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Preghiera a Dio – Voltaire

“Non più dunque agli uomini mi rivolgo ma a te, Dio di tutti gli esseri. […] Tu non ci hai dato un cuore perché ci odiamo e mani perché ci sgozziamo; fa’ che ci aiutiamo l’un l’altro a sopportare il fardello di una vita penosa e passeggera. […] Che coloro che accendono ceri in pieno mezzogiorno per celebrarti, sopportino coloro che si accontentano della luce del tuo sole; che coloro che coprono la loro veste con una tela bianca per dire che bisogna amarti non detestino coloro che dicono la stessa cosa sotto un mantello di lana nera; che sia uguale adorarti in un gergo che deriva da una lingua morta, o in uno più nuovo; che coloro il cui abito è tinto di rosso o di viola, che dominano su una piccolissima parte di un piccolo mucchio di fango di questo mondo, e che posseggono alcuni frammenti arrotondati di un certo metallo, godano senza orgoglio di ciò che essi chiamano “grandezza” o “ricchezza”, e che gli altri li guardino senza invidia: poiché tu sai che in queste cose vane non vi è né di che invidiare, né di che inorgoglirsi. Possano tutti gli uomini ricordarsi che sono fratelli. Che essi abbiano in orrore la tirannia esercitata sugli animi, così come hanno in esecrazione il brigantaggio che strappa loro a forza il frutto del lavoro e dell’industria pacifica. Se i flagelli della guerra sono inevitabili, non odiamoci, non dilaniamoci gli uni gli altri quando regna la pace, e impieghiamo l’istante della nostra esistenza per benedire egualmente, in mille lingue diverse, la tua bontà che ci ha dato questo istante”.

La pace richiede quattro condizioni essenziali: verità, giustizia, amore e libertà. (Papa Giovanni Paolo Secondo)

Nel 1952, Roberto Rossellini dirige Totò in un travagliato racconto che espone il dramma di un modesto barbiere il quale, (poco dopo la fine della seconda guerra mondiale), viene scarcerato dopo una lunga detenzione inflittagli per aver ucciso la moglie per gelosia.

Una volta “fuori” però, scopre una Società corrotta e amorale. Dopo aver capito di essere stato, addirittura indotto all’uxoricidio dai parenti della moglie stessa (che si sono serviti di lui per loschi traffici) fa di tutto per riuscire a tornare in galera (unico posto in cui si sente “libero” e al sicuro) e, addirittura, a farsi condannare all’ergastolo.

Cari Lettori, Partendo dalla definizione dei dizionari della lingua italiana, secondo cui il termine “libertà” equivale alla “Condizione di chi è libero di pensare ed agire in piena autonomia”, proviamo a domandarci, in questo particolare periodo storico: ma cos’è la Libertà?

Ho cercato la libertà, più che la potenza, e questa solo perché, in parte, assecondava la prima (Marguerite Yourcenar).

Libertà, trae la sua radice etimologica dal Latino ed equivale alla condizione di fare ciò che piace e che fa star bene. Partendo da questo assunto, quando possiamo affermare, di riuscire a determinare una simile e, paradossalmente semplice condizione esistenziale?

Con molta probabilità, ogni volta che siamo stati in grado di capire la Natura per poterne seguire le regole. Forse non è indispensabile comprendere a pieno l’importanza del posto che occupiamo in quella scala gerarchica che governa l’Universo per potere, disciplinatamente, evitare disastri e contribuire al benessere di ogni forma vivente.

Però, è vero che, se non conosciamo noi stessi, è inutile (e controproducente) provare a conoscere il Mondo che ci circonda

Ciascuno di noi è, in verità, un’immagine del grande gabbiano, un’infinita idea di libertà, senza limiti. (Richard Bach)

L’Umanità ha subito, sulla propria pelle, tutti i limiti e la fatica di un processo evolutivo (non ancora terminato) che ha prodotto, accanto a validi risultati, anche grandi privazioni di libertà relative. Però, con molta probabilità, è stata la Società industriale, con l’introduzione della catena di montaggio (per produrre, alla svelta, sempre più oggetti mettendo insieme le singole parti) a portare a considerarci come un agglomerato di pezzi, senza più quella forza “divina”, in grado di animarci e di condurci, in maniera sensata, per tutto l’arco esistenziale.

