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Siamo anche le storie che abbiamo sentito, le favole con cui ci hanno addormentato da bambini, i libri che abbiamo letto, la musica che abbiamo ascoltato e le emozioni che un quadro, una statua, una poesia ci hanno dato… (Tiziano Terzani)

Cari Lettori, se, per caso, vi capitasse di passeggiare lungo il sentiero di un bosco, non potreste fare a meno di domandarvi come mai, a differenza nostra, gli alberi, le rocce i fiumi e i laghi, non si affannano nel gestire, di corsa, il quotidiano eppure, placidi, durano millenni. 

A differenza nostra! 

A ben riflettere, ci hanno insegnato che il famoso leone e l’altrettanto famosa gazzella di africana memoria, se non corrono (uno per mangiare e l’altra per non essere mangiata) non avranno salva la vita…

Quindi, questo giustificherebbe motti del tipo, “chi ha tempo non aspetti tempo”, oppure che “l’ozio è il padre dei vizi”. 

Insomma, si corre il rischio, secondo questo modo di vedere le cose, di sentirsi in colpa se, per caso, ci si ferma un attimo per tirare il fiato.

La verità del bosco, è dare un senso a tutti gli alberi… (Roberto Vecchioni)

Ma, se gli elementi del bosco sono (quasi) eterni e, noi, molto più caduchi, siccome dovrebbe valere il principio in base al quale, in cima alla piramide alimentare (e di importanza) dovrebbe trovarsi chi vive di più (non fosse altro che per il fatto di essere il meno predato), questo vuol dire che, con molta probabilità, noi “esageriamo” in più di qualcosa, finendo fuori sintonia rispetto alle leggi di Natura.

Per questo, riaffermiamo l’importanza di osservare il Mondo, partendo dalla Natura, per cercare in esso le cose belle che ci fanno, alla fine, sentire “docile fibra dell’universo” (Ungaretti).

Solo facendo leva sugli elementi che attaccano alla vita potremo arginare il male e imbrigliarlo in modo che possa procurarci dolore ma non distruggerci dentro.

Noi non siamo solo esseri avulsi dalla storia della nostra vita ma siamo la nostra vita, con tutto quel che vediamo e facciamo.

In un mondo così frastagliato che pare andare sempre più alla deriva bisogna avere il coraggio di porre questioni che sembrano fuori asse e invece sono basilari per mettere all’ordine del giorno uno stile di vita improntato alla saggezza ed alla autenticità.

Per completare il riferimento a Tiziano Terzani proposto all’inizio di questo lavoro, è doveroso ricordare un suo libro basilare nel quale un padre racconta al figlio il grande viaggio della vita: “La fine è il mio inizio”

È una lezione di sapienzialità che offre elementi di profondo ottimismo per tutti.

Parliamo di quel senso di ottimismo che va al cuore dell’uomo e non può essere assolutamente confuso con le banalità esemplari che ci propongono in modo superficiale gli spot dei media.

Giunto al termine di una vita intensamente vissuta, Terzani invita il figlio Folco a osservare la Natura:

Guarda la natura di questo prato, guardala bene e ascoltala. Là, il cuculo, negli alberi tanti uccellini (chi sa chi sono?) coi loro gridi e il loro pigolio, i grilli nell’erba, il vento che passa tra le foglie. Un grande concerto che vive di vita sua, completamente distaccato da quel che mi succede, dalla morte che aspetto. Le formicole continuano a camminare, gli uccelli cantano al loro dio, il vento soffia. Che lezione! Per questo io sono sereno. (…) Io sto benissimo, la mia testa è libera, mi sento meravigliosamente. Solo che questo corpo fa acqua, letteralmente fa acqua da tutte le parti, marcisce. E l’unica cosa da fare è staccarsene e abbandonarlo al suo destino di materia che diventa putrescente, che torna polvere.

Terzani ha con lucidità capito il gioco della vita grazie ad un finale “malanno”. La solitudine (bisogna ogni tanto stare in compagnia solo di sé stessi) è una grande maestra.

