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Cammino sulla spiaggia bagnata dei miei dolori. Il rumore dell’acqua si scaglia contro il muro dei pensieri. Un po’ alla volta, si infiltra lentamente scavando e trovando strada, a raggiungere un istante di freschezza in un momento di grande sconforto.

 Emozioni. Il calore si accende, si apre in un tumulto di sensazioni che prendono vita da un rivolo, alimentato nella discesa e arricchito dalle potenzialità della Natura. Arriva a valle scivolando, adagiandosi sul letto e lasciandosi andare.

 Cosa ho descritto?

Ho provato a dare vita ad una emozione con la penna. È un qualcosa che si “sente” e non si tocca con le mani. La conosco molto bene, l’ho studiata, riflettuta, smontata fin nei pezzi più piccoli ed infine l’ho compresa.

 Qualche cosa sfugge dalle mani e mi scivola davanti. Solo un battito di ciglia e si attira l’attenzione, colgo il sorriso dietro gli occhi, una luce nello sguardo in un momento di sollievo.

Posso intravedere con chiarezza anche se non trovo innanzi l’apertura della mente che mi da la sicurezza. Ma, a volte, è più importante percepire e non provare. Ciò colora di spontaneità il grigiore che riveste la rigidità delle relazioni che legano e obbligano spesso gli esseri umani.

 Quando il tutto si imprime dentro e fotografa lo specchio delle mie sensazioni, è veramente difficile che io possa tornare indietro sui passi, nulla facilmente riuscirà a convincermi. Mi sento come se avessi in mano la verità, come se un raggio accecante di luce irrompesse nel bel mezzo di una lunga notte buia senza luna, ma costellata da un tappeto infinito di stelle brillanti, che, col loro perdurare, sostengono e incoraggiano.

Non riesco a fare distinzione. Nonostante sono attratta, mi acceca la luce della verità, cerco disperatamente di spegnerla e fuggire, ma qualcosa mi trattiene. Potrà essere il dolore dell’istante o forse molto più semplicisticamente il desiderio che si insinua e non da tempo per pensare.

 Le parole? Sempre quelle…

 Non riesco, questa sera non riesco! È l’unico modo che posseggo di dare voce ai miei pensieri, di esprimere il sentire ma, questa volta, sono ferma ed isolata.

 La reazione contraria è immediata: corro a velocità elevata, le mie gambe mi sollevano da terra. Con un salto mi proietto fuori il mondo e non vedo nulla avanti a me, solo il sole in lontananza.

Pazienza (Gianna Nannini)


Ti giri e cerchi di parlare
Da quale sogno vuoi tornare
Da quale angolo lontano
Ombre a rincorrersi sul muro
Mi viene incontro il tuo profumo
E’ un mare calmo l’incoscienza
E ho bisogno di te
Pazienza
Che strani giorni amore
Si muovono le nuvole
Onde a toccare il cielo davanti a noi
Dammi le tue mani
Sei entrato senza far rumore
Hai preso tutte le parole
Ed hai sprecato ogni mia forza
Una rincorsa per le scale
Un’altra strada da sbagliare
Non ho mai fatto penitenza
Bastavi tu
Pazienza
Che strani giorni amore
Si cercano le nuvole
Onde a bucare il cielo davanti a noi
Prendimi le mani
Che strani giorni amore
Si cercano le nuvole
E darsi tutto e farsi male
E andare a fondo, a fondo per cercare
Svegliati, sali su, fino a me
Brilla già in ogni via la tua luce
Chissà se avremo un’occasione
Ancora un cambio di stagione
Io benedico la tua assenza
Beata me
Pazienza
Che strani giorni amore
Leggeri tra le nuvole
E resta addosso il male e il bene
Nascondo tutto, tutto nelle vene
Come sorridi tu, nessuno
Come mi guardi tu, nessuno
Oltre satelliti e aquiloni, seguirti ancora
Arriverà domani
Splende già in ogni via quella tua luce

 Con tutta me stessa mi sento parte di un qualcosa che non ho ancora ben compreso, come va collocato, incasellato, prima nei cassetti delle emozioni, poi, da lasciare andare e disperdere nell’aria, oppure da “curare” in ogni angolo affinché si trasformi in affetto da nutrire.

 Il dolore, quanto ne ho scritto e riflettuto. Ogni volta lo si vive come fosse sempre nuovo, pur avendolo provato. Ma…, non è questo il mio “sentire”. Questa volta va al di là di me stessa, dei pensieri più profondi e personali, sfiora l’emozione, quella vera, e trascinandomi in un vortice di inquietudini mi rende impotente di fronte l’evidenza. E ci soffro.

 Vorrei tornare!

È come se avessi viaggiato in una dimensione irraggiungibile agli altri, all’interno di un valore difeso con le unghie, protetto dal potere della conoscenza. E, senza volerlo, questo ha creato un muro intorno a me, alla mia persona e…ai miei sentimenti.

 Senza più nascondermi spalanco la porta delle mie difficoltà e lascio che entri la forza curativa. Con attenzione ed introspezione, come ho imparato.

 Ma…, un dubbio mi pervade. Da dove nasce la verità?

 Tenerezza, avevo dimenticato come in questo modo si possa provare!

Spugna che assorbe senza voler, ancora una volta, capire il perché di certe cose. Mi lascio andare anche se la confusione increspa e toglie limpidità ai momenti. Per un istante la sensazione offusca, ritorna il sorriso a illuminare.

Fernanda (18 aprile 2009)