“Non insegnate ai vostri figli ad adattarsi alla Società, ad arrangiarsi con quel che c’è, a fare compromessi con quel che si trovano davanti; dategli dei valori interiori con i quali possano cambiare la società e resistere al diabolico progetto della globalizzazione di tutti i cervelli. Perché la globalizzazione non è un fenomeno soltanto economico ma anche biologico, in quanto ci impone desideri globali e comportamenti globali che finiranno per indurre modifiche globali nel nostro modo di pensare. Il mondo di oggi ha bisogno di ribelli, ribelli spirituali”. (Tiziano Terzani)

Forse è da allora, quindi, che abbiamo barattato la libertà, per puro egoismo materialistico e abbiamo perso considerazione di noi, alla ricerca di un profitto senza valore.

Come può, infatti, essere importante qualcosa (ad esempio, il potere o il denaro) che ci priva della libertà e del tempo di poter curare valori come: famiglia, ricerca del senso della vita, amicizia, solidarietà e quanto altro ci delinei un corretto vivere?

Date valore alla vostra libertà, o la perderete. E’ questo che ci insegna la Storia (Richard Stallman).

“Anche in un periodo di grave crisi è evidente che, se diventasse decisivo un approccio meramente finanziario alla salute, la Società perderebbe quel livello di umanità che deve assolutamente avere per non diventare ingiusta e peggio disumana”. Sono le affermazioni del Cardinale Angelo Bagnasco, già  Presidente del Consiglio delle Conferenze dei vescovi d’Europa. Datate ma “tremendamente” attuali.

“La malattia – continua Bagnasco – non si risolve eliminando il malato, ma curandolo e accompagnandolo, sapendo che la malattia più temuta e il dolore più grande sono la solitudine e l’abbandono. Quando una società s’incammina verso la trascuratezza della vita debole o peggio verso la sua negazione, seppure mascherata con belle parole e nobili intenzioni dichiarate, finisce per non trovare più le motivazioni e le energie necessarie per adoperarsi al servizio del vero bene dell’uomo “.

Chi è pronto a dar via le proprie libertà fondamentali per comprarsi briciole di temporanea sicurezza non merita né la libertà né la sicurezza. (Benjamin Franklin)

Eppure accade anche questo. Qualche tempo fa, un signore di nome Giuseppe Revelli, malato di cancro al polmone, scrive una lettera aperta al direttore del Corriere della Sera sul tema dei costi delle terapie a carico dello Stato. Il paziente (allora cinquantanovenne) combatteva da quattro anni contro seri problemi di salute quando, ad un certo punto, sui suoi referti viene stampato il costo delle terapie a carico della Regione Lombardia.

“Sono in attesa di essere chiamato per iniziare un ciclo di radioterapia panencefalica – spiegava Revelli – che, al momento, non so ancora quanto costerà alla comunità e di questo e per questo ringrazio e chiedo scusa anticipatamente a tutti. Vorrei però, se possibile, avanzare una piccola proposta: forse è corretto che i cittadini prendano coscienza di quanto ogni prestazione sanitaria pesi in realtà su tutta la comunità, però ritengo che ancor più utile sarebbe, sempre nel rispetto e nello spirito di coscienza e consapevolezza, se il Presidente, i membri della giunta e del Consiglio regionale tutto, allegato allo stipendio mensile, trovassero l’elenco dei cittadini (nome e cognome, quota parte, etc.) che per quel mese, con i propri contributi e sacrifici, hanno permesso che lo stipendio gli fosse regolarmente erogato. Questo, certamente, non per spirito di vendetta o per generare falsi sensi di colpa ma, semplicemente perché, non dico tutti i mesi, ma magari a dicembre, dopo la tredicesima, un pensiero e un semplice GRAZIE a tutti noi potrebbero anche dedicarlo”.

