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Mi ritrovo al crocevia di una vita vissuta senza avere la percezione di aver perso niente delle cose più importanti. O meglio, di non aver rinunciato.

Incontro per un istante i suoi occhi trasparenti e mi perdo nell’intensità di uno sguardo profondo e denso di dolcezza. Ancora una volta riesco a vedere il dolore fra la gentilezza, la giovane vitalità che lo accompagna, la solitudine che riveste le sue giornate.

Fra il chiassoso rumore del traffico pomeridiano, cerco di infiltrarmi dentro gli animi. Lui si ferma e mi lascia passare. Rimane un po’ fra il sorpreso e forse il ricordo. Provo una grande emozione ovattata da un leggero imbarazzo, come quando conosci bene il valore delle cose e riesci a cogliere gli stati d’animo di chi si trova, per un momento della vita, fra le onde, in alto mare.

 

Mi guardo indietro in questo giorno di ricordi e provo un brivido pensando a quanto tempo che è passato. Dedico il mio pensiero al desiderio più intenso che vorrei rivivere e mi ritorna nelle mani la sua, più grande che mi accoglie e mi guida per le strade, fra gli sguardi divertiti della gente e forse anche un po’ gelosi…

Rilasso per un istante e cerco di fermare il mio pensiero. Forse è vero che la percezione rende schiavi! Ti dà la possibilità di vedere oltre ma non ostacola l’onda di comprensione che a volte è meglio non cavalcare.

Una riga dopo l’altra viene fuori la storia di una vita intera che non ha chiesto di essere scritta, né tantomeno di essere smontata per poter meglio essere capita. Torna indietro e mi ritrovo fra le dita un qualcosa che freme e va alimentato.

È fuori dalle leggi di Natura ostacolare e bloccare l’impulso, quello che ti fa pulsare il sangue nelle vene, che accelera il battito del cuore, che dà la prova certa dell’esistenza della vita.

Non mi rassegno né abbraccio la delusione. Vado avanti fino a che non vedo scritto con la penna del dolore la parola che mette fine ad una storia troppo lunga e forse infinita.

Quest’oggi, questo insolito inizio di calda stagione lo dedico alla riflessione delle parole che conducono ai concetti.

Provo a sbrogliare afferrando il capo della matassa che per primo si presenta alle mie mani e lentamente, per una volta senza fretta, cerco di immergermi nei fondali dell’anima, osservando dappertutto ed in ogni direzione, facendo attenzione a che nulla sfugga, inseguendo l’odore della percezione.

Vorrei…, il mio desiderio più intenso…, la linearità e la chiarezza dentro di me. Senza inutili giri di parole, accavallamenti nell’anima che conducono a percorsi tortuosi e che confondono. Per una volta, anche solo una, mi piacerebbe alzare lo sguardo e trattenerlo, senza fuggire come a voler volare. Sarà per questo che amo correre…

 

Vivo.

Camminando fra i percorsi del mattino, fra i pensieri della mente, ancora una volta incontro la spontaneità e…me ne innamoro. Senza rifletterci mi lascio catturare respirandone il profumo, spalanco le braccia aspettando di “sentire” quello che ritorna a me. In fondo, il tempo… non è importante consumarlo per impegnarlo, né tantomeno doverlo trascorrere col timore di sprecarlo. Va vissuto, soltanto e semplicemente nel rispetto delle leggi di Natura e di se stessi. E dei propri desideri.

Spesso mi chiedo se tanto intensamente sfruttare la percezione possa servire ad avanzare verso la via che conduce alla pace, all’armonia con se stessi, al non farsi prevaricare dalle paure.

Già le paure…

Nello stesso istante in cui con la fase di massima libertà sono proiettata verso l’infinito, mi ritrovo ingabbiata dentro ed in una trappola che, ammetto, ho costruito con le mie stesse mani ma, inconsapevolmente. Come una fitta rete la cui trama non lascia passare molto se non che la sensazione di profondità che vive solo se si riesce a penetrare.

 

“…ma, nonostante tutto, non bastava l’energia che naturalmente alimentava ogni manifestazione di espressione della sua vita. Era alla ricerca di qualcosa che potesse riempire il vuoto che la circondava, che non riusciva in alcun modo a colmare…”

“…e così pensò che la cosa migliore da fare fosse quella di lasciare la porta aperta, anzi leggermente socchiusa, per sempre aspettando…”

Come spesso mi succede alla fine di una riflessione come questa mi viene in mente una canzone di cui solitamente allego il testo. Questa volta “sento” un pezzo che è solo musicale, tratto da “The Koln concert” Keith Jarrett, piano, Part I”. Vi invito ad ascoltarlo.

Fernanda (15 Giugno 2009)