Posted on

Dopo il confronto fra Nietszhe e alcuni grandi autori del suo tempo, prima di continuare il viaggio di indagine nella vita e nelle opere di Nietzsche alla ricerca di un uomo critico, spietato verso il passato, dissacratore dei valori tradizionali e propugnatore dell’uomo che deve ancora venire, si è ritenuto funzionale allo svolgimento del lavoro delineare un breve excursus della dimensione storica – filosofica – culturale del periodo trattato.

Bisogna tenere presente che ” Egli ebbe modo di conoscere, nel periodo bismarckiano, tutte le prospettive delle lotte imminenti, fu contemporaneo della fondazione del Reich, delle speranze e delle delusioni ad essa relative, della caduta di Bismarck, dell’inaugurazione dell’imperialismo di Guglielmo II e al tempo stesso, contemporaneo della comune di Parigi, della nascita dei grandi partiti proletari di massa, delle leggi contro i socialisti e dell’eroica resistenza degli operai contro di esse.”

 La crisi politica di fine ottocento e la sua influenza sulle opere del filosofo tedesco.

 Infatti, la produzione filosofica di Nietzsche, compresa tra il 1869 e il 1889, coincide con la crisi di fine Ottocento; crisi che interessò sia il campo economico-sociale che il venir meno delle certezze positivistiche, in ambito scientifico e filosofico e la radicale ridefinizione dei valori. Pur non volendo stabilire un’impossibile, meccanica corrispondenza tra circostanze materiali e spirituali da un lato e sviluppo intellettuale del filosofo dall’altro, si deve cogliere l’inevitabile colloquio tra l’uomo e il proprio tempo che lo porta a un dialogo o più spesso a una disputa serrata o a un rapporto conflittuale che si esprime sotto forma di un attacco violento e distruttivo.

Ne è un esempio Crepuscolo degli idoli ovvero come si filosofa con il martello (1888), dove Nietzsche prese realmente “a martellate” tutte le false certezze della sua epoca, forte dei miti del progresso e della razionalità e mise in luce l’inarrestabile processo di crisi dell’uomo tardo-borghese.

Come sostiene Desideri, erano gli anni della cosiddetta” seconda rivoluzione industriale caratterizzata dalla concentrazione dei capitali e della produzione del predominio delle grandi aziende e delle società per azioni, dell’affermarsi del capitale finanziario e dei monopoli..”(2) e segnata dalla ridefinizione e, in parte, del superamento del modello liberare determinato dalla crisi di sovraproduzione del periodo 1837-96. In ambito economico – politico si andavano determinando importanti cambiamenti :

“[……] nell’ambito dei singoli Stati la libera concorrenza, che pure era considerata dagli economisti della scuola classica come il toccasana di tutti i mali venne alterandosi e corrompendosi. [……].

La sempre più accentuata tendenza alla concentrazione dell’attività produttiva portò infatti alla coalizione o alla fusione (specie per l’industria petrolifera, chimica, idroelettrica) tra più società a mezzo di “patti fiduciari” (trust) o di accordi tra imprese affini (cartelli), allo scopo di impadronirsi dei mercati soppiantando concorrenti meno forti. [….] La libera concorrenza venne così trasformandosi in monopolio di mercato snaturando i principi teorici e la prassi del libero scambio.[…..] Il nuovo capitalismo finì così per divenire da liberalismo qual era, protezionismo, per cui si crearono barriere doganali a difesa delle industrie nazionali.[….]”

Lo Stato interveniva in modo sempre più pesante e determinante nell’economia sia all’interno, con il finanziamento dei settori strategici e con un condizionamento politico sempre più evidente, sia all’esterno con il protezionismo doganale e con una politica espansionistica alla quale ” non fu più sufficiente, come lo era stato per il vecchio capitalismo liberista e concorrenziale, conquistare i mercati per collocarvi i prodotti finiti e garantirsi le materie prime, ma, fu, invece necessario esportare i capitali in quelle aree del globo ove era possibile creare nuovi centri di produzione e di profitto”. Nietzsche a proposito dello Stato dice :

Stato ? Che cos’è mai ?[..] Si chiama Stato il più gelido dei mostri. [..] Guardate come alletta i troppi ! Come li ingoia, digerisce, rumina. [..] Tutto è falso nello Stato, esso addenta con denti che ha rubato, il morsicatore. False sono persino le sue viscere.”(5) Il nuovo idolo è lo Stato, dice Nietzsche, un gelido mostro che tutto ingoia, digerisce, rumina, inganna e alletta i superflui. Ma colui che poco possiede è tanto meno posseduto…il superuomo.