Cari Lettori, parafrasando un concetto di Elio Vittorini nel suo libro “Uomini e no”, potremmo dire che la conoscenza dei requisiti per lo sviluppo e la maturazione della Società, rappresenta un patrimonio che non è dell’uno soltanto ma dell’uno e di tutti; “un tale inestimabile valore deve costituire un momento di unità fra tutti, un’occasione di stare insieme, vivere insieme (ognuno nel rispetto dell’altrui spazio vitale), insieme lavorare e credere nell’avvenire”.

Ogni anno, in Italia, si celebra l’anniversario del 25 Aprile, una delle festività civili della Repubblica italiana, quella in cui si ricorda la fine dell’occupazione tedesca in Italia, del regime fascista e della Seconda guerra mondiale, simbolicamente concordata, appunto, per il 25 aprile 1945. La data venne stabilita ufficialmente nel 1949 e fu scelta, convenzionalmente, perché fu il giorno della liberazione da parte dei partigiani delle città di Milano e Torino, ma la guerra continuò per qualche giorno ancora, fino ai primi giorni di maggio.

Questa festa annuale è, chiaramente e simbolicamente, festa di liberazione. Bello sarà quando, finalmente, diventerà di ognuno e di ciascuno, di tutte le donne e di tutti gli uomini, persino di chi piegato da una solitudine imposta, costretto a una mera sopravvivenza.

Una festa tanto dei “vincitori” quanto dei “vinti” nel ricordo e nelle parole di Italo Calvino, Cesare Pavese e di tutti coloro che hanno “indossato” il peso delle verità che rendono, veramente e completamente, LIBERI.

Molto meglio dire male qualcosa di cui si è convinti che essere poeta e dire bene quello che vogliono farci dire gli altri. (Pablo Neruda)

Il senso di questa affermazione ci ricorda che, il Mondo ha sempre bisogno di poeti “liberi”. Per essere aiutati ad andare a fondo, nel guazzabuglio dell’animo umano, con parole di speranza e di futuro.

Anche la poesia più sconsolata e pessimistica – se è autentica poesia – apre alla vita e tinge l’orizzonte di un nero sempre meno nero.

Il poeta, scrive Pablo Neruda, vive l’esperienza poetica come una esperienza totalizzante e la sua produzione ha a che fare con la verità.

Non la verità del quotidiano e del prosaico ma quella che coinvolge le radici dell’uomo e la sua drammatica storia.

La poesia ci tocca “dentro” perché proviene dalle fibre più riposte di chi l’ha generata.

Sai quando si scrivono poesie? Quando non si sa più dove mettere l’Amore…

Se non si tiene sempre presente questo elemento, si va fuori strada e non si “incontra” nulla: “Quando la spieghi (ci ricorda Neruda) la poesia diventa banale, meglio di ogni spiegazione è l’esperienza diretta delle emozioni che può svelare la poesia ad un animo predisposto a comprenderla”.

Il poeta è sempre alla ricerca della verità, magari “scritta” male mentre rifiuta la musicalità falsa che ammalia e seduce e finisce con rendere “servile” l’uomo.

Il potere guarda sempre con grande diffidenza i poeti, anche quando parlano semplicemente di alberi e nuvole.

Il perché è presto detto.

Il potere mira a distruggere la spina dorsale dei sudditi e avverte che la poesia è invece l’elemento corroborante che apre alla speranza e promette un futuro di libertà e dignità, nel quale le catene dell’oppressione (in qualsiasi modo essa si manifesti) saranno divelte.

Pablo Neruda fu costretto a lasciare il suo Cile e a peregrinare per mezzo mondo.