La vera molla della vita è il rapporto coi desideri: “Tutto il progresso o il regresso, tutta la civilizzazione o la decivilizzazione dell’uomo è dovuta al desiderio. (…)

Il vero desiderio, se uno ne vuole uno, è quello di essere se stessi. L’unica cosa che uno può desiderare è di non avere più scelte, perché la scelta vera non è quella fra due dentifrici, fra due donne, fra due macchine. La scelta vera è quella di essere te stesso.

Infatti, spesso ci capita di arrovellare le nostre menti su problematiche inutili e, soprattutto, che non riguardano le cose che darebbero un vero significato a quello scorrere di eventi che si chiama Tempo Vitale.

Forse, questo, rappresenta uno dei tanti tentativi di sfuggire una realtà che, spesso, rifiutiamo alla stregua di quei problemi algebrici di scolastica memoria che, per carenze di istruzione, non riuscivamo a risolvere e che quindi, per reazione, ci portavano a odiare la matematica!

Ci affanniamo, ci struggiamo e soffriamo senza chiederci se, quello che stiamo facendo, sia la cosa giusta per noi o quanto, questa, ci torni utile nel concreto.

In fondo, per migliorare la nostra condizione del presente (facendo pace col passato e non temendo il futuro),basterebbe vivere nel pieno rispetto delle nostre effettive, concrete, oggettive esigenze avendo, come parametro di ispirazione, quelle Leggi di Natura che, dalla notte dei tempi, governano un Mondo che pensa di potersene discostare impunemente e che, per quanto ci riguarda (come umani), si estrinsecano mediante una rappresentazione mentale che consente, nella pratica:

  • una mediazione tra il bisogno di “osare” e il principio etico e morale;
  • un corretto esame della realtà in cui ci troviamo calati e un fisiologico orientamento spazio temporale;
  • una adeguata immagine “complessiva” di noi (senza distorsioni)
  • una buona capacità di giudizio critico (e non polemico)
  • un buon controllo delle pulsioni e una valida tolleranza delle frustrazioni

Sarà come sarà ma l’osservazione oggettiva ci mostra una Società cosiddetta civile che cammina verso un sole calante convinta, presuntuosamente, che si vada incontro ad una nuova aurora.

Solo così si spiega il fatto che una gran moltitudine di persone lavora moltissimo (pagata pochissimo) per realizzare una moltitudine di beni e servizi (alquanto voluttuari) che, tanta altra gente, comprerà lavorando tantissimo per sostenerne i costi.

A queste condizioni, nessuno si trova disposto a cercare verità ma, piuttosto, prova a raccontarsi favole in cui non crederebbero nemmeno i bambini più ingenui: una sorta di fuga da sé, insomma.

Ecco, quindi, che ci troviamo ad ottemperare, rassegnati, ad una serie di incombenze che altro non fanno, che consumarci, facendoci invecchiare anzitempo e rendendoci sempre più malati, nel corpo e nello spirito.

“Carissimi, mamma, papà, fratello sorella e compagni tutti, mi trovo senz’altro a breve distanza dall’esecuzione. Mi sento, però, calmo e muoio sereno e con l’animo tranquillo perché sento di morire per la Libertà e per la Patria. Il sole risplenderà, “domani”, anche grazie alla nostra opera. Voi, siate forti come lo sono io e non disperate. Voglio che siate fieri e orgogliosi di me”.

Questa, scritta da Albino Albico (ventiquattrenne operaio della Resistenza, fucilato il 28 Agosto del 1944) è una delle tante lettere di giovani che, di fronte al bivio fra l’oblio e la ribellione, hanno scelto quella vita eterna che si propaga, in noi, grazie alla loro “scintilla”.

Quanti di noi, in questo momento, possono affermare di avere la stessa determinazione e la stessa, paradossale, soddisfazione?

I fisici ci spiegano che, intorno a noi, gran parte di quello che costituisce il Cosmo (e tutto quello che ci riguarda) viene tenuto celato dalla presenza di materia ed energia oscura, che condizionano e determinano gli eventi in cui siamo immersi.

Come possiamo interagire e dialogare con quello che non si appalesa? Cercando, accuratamente, all’interno di quel mondo interiore che si chiama “coscienza nucleare”.

Come si fa?

Cari Lettori, la suggestiva immagine di copertina rappresenta l’incontro fra un cervo e una bambina.

