Pubblicato su Lo SciacquaLingua
Buona parte degli operatori dell’informazione – quelli usciti dalla scuola di oggi, in modo particolare – sono completamente all’oscuro delle leggi che regolano l’uso corretto dei segni d’interpunzione: li mettono a caso.
La colpa, come dicevamo, è probabilmente della scuola che ha abdicato del tutto al suo compito primario: quello di formare, anzi di “inculcare” nei giovani la cultura della lingua. Premesso che l’uso della punteggiatura – della virgola in particolare – è affidato al buon senso e al gusto di chi scrive, vi sono delle precise norme, però, che devono essere rispettate; non si possono adoperare le virgole come se fossero del sale; racchiuderle in una “virgoliera” e poi spargerle dove capita: Pasquale, (virgola) lavorava instancabilmente.
Vediamo, quindi, per sommi capi e sforzandoci di non cadere nella pedanteria, l’uso corretto della virgola nel corpo della frase e del periodo.
La virgola, innanzi tutto, viene – come il solito – dal latino “virgula”, diminutivo di “verga”, vale a dire “bastoncino” in quanto gli amanuensi (la stampa non era stata ancora inventata) la rappresentavano con una lineetta segnata obliquamente e stava a indicare (e indica tuttora) una brevissima pausa. Questa “pausa” (la virgola) deve essere segnata obbligatoriamente (in questi casi, quindi, non c’entra il gusto di chi scrive):
- nelle enumerazioni e negli elenchi per dividere aggettivi, nomi e avverbi indicati l’uno dopo l’altro: erano presenti tuo padre, tuo cugino Luciano, tua cognata Marta;
- prima e dopo il vocativo: per cortesia, amici, un po’ di silenzio!
- prima e dopo i complementi che sono spostati nell’ordine naturale della proposizione: riportò tutto, con la massima sincerità, ai suoi diretti superiori;
- per separare le proposizioni coordinate per “asindeto” (vale a dire con una virgola, per l’appunto): entrò come una furia, ci insultò, ci picchiò, e se ne andò.
A questo proposito è giunto il momento di sfatare un “pregiudizio” – duro a morire – che alcuni insegnanti (sostenuti da “sacri testi” non degni di circolare “a piede libero” nelle scuole) inculcano nei loro allievi: prima e dopo la congiunzione “e” non si deve mettere la virgola.
Costoro – e i loro accoliti – gentili amici, bestemmiano!
Come bestemmiano tutti coloro che non accentano – altro “pregiudizio scolastico” – il pronome sé quando è seguito da stesso o medesimo.
Ma non divaghiamo e torniamo alla congiunzione “e” che accetta o respinge la virgola a seconda dei casi. E’ necessario distinguere, infatti, la funzione della “e”. Se questa, cioè la “e”, ha valore di copula, vale a dire di congiunzione vera e propria, rifiuta categoricamente – e la cosa ci sembra ovvia – la virgola: vino, pasta e carne. Se la “e”, invece, è un semplice rafforzativo ‘accetta’ la virgola in quanto quest’ultima dà alla frase una certa enfasi: e viene, e ritorna, e riparte; e tre, e quattro, e cinque! Per concludere: la congiunzione “e” non respinge la virgola “a priori”.
“Z”, semplice o doppia?
Le parole che al loro interno contengono una “z” sono sempre causa di dubbi amletici. Perché, per esempio, “pazzia” ha due “z” e “direzione”, invece, una sola?
Si ha doppia zeta (zz) davanti a vocale semplice: corazza, pazzo. Si ha una sola zeta (z), invece, davanti a due vocali: azione, abbazia. Le eccezioni sono quasi inesistenti: razzìa e pochissime parole derivate da altre che al loro interno ne contengono due per la “regola” sopra citata: pazzia (da ‘pazzo’); corazziere (da ‘corazza’).
A cura di Fausto Raso (4 febbraio 2005)
Giornalista pubblicista, laureato in “Scienze della comunicazione” e specializzato in “Editoria e giornalismo” L’argomento della tesi è stato: “Problemi e dubbi grammaticali in testi del giornalismo multimediale contemporaneo”). Titolare della rubrica di lingua del “Giornale d’Italia” dal 1990 al 2002. Collabora con varie testate tra cui il periodico romano “Città mese” di cui è anche garante del lettore. Ha scritto, con Carlo Picozza, giornalista di “Repubblica”, il libro “Errori e Orrori. Per non essere piantati in Nasso dall’italiano”, con la presentazione di Lorenzo Del Boca, già presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, con la prefazione di Curzio Maltese, editorialista di “Repubblica” e con le illustrazioni di Massimo Bucchi, vignettista di “Repubblica”. Editore Gangemi – Roma.