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DR. DOBERMAN

La tua casa sta in collina, Dr. Dobermann
Sei milioni al metro quadro
E tua moglie vive come una regina
Anche se vi vedete di rado
Lei va a letto quasi sempre di mattina
Che tu ti sei già alzato

Qual è il prezzo, vale il prezzo, Dr. Dobermann?
Il prezzo che va pagato
Per le cose che ti secca fare in pubblico
Ma ti rendono bene in privato
Tanti soldi e poche tasse e non c’è scandalo
Non è nemmeno peccato
È la vita il tuo mestiere Dr. Dobermann
Il tuo mestiere di mago

Dr. Dobermann
Do-do-do-do-do-do-do-do dr. Dobermann
Dr. Dobermann
Do-do-do-do-do-do-do dr. Dobermann

La tua tana sta in collina, Dr. Dobermann
Sei milioni al metro quadro
E tua moglie sembra proprio una regina
Però è la moglie di un ladro
Se sei buono andrai all’inferno, Dr. Dobermann
Ti stanno già a aspettare
C’è il tuo nome nell’elenco, puoi scommetterci
Prova a bussare

Se offri del cibo a chi ha fame, lo nutrirai per un giorno, se gli insegni a procurarselo, si rifocillerà a vita (Cit.)

In questo pulviscolo di ore che rappresenta, di fatto, la vita (per quanto lunga possa essere) di un essere umano, in questa Società opulenta e avara, viviamo di speranze e di ciò che resta di quel fondo di barile “grattato”, nei favolosi anni ottanta del secolo scorso, dai tanti “piccoli” capitani coraggiosi che hanno operato scorribande in ogni settore (allora) produttivo.

Capitalisti, imprenditori, finanzieri e politici, hanno realizzato il gioco di prestigio più difficile dai tempi delle lotte per i fondamentali diritti civili in avanti: aver diviso il Mondo in (pochi) super ricchi e (tanti) poveri schiacciando, senza pietà, il ceto medio, vero cuscinetto di perequazione fra la “gleba“ e i “potenti”

Chi vuol muovere il mondo, muova prima sé stesso. (Socrate)

La paura di chi comanda, infatti, frena innovazione e sviluppo: ecco perché è stata resa possibile l’azione di tanti “bean counter” (contatori di fagioli, buoni a nulla ben pagati) che hanno affossato le speranze di chi credeva in un avvenire migliore del tempo presente o, per dare uno sguardo in casa nostra,  è stato voluto lo smantellamento dei laboratori di ricerca avanzata dell’ENEA e impedito l’utilizzo delle “nostre” risorse energetiche.

Cari Lettori, anche se gli uomini, in genere, non imparano molto dalla storia, la morte di Enrico Mattei, avrà pur voluto significare qualcosa!

L’ala nobile del capitalismo mondiale e italiano, in particolare  (caratterizzata da “pupari” e “gattopardi”), si è inchinata al business for business dei nuovi condottieri (che intendono l’alta finanza come “arte di passare denaro da una mano all’altra finché, alla fine, sparisce”), i quali ascoltano da tempo lo scricchiolio di un sistema parcellizzato su disvalori entropici, mistificando la realtà e venendo, a loro volta, inghiottiti da Tycoon bulimici che gli lasciano giusto il tempo   di provare quel retrogusto amaro tipico di chi ormeggia la barca sul viale del tramonto, dove il sole tocca il mare… prima che faccia notte!

Dalla Rivoluzione industriale in poi, una nuova figura è entrata nell’immaginario collettivo: il “padrone” della fabbrica che diventa progressivamente sempre più ricco. A lui interessa aumentare i profitti e dà lavoro (spesso mal pagato) agli operai solo perché, purtroppo, c’è bisogno dell’elemento “umano” per mandare avanti la produzione.

Padrone è un termine che deriva del latino “Patronus” (da “Pater”, Padre), termine che identificava il protettore dei “Liberti” (gli schiavi liberati) e dei “Clienti” (uomini formalmente liberi ma, al tempo stesso, legati da particolari vincoli giuridici, morali ed economici, in un rapporto di subordinazione, a un’altra persona, collocata socialmente più in alto: il Patrono, appunto).

Nel tempo, andò a connotare il “Signore”, rispetto ai servi e ai contadini e, infine, designò chi ha piena facoltà di fare ciò che gli piace, o di disporre di un qualcosa (o di un qualcuno) senza doverne rispondere a nessuno. 

Come è noto, col progresso tecnologico in due secoli la macchina ha sempre più preso il sopravvento e il “capitale umano” è finito, per usare il linguaggio calcistico, in calcio d’angolo.

Col cambio del tipo e modo di produzione è mutato, all’apparenza, anche la figura del Capitalista. Dall’immagine odiosa dei tempi di Dickens si è passati a modi visivamente più umani.