Si iniziò così, continua Desideri, una corsa sfrenata all’accaparramento di nuove terre africane ed asiatiche rimaste ancora pressoché immuni dalla penetrazione europea. Il nuovo colonialismo imperialista fu profondamente diverso da quello dei secoli XVI-XIX :

esso tese ad organizzare il mondo secondo aree economiche e strategiche funzionali alle grandi concentrazioni di capitali. I motivi di conflitto tra gli Stati si configurarono secondo linee di concorrenza e di scontro, che la tradizione politica e diplomatica non conosceva.

Delinearsi delle intolleranze verso le minoranze etniche.

Questa politica di conquista si tradurrà in un nazionalismo sempre più esasperato, con una crescente intolleranza verso le minoranze etniche che doveva essere giustificato agli occhi dell’opinione pubblica :

“…..l’espansione coloniale in Africa venne propagandata come una missione che la superiore civiltà europea doveva compiere presso le popolazioni “selvagge”, in possesso di una cultura considerata inferiore ed estranea al secolare sistema di idee e valori elaborati in occidente. La diffusione dell’ideologia della conquista vide l’intervento e la partecipazione di numerosi intellettuali che, attraverso opere letterarie di vario genere, divulgarono l’idea che all’Europa fosse assegnato il compito storico di civilizzare i nuovi “barbari” dell’Asia e dell’Africa….

E ancora, “lo scrittore inglese Rudyard Kipling (1865 – 1936) autore di romanzi di avventure come Il libro della giungla (1894) o Kim (1901) costituì il prototipo di questo intellettuale militante a favore della causa colonialista. Nei suoi scritti si miscelavano l’ideale intriso di razzismo, della superiorità dell’uomo bianco sulle altre razze “colorate” e la convinzione delle grandi potenze coloniali, e in particolare l’Inghilterra fossero portatrici di un ideale morale e di una finalità riformatrice, rivolto al benessere economico e civile dei popoli africani e asiatici”

 Diffusione dell’antisemitismo.

 Lo sviluppo di queste concezioni razziste porteranno, inoltre, all’acceso antisemitismo di fine secolo di cui si ebbe un esempio in Francia nel “l’Affare Dreyfus”. Il caso di Alfred Dreyfus, ufficiale ebreo accusato ingiustamente di spionaggio nel 1884 spaccò la Francia in due fazioni : da una parte, il fronte conservatore colpevolista, militarista, antisemita, autoritario e nazionalista guidato dallo stato maggiore ; dall’altra, il fronte democratico e radicale innocentista fautore dei diritti e delle libertà individuali, ostile ai pregiudizi razziali e ai privilegi di casta. Accanto alle due fazioni balzò prepotentemente alla ribalta un altro protagonista : la folla.(8) Per tutta la durata del processo a cui fu sottoposto Dreyfus, la folla presidiò il tribunale; a Parigi gli ebrei venivano perseguitati, percossi per strada, mentre, nelle principali città, fecero la comparsa squadre antisemite che agivano tollerate dalle forze d’ordine.

Era una svolta nella coscienza del secolo, un elemento di novità che anticipava le ben più estese degenerazioni delle masse fasciste.”

Gli ebrei vennero identificati come i portatori di tutti i difetti del mondo decadente e si venne creando uno stereotipo destinato a riemergere prepotentemente nel secolo successivo.