Il primo, simbolicamente, rappresenta la forza istintiva (fisica e spirituale), la calma e la fecondità (per via delle sue corna che si rinnovano annualmente, cadendo e rinascendo in primavera con una ramificazione in più, che simboleggia l’aumento della forza e dell’età).

La seconda esprimendo la speranza di un Futuro anch’esso fecondo (in quanto, futura madre) ascolta, rapita, i segreti del bosco raccontate da un suo degno rappresentante. Alle spalle, un cesto di mele volutamente in secondo piano perché, questa volta, l’acquisizione della Verità non passerà attraverso il possesso del frutto del peccato. 

Questa volta, l’essenza di ogni principio, sarà riscoperta dentro di noi.

Pensa che si muore e che prima di morire tutti hanno diritto a un attimo di bene. Ascolta con clemenza. Guarda con ammirazione le volpi, le poiane, il vento, il grano. Impara a chinarti su un mendicante, coltiva il tuo rigore e lotta fino a rimanere senza fiato. Non limitarti a galleggiare, scendi verso il fondo anche a rischio di annegare. Sorridi di questa umanità che si aggroviglia su se stessa. Cedi la strada agli alberi. (Franco Arminio)

Cari Lettori, spesso ci si dedica ad altro, per allontanarsi da quel sé che funge da coscienza, una sorta di grillo parlante che ti dice quando stai sbagliando e che ti fa osservare meglio il fatto che, tutto quello che non conta sul piano della realtà e della verità, ti conduce, inesorabilmente, verso l’obnubilazione nell’oblio.

Dobbiamo dar concretezza alla necessità di guardare il Mondo con nuovi occhi, spogliandoci dei pregiudizi e delle negatività che ci attanagliano nella caverna.

Consapevoli di essere precari in questo labirinto dell’esistenza, dobbiamo dare gran senso al tempo e riservarci ogni giorno, come risarcimento della ripetitiva quotidianità, momenti di riflessione e di godimento della bellezza, in tutte le accezioni in cui essa ci si presenta, sia dal punto di vista naturale che da quello creativo in tutte le sue declinazioni.

Ognuno di noi vive in un contesto naturale che, a sua volta, è innervato nella storia e nella civiltà.

L’uomo vive in un paesaggio. È esso stesso parte del paesaggio.

Come ci ricorda la giornalista Chiara Gatti su “il Venerdì di Repubblica” dobbiamo essere molto grati e riconoscenti con Benedetto Croce, che, quando fu ministro della Pubblica Istruzione nel governo Nitti (1920) presentò una legge in difesa e tutela del paesaggio, grazie alla quale l’Italia fu la prima nazione al mondo a porre le bellezze paesaggistiche tra le priorità fondamentali dello Stato. Il grande filosofo nel primo periodo della proposta di legge chiariva che cosa debba intendersi per paesaggio italiano, affermando che la bellezza naturale era in grande relazione con la storia civile e letteraria.

Parole profonde di cui far tesoro. Noi, in sostanza, siamo il paesaggio che abitiamo. Tutelando il paesaggio, tuteliamo noi stessi e vivremo meglio perché le nostre radici non ci costringeranno a terra ma saranno linfa vitale per la nostra dignità e operosità di uomini.

Cari Lettori, come di consueto ci accomiatiamo sulle note di melodie che invitano a rileggere l’editoriale, come sottofondo arricchente di emozioni. Abbiamo pensato, questa volta, a un particolare brano di Ennio Morricone che celebra Deborah, nome che in ebraico simboleggia l’immagine della donna perfetta, operosa, coraggiosa, fertile.

In pratica, un po’ come la bambina della copertina,  una induttrice di autonomia che stimola a ricercare in sé la base da cui ripartire per offrirsi, almeno una volta, un attimo di bene.

In conclusione, aveva proprio ragione Eraclito, quando sosteneva che “Gli uomini in stato di veglia hanno un solo mondo che è loro comune mentre, nel sonno, ognuno ritorna a un suo proprio mondo particolare” e può pensare di essere o di fare, quello che gli pare.

Salvo, poi, pagarne il prezzo.

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore la Strad@

Si ringrazia Amedeo Occhiuto per la sua continua ricerca di aforismi

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