Ma non bisogna lasciarsi incantare dalle apparenze: il Padrone è sempre il padrone e migliorare sempre più gli utili è il suo obiettivo principale.

Come appaiono, infatti, i più danarosi della Terra?

Vivendo nella società dell’informazione sono in grado di presentare e far presentare la propria persona nel modo più favorevole possibile. I ricchi del pianeta, guarda caso, sono tutti filantropi e non vedono l’ora di distribuire gran parte delle loro ricchezze ai poveri.

La gente abbocca perché non tutti sono in grado di fare analisi acute al riguardo.

Infatti…

Cari Lettori, vi siete mai chiesti quale sia il meccanismo che ci attrae verso qualcosa che nasconde un fascino “perverso”?

Il Neurochirurgo Giulio Maira, nella sua ultima pubblicazione (“Il telaio magico: Brevi lezioni sul cervello” Ed. RCS 2022), descrive, come esempio, la rappresentazione del pittore austriaco Gustav Klimt del personaggio biblico di Giuditta, l’eroina ebrea che uccide il Re Oloferne per salvare il suo popolo.

L’artista, come si può notare dall’immagine proposta, rappresenta Giuditta come una “femme fatal” che come scrive in un suo libro (l’età dell’inconscio) il Neuroscienzato e premio Nobel Erik Kandel, coniuga un principio di perversione attraverso la pulsione erotica che nasce dall’aver decapitato un uomo.

Nel dipinto di Klimt, si vede solo una parte della testa del malcapitato perché, l’insieme dei particolari dell’opera basta a creare uno scenario più che suggestivo: la luminosa superficie dorata dell’immagine, la languidezza del corpo e la combinazione dei colori, risvegliano (nel cervello di chi guarda) la percezione del principio freudiano del dualismo pulsionale Eros / Thanatos (Amore e Morte), con il conseguente rilascio di Dopamina e risveglio dei circuiti del “piacere”.

In più, la pelle nuda e il seno scoperto, richiamano ricordi del rapporto pseudoincestuoso dei primi momenti di vita con la propria madre determinando secrezione di endorfine, vasopressina e ossitocina con una più o meno vaga eccitazione sensuale.

La violenza della testa mozzata di Oloferne è in (apparente) netto contrasto con l’espressione di godimento della donna. A ben riflettere, ricorda gli istanti che precedono l’orgasmo il quale, in Francese, è descritto come una “petit mort” (piccola morte). L’espressione sadica di Giuditta agisce come il limone mescolato alla cioccolata, rilasciando acetilcolina nell’ippocampo (struttura indispensabile all’apprendimento) come conseguenza delle emozioni amigdaloidee, contribuendo alla memorizzazione, “come un marchio a fuoco”, dell’immagine.

Cari Lettori, i super ricchi planetari, del resto, vivono nel modo descritto da Carlo Marx già in un’opera giovanile (I manoscritti economico – filosofici del 1844): come risolvono, ad esempio, la loro rara e spiccata ignoranza?  “Comprando” la penna e l’anima di letterati e intellettuali che lavorano per loro. Questi professionisti “a servizio”, sono in grado di presentare la figura del Padrone (Top Manager, CEO, Tycoon, etc.) nel migliore dei modi possibili, utilizzando tutti i canali della informazione, che in larga parte sono di proprietà del Padrone stesso.

Noi cittadini veniamo sottoposti ad un sapiente lavaggio del cervello e finiamo col guardare a questi disumani e voraci capitalisti con gentilezza e riconoscenza, facendo leva sulla presenza (nel nostro cervello) dei cosiddetti “Neuroni specchio” i quali ci consentono di immedesimarci di fronte a una rappresentazione triste o felice, “torbida” o lineare, complessa o serena come se anche noi vi partecipassimo attivamente.

Cari Lettori, c’è chi pianta un albero perché un domani qualcuno vi si potrà riparare dal sole, c’è chi vede brillare le stelle perché crede ancora in qualcosa, c’è chi riesce a creare occasioni utili più di quante se ne possano “incontrare”… e c’è, purtroppo, chi farebbe meglio a tacere (come suggeriva Abramo Lincoln) passando per idiota piuttosto che parlare e dissipare ogni dubbio!

 La vita più è vuota e più pesa. (Cit.)

Andiamolo a spiegare a chi è stato defenestrato da quello che considerava un posto di lavoro in grado di delineare il confine fra la dignità e il senso di vergogna,,,

Probabilmente ci risponderebbe che, se a volte, basta un attimo per scordare una vita, a loro non basterà una vita per dimenticare l’attimo in cui sono stati dichiarati inutili zavorre, da sostenere (nei Paesi in cui sono previsti) con gli ammortizzatori sociali!