Nell’esilio italiano visse a Procida e quel periodo è ricordato in modo indelebile nel film “Il postino “di Massimo Troisi nel quale Philippe Noiret caratterizza in modo sontuoso la figura del grande poeta cileno.

Il secolo passato, uno dei più catastrofici della Storia, ha visto grandissimi poeti fare da contrappunto a immani orrori.

Si può fare poesia dopo Auschwitz? Qualche grande intellettuale rispose di no, tanto era stato l’orrore.

Ma poi s’è capito che la poesia è necessaria e basilare, nonostante Hiroshima, perché è destinata ad accompagnare l’uomo nel suo fatale peregrinare: finché, come canta Foscolo, il sole risplenderà sulle sciagure umane.

Stiamo parlando di Poesia e, quindi, di Libertà.

In un tempo storico in cui la maggioranza dei votanti ha scelto, nel nostro Paese, di affidarsi a chi paradossalmente a volte attua comportamenti e propugna idee non dissimili da chi, “geneticamente” non amava la libertà e tra i “gioielli” di famiglia ostentava manganelli et similia, per onorare la memoria di chi è morto per la (nostra) libertà dobbiamo essere attenti e vigilanti perché la Costituzione venga difesa e tutelata. Non è “solo” un pezzo di carta ma, certamente, Vita e Sacrificio.

Ricordiamo l’emozione del film “Il Postino” con l’ultimo (e forse migliore) Massimo Troisi e riviviamo, ancora, alcuni dei passi più significativi di Pablo Neruda: “Un giorno, da qualche parte, in qualche posto, inevitabilmente ti incontrerai con te stesso. E questa, solo questa, potrebbe essere la più felice o la più amara delle tue giornate.

E se è vero (come sosteneva Otto von Bismark) che “da una stazione, non si partirà mai, per la libertà!” ci piacerebbe concludere questo editoriale di “Libertà” ricordando un bellissimo passo di Guillaume Apollinaire:

“Avvicinatevi all’orlo del burrone, disse loro.

Non possiamo, abbiamo paura, risposero.

Avvicinatevi all’orlo del burrone, ripetè,

Si avvicinarono…

Lui li spinse… e cominciarono a volare”.

Cari Lettori, le emozioni di Apollinaire ci mostrano la funzione del Padre come elemento di “spinta verso l’Infinito e oltre”…

il video conclusivo (tratto dalle musiche di Bachalov per “Il Postino” e cantato da Josh Groban), invece, è ispirato, simbolicamente al rapporto con chi ci ha generato in quanto simbolo, al tempo stesso, di “Madre” accogliente e ispiratrice del principio di Libertà, che aiuta ad andare oltre l’angoscia della solitudine, per respirare, finalmente, l’aria della Libertà.

Una lettera di addio che si riannoda alla preghiera iniziale, per trasformare ogni fine in un nuovo inizio.

MI MANCHERAI

Mi mancherai se te ne vai; mi mancherà la tua serenità

Le tue parole come canzoni al vento e l’amore che ora porti via

Mi mancherai se te ne vai, ora per sempre non so come vivrei

E l’allegria, amica mia, Va via con te

Mi mancherai, mi mancherai: Perché vai via?

Perché l’amore, in te, si è spento?

Perché, perché?

Non cambierà niente lo so. E dentro sento te

Mi mancherai, mi mancherai

Perché vai via?

Perché l’amore in te si è spento?

Perché, perché?

Non cambierà niente lo so. E dentro sento che mi mancherà l’immensità

dei nostri giorni e notti insieme, noi

I tuoi sorrisi, quando si fa buio

La tua ingenuità da bambina, tu mi mancherai amore mio

Mi guardo e trovo un vuoto dentro me

E l’allegria…

Amica mia…

Va via con te…

“La Libertà non consiste nel fare ciò che ci piace, ma nell’avere il diritto di fare ciò che riteniamo giusto. (Papa Giovanni Paolo Secondo)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per la collaborazione offerta

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