ha, certo, il grande compito di rendere migliori i giovani.

Nel Sistema, un ruolo base è giocato dagli insegnanti.

Come ha scritto, giorni fa, Massimo Recalcati, gli insegnanti sono la luce. La Scuola non solo luogo di informazione, ma luogo insostituibile.

Chi insegna, deve testimoniare il suo impegno. In tal modo il giovane è attratto da qualcosa di vivo e palpitante. Non c’è separazione tra effetti educativi di una formazione e quelli cognitivi di una istruzione.

Educazione e istruzione sono due facce della stessa medaglia.

Socrate riteneva che la conoscenza fosse un antidoto per ogni male.

È sufficiente conoscere per agire bene perché, se si conosce davvero, non si può non agire bene.

Per l’illustre Filosofo, chi agisce male, più che malvagio, deve essere definito ignorante. È il suo non conoscere che lo porta a sbagliare.

Chi compie atti nefasti, secondo questa visione, non lo fa con la volontà di fare il male per il male, ma agisce ritenendo che, quel male che fa ad altri, sia in realtà un bene per lui. Non fosse altro che per proiezione o spostamento dell’odio verso sè stesso.

Resta il fatto che, i giovani, solo vivendo in un ambiente educativo possono pian piano leggere dentro se stessi e avviarsi a scrivere la propria storia.

Anche il ragazzo più vicino alle sfaccettature “antisociali” finisce con l’essere toccato e affascinato dagli esempi di vita.

I veri maestri non hanno scritto nulla. Parliamo di Socrate, Budda, Confucio e Gesù. Sono i loro discepoli che hanno tramandato le loro parole e i loro insegnamenti.

A distanza di millenni, questi Maestri ci parlano “dentro” perché avvertiamo che dietro le parole ci sono i corretti comportamenti.

È l’immagine coerente di una vita che ci affascina e ci spinge ad essere migliori.

Solo dopo aver raggiunto questi obiettivi si potrà sperare in classi dirigenti in grado di svolgere al meglio il proprio compito, in grado di dirigere e amministrare saggiamente e onestamente il nostro Paese, attualmente alla deriva.

Solo dopo essere andati oltre questo muro di difficoltà, si potrà riacquistare la nostra dignità di popolo: un popolo finalmente onesto e scevro da quegli ideali scorretti e pericolosi che non conducono ad altro, se non al dolore della Melanconia o agli eccessi del Borderline

E ben venga la contestazione giovanile che, di fatto, rappresenta un importante passaggio nel senso della “separazione” e “individuazione” e che consente il passo in avanti rispetto all’inerzia del “vecchio”.

Figliolo, ti dirò una cosa: la vita per me non è stata una lunga scala di cristallo. Ha avuto chiodi, e schegge, e tavole sconnesse e tratti senza tappeto: nudi.

Ma sempre continuavo a salire: raggiungendo un pianerottolo, svoltavo un angolo e certe volte entravo nel buio dove non c’era la luce.

Perciò, figliolo non tornare indietro. Non fermarti sugli scalini perchè ti è faticoso andare. Non cadere, adesso… perchè io continuo ancora, ancora mi arrampico: la vita per me non è stata una scala di cristallo…” (Langston Hughes)

Il senso dell’immagine di copertina rappresenta il principio di sinergia grazie al quale esiste l’intero Universo e che, per il consesso dei viventi senzienti, si trasforma nell’obiettivo di una crescita condivisa perché, “il miglior riconoscimento per la fatica fatta, non è ciò che se ne ricava ma, semmai, ciò che si diventa, grazie ad essa”.

Ken Carter è un ex giocatore di basket che, dopo il ritiro, accetta l’offerta di allenare gli allievi di una scuola “difficile” a condizione che, questi ragazzi antepongano il valore dello studio a quello degli allenamenti sportivi. Questo obiettivo di trasformare degli “emarginati” in cittadini esemplari e “liberi dalle paure del ghetto” viene paradossalmente contestato dai genitori e da molti rappresentanti del corpo docente.

Ma, il finale, riserva una sorpresa…

Da questa storia vera, è nato un interessante film del 2005, interpretato da Samuel L. Jackson.

Cari Lettori, l’augurio con cui vogliamo accomiatarci quest’oggi è quello di riscoprire, in ciascuno di noi, la capacità di contaminazione positiva di Coach Carter.

Buona visione

LA NOSTRA PIU’ GRANDE PAURA

“Signor Carter, è sicuro di volerlo fare? Spesso abbiamo avuto opinioni contrastanti ma lei ha fatto un lavoro così importante con questi ragazzi, che mi sembra inopportuno che vada via!”

“Senza offesa, Preside, ma tutto il lavoro fatto, è stato vanificato quando hanno interrotto la serrata. Il Consiglio ha mandato un messaggio molto chiaro: vincere partite di basket, è molto più importante che diplomarsi e andare al college. Mi dispiace, io non approvo questo messaggio.”

“Hanno tolto la catena dalla porta. Ma non possono obbligarci a giocare. Abbiamo deciso di finire quello che lei ha cominciato, Signore. Perciò, ci lasci lavorare, abbiamo un bel po’ di cose da fare coach!”

“La nostra più grande paura non è quella di essere inadeguati. La nostra più grande paura è quella di essere potenti al di là di ogni misura. È la nostra luce, non la nostra oscurità che più ci spaventa. Agire da piccolo uomo non aiuta il mondo, non c’è nulla di illuminante nel rinchiudersi in se stessi così che le persone intorno a noi si sentiranno insicure. Noi siamo nati per rendere manifesta la gloria che c’è dentro di noi, non è solo in alcuni di noi è in tutti noi. Se noi lasciamo la nostra luce splendere inconsciamente diamo alle altre persone il permesso di fare lo stesso. Appena ci liberiamo dalla nostra paura la nostra presenza automaticamente libera gli altri. Signore, volevo solo dirle grazie. Mi ha salvato la vita!”

“Grazie a voi, signori. A tutti voi!”

“La speranza ha due bellissimi figli: lo sdegno e il coraggio. Lo sdegno per la realtà delle cose; il coraggio per cambiarle” (Sant’Agostino)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la preziosa collaborazione 

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