In questo brano di E. Drumond (1844 – 1917), tratto da storia di Bernardi e Guarracino, non solo si denuncia il carattere e il temperamento corrotto e degenerato dell’ebreo, ma ne viene fatto un ritratto per renderlo riconoscibile :

“Il semita è un terrestre che non vede nulla al di là della vita presente; l’Ariano è un figlio del cielo, agitato senza sosta da preoccupazioni superiori ; l’uno vive nella realtà, l’altro nell’ideale. Il semita è istintivamente un negoziante ha la vocazione del traffico, il genio di tutto ciò che è scambio, di tutto ciò che è un’occasione di mettere nel sacco il suo simile. L’ariano è agricoltore, poeta, monaco o soprattutto soldato; la guerra è il suo vero elemento, egli va gloriosamente incontro al pericolo, sfida la morte.”

Mutamento del panorama politico nell’Europa di fine ottocento.

Nella maggior parte degli stati tedeschi, dopo il fallimento delle rivoluzioni del ’48-49, le Costituzioni vennero modificate in senso conservatore. La guerrafranco – prussiana annunciava la formazione dell’impero tedesco sancito da Guglielmo I°, re di Prussia, che il 18/1/1871 assumeva il titolo di ” Kaiser “.

Dopo il 1871 si andava delineando, in Europa, un periodo di pace internazionale e di stabilità interna dei singoli stati caratterizzata da un graduale ingresso dei ceti popolari sulla scena politica, dovuto ad un allargamento del diritto di voto e alla nascita di nuovi partiti politici ( di massa e di militanti ); in Germania, invece, con il dominio della scena politica fino al 1890, del cancelliere Bismark, si combattevano vigorosamente le forze cattoliche – socialiste (Kulturkampf).

“I pericoli che potevano minacciare l’unificazione, da poco attuata, spinsero il cancelliere a combattere prima di tutto i cattolici, che si erano fatti portavoce delle minoranze nazionali contro l’egemonia prussiana e che erano particolarmente forti nella Baviera.

Iniziò così il cosiddetto “Kulturkampf” (battaglia per la civiltà) con cui si tentò di sottoporre la chiesa tedesca ad un rigido controllo statale e si attuarono misure repressive, quali l’espulsione dei gesuiti e la soppressione dei conventi. Dopo il 1875, però, Bismark fu costretto ad abbandonare questo indirizzo anticlericale per farsi alleato il partito cattolico (Zentrum) contro la sempre più massiccia ascesa delle forze socialiste che furono colpite con duri provvedimenti repressivi. Nel contempo, il cancelliere tentò, senza grande esito, mediante l’attuazione di riforme sociali, di acquisire il sostegno delle masse popolari.”

A cavallo del nuovo secolo, viene ribaltato il mantenimento dell’equilibrio europeo dal “pangermanesimo” del Kaiser Guglielmo II° che orienta

il paese verso l’espansionismo, alimentando il nazionalismo dei tedeschi e incrementando l’apparato bellico del Reich.

 Aristocratica distanza di Nietzsche dagli ideali culturali dell’epoca.

 Nietzsche, nel rapporto filosofia-politica assunse un atteggiamento di “aristocratica distanza” che gli permise di distaccarsi dalla “massa” e di procedere a una sistematica inversione dei valori che preluderà a una nuova concezione dell’uomo e alla scoperta e all’analisi della dimensione irrazionale e istintuale dell’agire umano.

Per arrivare a questo, Nietzsche procede ad una analisi spietata della cultura della sua età, rifiutando categoricamente i tre grandi paradigmi del sapere ottocentesco :

-il romanticismo, a cui contesta gli atteggiamenti estetizzanti e la morale pessimistica, sintomo di uno spirito decadente ; ( Umano troppo umano )

l’idealismo, con le sue pretese razionali di una comprensione totalizzante e conclusa della realtà e con l’assurda incapacità di porre attenzione ai fenomeni che sono esattamente il contrario di quanto esso sostiene ;

– il positivismo, di cui denuncerà l’ingenuo ottimismo e tenderà a dimostrare la falsità del suo miraggio di felicità che nasconde nel suo interno la paura di vivere ( Aurora, La gaia scienza ).