Cari Lettori, continuando il discorso sulla cosiddetta “razza padrona” vediamo, come esempio, un “Trittico di Potere” dei giorni nostri.

Elon Musk, ad esempio, commercia in sogni e futuro (come ha scritto recentemente Massimo Gramellini sul Corriere della sera).

Mister Musk ha, da poco, comprato Twitter in nome della libertà ma, secondo il Financial Times ha appena iniziato una campagna  di (auto)licenziamenti in stile “lacrime e sangue”.

È appena il caso di ricordare che la libertà che lui promette è quella del canarino in gabbia…

Chi controlla l’informazione oggi è il vero “Padrone” del mondo perché indirizza la nostra vita, i nostri gusti, le nostre scelte. Chi controlla l’informazione pensa per noi e, senza che moltissimi ne abbiano consapevolezza, ci forgia a sua immagine e somiglianza.

Jeff Bezos fa sapere che vuol dare molti dei suoi averi (parliamo di oltre 124 miliardi di dollari) in beneficenza e, ovviamente, in tantissimi restano senza parole, completamente “ammaliati”.

Viene in mente la battuta di Paolo villaggio (tramite il suo ragioniere di fiducia): “Come è umano, lei!”

Poi, però, scopriamo che dietro questa bontà (legata di certo a sgravi fiscali, effetto simpatia ed altro) c’è un altro Bezos che si appresta a licenziare oltre diecimila lavoratori in Amazon.

E veniamo al più buono di tutti, Bill Gates che ha realizzato, anni fa, la Fondazione “Bill e Melinda Gates” con cui elargisce somme miliardarie in varie attività umanitarie.

Con il Rotary International , per dirne una, è impegnato nella eradicazione della polio dal mondo.

I risultati, bisogna riconoscerlo, sono eccellenti.

Poi, però, vi sono altri interessi che ci lasciano un po’ perplessi.

Scopriamo, infatti, che l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) solo in parte è finanziata coi soldi delle vari Governi Mondiali. Fondi molto più ingenti, infatti, provengono dalle grandi industrie farmaceutiche e dalla fondazione di Bill Gates.

Una realtà come questa, ci autorizza a ipotizzare che molta parte della ricerca scientifica mondiale è finanziata da organismi che possono avere interesse a certi tipi di ricerca e non ad altri.

Di conseguenza, scienziati di altissima qualità, se non sono aiutati economicamente, non potranno operare in regime di libertà, secondo scienza e coscienza, per mancanza di fondi.

L’OMS è organo che dovrebbe controllare tutto ciò che attiene alla salute a ai medicinali e, guarda caso, oggi come oggi controlla quanto propongono le grandi industrie farmaceutiche che, peraltro, sono come abbiam detto, finanziatori importanti dell’organismo stesso.

Insomma, per farla breve, i controllati “controllano” i controllori.

Che fare? Non c’è speranza per il futuro? Mai, la fabbrica (o l’equivalente, oggi, della “fabbrica” di un tempo), sarà a misura d’uomo?

Non è detto. Basterebbe ispirarsi a quanto fece un illuminato imprenditore italiano della metà del secolo scorso e l’utopia potrebbe, nel tempo, diventare realtà.

Il termine utopia è la maniera più comoda per liquidare quello che non si ha voglia, capacità, o coraggio di fare. Un sogno sembra un sogno fino a quando non si comincia da qualche parte, solo allora diventa un proposito, cioè qualcosa di infinitamente più grande.

Adriano Olivetti fu un italiano straordinario che sognò la modernità con spirito originale.

Fu un imprenditore che “pensò” e “visse” il luogo dove si produce qualcosa, (quindi la fabbrica) in modo nuovo e “umano”.

Conoscevo la monotonia terribile e il peso dei gesti ripetuti all’infinito davanti a un trapano o a una pressa, e sapevo che era necessario togliere l’uomo da questa degradante schiavitù. Bisognava dare consapevolezza di fini al lavoro

Ereditiamo, da lui, un lascito morale che andrebbe con, vigore, ripreso anche se la mediocrità di chi, oggi, guida le varie realtà non incoraggia per il futuro.

Ma, come sa chi ha combattuto per ogni tipo di Libertà, non bisogna abbandonare la lotta e l’impegno, neanche nei momenti più bui.

È pur vero che, proprio per le sue convinzioni non godeva di simpatia da parte dei “capitani di industria” del suo tempo, fastidiati dal fatto che lui tenesse in gran conto il fattore umano (i lavoratori) e non conoscesse la parola “licenziamento”.

Si guardava, di fatto, con grande sospetto al suo Welfare innovativo.

