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E siamo di nuovo qua!

Fatico a trovare il solito calore legato al momento.

Me ne accorgo, come sempre, un attimo dopo, quando è già andato. Eppure sono tante le persone rientrate a me dal passato dei ricordi più belli. Quelli che non sai, nel momento in cui li vivi, essere i più belli. Per sempre.

Un passo avanti e due indietro.

Per la prima volta mi ritrovo a camminare in una nuova città e provo il desiderio di restare.

Sento che lì potrei vivere, impegnare le mie ore, tracciare gli sguardi e posarli su quello che più ha catturato la mia attenzione.

Velocemente questo ultimo anno è passato. Abbiamo lentamente ricominciato a tenerci nelle mani, ad incrociare e fermare finalmente i nostri sguardi, a dimenticare la paura del contatto.

Ognuno di noi ha riaccolto a braccia aperte quello che aveva perduto e trasformato il dolore della solitudine nel piacere della condivisione.

Ho viaggiato quanto più mi è stato possibile. Ho guardato negli occhi della gente che incrociavo e ho trovato un fondo di timore frammisto al gusto della vita ritrovata.

Vero, l’essere umano è programmato per dimenticare quello che più lo ferisce. Il nostro cervello conserva una sorta di memoria selettiva agli avvenimenti avversi della vita. E solo quando ci ritroviamo in un momento di difficoltà, quei cassetti si riaprono a riversare il dolore e appesantire ogni situazione.

Ma, fino a che restano chiusi …

Una grande solitudine in giro per il mondo.

Nonostante.

Serenità.

Sarà una buona idea dare vita a questo nuovo grande progetto che impegna molto più che solo il tempo?

E se alla fine me ne pentissi e sarebbe ormai troppo tardi?

Mi sforzo di cercare fra le mura che mi circondano quell’antico calore che accompagnava questi stessi giorni. Un rosso di colore di sfondo, l’aria fresca all’esterno, le campane in lontananza. Non c’era il senso della solitudine a rivestire le giornate, al contrario il profumo dell’affetto. In poche cose, fra quelle poche cose mantenute con orgoglio nella forma migliore.

Anche oggi mi piace seguire la luce dei pomeriggi che piano piano diventa il buio della sera, il colore della notte.

Questa volta la musica che sento è di violini tesi sulle corde.

Sempre viva l’esigenza di propormi in questo periodo dell’anno con qualcosa di nuovo. Poche pagine di riflessioni sull’andato, di speranze per domani.

Troppo tempo è passato dall’ultima volta in cui le lacrime hanno abbandonato i miei occhi. Sempre più l’esigenza di allentare la tensione e farle uscire.

Forse questo istante protratto di malessere fisico può darmi una mano ad incominciare il periodo tanto atteso dell’anno, a viverlo come, lo sto immaginando, come cerco di programmarlo.

I libri come sempre rappresentano le tante vite che ho deciso di vivere. Ma, al centro, c’è la mia, vissuta fino ad ora in interezza, pochi rimpianti, ma ancora tante cose da fare.

E se fossero le più importanti quelle che si delineano nella mia mente e ancor di più nel mio cuore?

Due facce della stessa medaglia. L’allegria si accompagna sempre alla tristezza, nello stesso momento oppure a susseguirsi. Come sempre il giusto equilibrio rappresenta la soluzione al conflitto che ne potrebbe derivare.

Nei luoghi del dolore. Mi accingo, mi preparo con grande serietà e consapevolezza, ad affrontare i luoghi del dolore. In fondo lo ho sempre saputo che in una fase della mia vita avrei provato a portare il sorriso in quei corridoi bianchi, dove ho trascorso molto tempo nella mia giovinezza.

Ma … la mia natura mi spinge a portarmi ancora una volta un po’ più in là. All’orizzonte qualcosa di altrettanto importante si comincia a delineare. Vedremo.

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Siamo in quattro, attorno alla rossa tavola di nuove pietanze, anche a decorare. Il paesello brilla nelle sue luci più calde, guardo bene dentro e, con la fantasia che è solo dei bambini, ogni personaggio è animato di movimento. La musica.

Dalla finestra il suono delle campane. È Natale.

Un augurio a tutti

Fernanda

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