In questo crollo delle antiche speranze, dell’inquieta curiosità per ciò che dovrà accadere, il filosofo si chiede :

“….E dove dunque vogliamo arrivare ? Al di là del mare ? Dove si trascina questa possente avidità, che è più forte di qualsiasi altro desiderio ? Perché proprio in quella direzione, laggiù dove sono fino ad oggi tramontati tutti i soli dell’umanità ? Un giorno si dirà forse di noi che, volgendo la prua ad occidente, anche noi speravamo di raggiungere un’India, ma che fu il nostro destino naufragare nell’infinito ? Oppure fratelli miei ? Oppure ?..

 Trasformazioni sociali e psicologiche e loro influenza sulla produzione letteraria ed artistica di fine ottocento ed inizio novecento.

 Nietzsche, nel passaggio tra ‘800 e ‘900, percepisce ed esprime con grande drammaticità l’impossibilità di un riferimento a un oggetto della conoscenza nel senso positivistico del termine.

La scoperta che il dato e il documento non sono “l’oggetto” ma il frutto di una determinata procedura di osservazione distrugge il conforto della certezza e dell’evidenza immediata. È evidente, come in un simile panorama di scomposizione degli equilibri intellettuali e degli schemi conoscitivi, venga coinvolta profondamente la dimensione psicologica. I dubbi che scuotono la certezza della conoscenza razionale del mondo si estendono al soggetto, alla sua costante presenza ed unicità e alla fiducia, finora indiscussa, nella capacità di comunicazione del linguaggio umano. Tale crisi che coinvolge il soggetto, sarà il punto focale della ricerca psicoanalitica di Freud, che, attraverso l’analisi del subcosciente e l’indagine dei moventi istintuali e delle paure inconsce dell’uomo, diede una nuova dimensione alla coscienza e alla conoscenza della natura umana. Ciò portò alla trasformazione della visione dell’uomo e ad una nuova immagine psicologica e sociale.

Tutto questo influenzerà profondamente, in letteratura, autori come M. Proust, profondo analista della vita sentimentale, che cercò di registrare il flusso del tempo (A lo recherche du temps perdu) nella coscienza dell’individuo e di, mostrare come uomini e situazioni vengono modificati fino ad essere avvolti in una rete inestricabile di ricordi ed associazioni o, come Pirandello e Svevo, accomunati ( anche se per tanti aspetti diversi ) da un acuto senso della crisi dei valori, da un forte individualismo ribelle che minava alle radici l’impostazione naturalistica e sociale dei problemi dell’uomo, dall’uso dell’umorismo incisivo, mordace che colpiva la borghesia e dallo smascheramento delle apparenze sotto le quali l’uomo si dissimula a sé e agli altri.

Anche la poesia cercò nuovi spazi di comunicazione: Baudelaire avvertiva il lettore che per comprendere è necessario aver avuto esperienze dolorose e conoscere gli abissi profondi dell’animo umano, mentre Mallarmè, attraverso i suoi versi densi di ritmi voluttuosi, mirava all’assoluta purezza creativa.

La pittura, dal canto suo, con la crisi dell’impressionismo e la nascita dell’espressionismo, aveva segnato una profonda rottura con la tradizione artistica, inaugurando una stagione di “impegno” dell’arte nelle battaglie più radicali e, presentandosi come esasperata protesta nei confronti del conformismo del mondo borghese e dell’egemonia positivistica. L’espressionismo ricercava le profondità interiori, la soggettività irriducibile irrappresentabile se non per via simbolica.

Gauguin, Van Gogh, Cèsanne cercarono dietro le immagini dei loro ritratti e dei loro paesaggi una struttura formale interna, un significato emotivo profondo.

Espressione del rifiuto del convenzionalismo ed espressione di rivolta, attraverso l’uso di colori violenti ed esasperati, fu la pittura dei “fauves” (belve) e, più avanti, del cubismo. La nascita di queste nuove avanguardie artistiche vollero riaprire all’uomo la bocca : “Troppo ha ascoltato tacendo, tacendo l’uomo ora vuole che lo spirito risponda…”

Oretta Lanternari (3 Dicembre 2014)