Tutti i dipendenti hanno diritto di usufruire dei servizi sociali offerti gratuitamente dall’azienda, senza che questo debba essere inteso come una generosa elargizione del datore di lavoro: i servizi sono un dovere che deriva dalla responsabilità sociale dell’azienda. La civiltà di un popolo si riconosce dal numero, dall’importanza, dall’adeguatezza delle strutture sociali, dalla misura in cui è esaltato e protetto tutto ciò che serve alla cultura e, in una parola, all’elevamento spirituale e materiale dei nostri figli.

La strada imprenditoriale da lui seguita era una terza strada che non poteva essere vista né come libero mercato né come socialismo reale.

Il suo sogno era la fabbrica a misura d’uomo.

A ragione, si è parlato di umanesimo industriale per quanto riguarda la sua esperienza operativa.

La fabbrica non può guardare solo all’indice dei profitti. Deve distribuire ricchezza, cultura, servizi, democrazia. Io penso la fabbrica per l’uomo, non l’uomo per la fabbrica, giusto? Occorre superare le divisioni fra capitale e lavoro, industria e agricoltura, produzione e cultura. A volte, quando lavoro fino a tardi vedo le luci degli operai che fanno il doppio turno, degli impiegati, degli ingegneri, e mi viene voglia di andare a porgere un saluto pieno di riconoscenza.

Cari Lettori, se è vero (come sosteneva Jung) che non ci può essere Resurrezione senza Pietà, allora è arrivato il momento di aprire gli occhi e capire che, chi governa il Mercato, ha fiutato nel nostro bisogno disperato di amore, l’opportunità di enormi profitti.

Da qui, la promessa di nuovi “paesi dei Balocchi” di Collodiana memoria con il pericolosissimo miraggio di poter avere tutto senza fatica: soddisfazione senza lavoro, guadagno senza sacrificio, risultati senza sforzo, conoscenza senza un processo di apprendimento.

Resta, al fine, la convinzione che tutto sia a portata di click.

Ma l’Amore, minimo comune multiplo e massimo comune divisore di ciò che “muove il Cielo e le altre stelle”, invece richiede tempo ed energia.

L’amore è una fabbrica che lavora senza sosta, ventiquattro ore al giorno e sette giorni alla settimana, ha bisogno di essere ri-generato, ri-creato e resuscitato ogni giorno. (Zygmunt Bauman, Amore liquido)

Cari Lettori, avviandoci alla conclusione di questa passeggiata insieme vorremmo condividere con voi i poetici versi del professor Roberto Vecchioni, capaci di (ri)sintonizzarci su ciò che, nella Vita, non andrebbe dimenticato. Mai.

QUANTO TEMPO HAI?

Ci sono foglie che si aggrappano ai rami
Perché non vogliono cadere mai
Ci sono stelle che si aggrappano al cielo
Perché si accorgono di finire, sai
Ci sono ubriachi che stringono il bicchiere
Perché è sempre l’ultimo che fa paura
Ci sono uccelli che sentono lo sparo
E contano quanto gli resta ancora

Ed è soltanto una questione di tempo
Quello che serve a salvare un uomo
Il cielo quando è in attesa di un lampo
Una chitarra che aspetta un suono
Una ragazza col cuore in gola
Perché il suo amore non può finire
Il tempo prima della parola
Che non avresti mai voluto dire

E tu, quanto tempo hai?
Tu, quanto amore hai?
Io non ti perdo mai
Ti aspetto al fondo
Di questa strada, sai
Tu, quanto tempo hai?
Quanto tempo hai?
Quanto amore hai?

Ci son ragazzi che chiudono gli occhi
E si distruggono in un altro tempo
Ma d’altra parte ci sono vecchi
Che darebbero tutto per un momento
Ci sono lettere che non arrivano
Baci che restano immaginari
Ci sono treni che si stanno chiedendo
Quando finiscono i binari

E ci sono poeti che chiedono a Dio
Un altro giorno per dire qualcosa
E giardinieri sdraiati di notte
Col naso sul gambo di una rosa
Ci sono bambini che aspettano quando
Verranno per spegnergli la luce
E uomini che hanno sfidato il tempo
Perché qualcuno fosse felice

E tu, quanto tempo hai?
Tu, quanto amore hai?
Basta solo sapere questo, sai
Conta solo questo, sai

Tu, quanto tempo hai?
Tu, quanto amore hai?
Non è niente
Non è successo niente, sai
Dimmi solo se ti ho perso
O non ti ho perso mai
Tu, quanto tempo hai?
Quanto tempo hai?
Quanto amore hai?

Cari padroni del vapore, voi che siete convinti che il mondo si divida in falchi e colombe e vi sedete sempre dalla parte dei carnivori, “siate gentili con le persone che incontrate salendo, perché tornerete ad incontrarle scendendo!”

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento ad Amedeo Occhiuto per gli aforismi proposti