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Situato su qualche lontana nebulosa faccio ciò che faccio, affinché l’universale equilibrio di cui sono parte non perda l’equilibrio (Antonio Porchia).

Lungo il periglioso percorso di vita di ognuno di noi, capita di incontrare molti esseri umani: alcuni di questi non lasciano traccia ma, altri, ricoprono ruoli importanti tanto da influenzare, consapevolmente o inconsapevolmente, lo stesso percorso da intraprendere.

E’, allora, necessario effettuare una giusta selezione. Quante volte, infatti, ci è capitato di conoscere persone che hanno avuto la presunzione (nell’accezione peggiore del termine) di indicarci “la via”, il percorso giusto da seguire?

Ammesso e non concesso che fosse un sentiero corretto sul piano soggettivo, questi Soloni hanno avuto l’intelligenza necessaria di verificarne l’utilità, anche su un piano oggettivo?

Infatti, spesso si dimentica che ogni persona pur avendo dei punti in comune con i suoi simili, ha un progetto di vita del tutto personale fatto di apprendimenti, situazioni ed esperienze che addirittura, in alcuni casi, pur essendo sovrapponibili a quelle di altri, vengono vissute in modo diverso.

Da ciò ne consegue che ogni essere umano, pur nella similitudine della specie, è diverso dagli altri, perché diverso è stato il suo iter formativo. Allora, come ci si può arrogare il diritto di ergersi a maestri di vita? 

Sono arrivato a un passo da tutto. E qui me ne rimango, lontano da tutto, di un passo. (A. Porchia)

Il termine presunzione lo si sente usare sempre più spesso. Certamente se ne sente il bisogno per attribuirlo a persone che con il loro modo di fare si arrogano il diritto di essere “via, verità e vita” dei propri simili, nelle rispettive comunità, piccole o grandi che siano.

L’aspetto più evidente lo si osserva, da qualche decennio, nel campo dei partiti, ove è invalso ormai l’uso di mettere sul simbolo il nome del leader, votando il quale per noi si aprirebbero “magnifiche sorti e progressive”.

Un tempo, leader autentici (e non come quelli odierni di cartapesta) mai avrebbero consentito ciò, considerando questo modo di fare una desolante caduta di stile.

Ma tant’è.

Il nostro compito di osservatori è quello di intercettare le “follie” (Montaigne) del nostro tempo e offrirle agli amici lettori, che spesso quanto scriviamo magari l’hanno colto da chissà quanto tempo.

Ma è così fastidiosa la figura del presuntuoso in ogni campo che insistere sul tema non ci pare operazione inutile.

Il presuntuoso ha una immagine di sé gonfiata e si percepisce come divertente, grandioso e così via. Finché il tutto resta confinato nel ristretto giro dei conoscenti il fatto, di per sé fastidioso, non procura danni sensibili alla comunità tutta.

I problemi seri nascono quando il tale in questione vuole arrogarsi il ruolo di guida e “pensare e agire” in nome di tutti e per tutti.

Chi agisce così probabilmente è come quel personaggio di cui parlava Esopo quando scrive :più piccola è la mente, più è grande la presunzione.

Gli uomini più tremendi e pericolosi, osserva Elias Canetti, sono quelli che pensano di sapere tutto e (purtroppo per la società) ci credono in modo indefesso.

Davanti a esseri di tale pericolosità Gibran esclama: Dio mi guardi dall’uomo che si proclama fiaccola che illumina il cammino dell’umanità. Ben venga l’uomo che cerca il suo cammino alla luce degli altri”.

Da notare, en passant, che talvolta presuntuoso è, in certi momenti storici, tutto (o quasi) un popolo. E, in questo caso, il problema è assai più delicato.

Tomasi di Lampedusa, per fare un esempio, mette in bocca al principe di Salina questa affermazione su cui conviene meditare nel replicare al funzionario piemontese venuto a proporre cambiamenti e progresso: “I siciliani non vorranno mai migliorare per il semplice motivo che credono di essere perfetti”.

Il problema è antico anche se, ogni generazione, è costretta a fare i conti con i presuntuosi del proprio tempo.

Nella mentalità popolare e proverbiale, è presente una espressione che talvolta sentiamo pronunciare nei riguardi di qualche persona: quel tale è “ciuccio e presuntuoso”.

C’è, come dicevamo, sempre qualcuno che vuole indicarci la via, che ci vorrebbe tutti uniformare, dimenticando che la massa è la sommatoria di tanti individui che sono diversi, perché diverso è il percorso di vita di ognuno.

Nel Vangelo di Luca vengono individuati tre tipi di presunzione:

1) la presunzione di essere maestri;

2) la presunzione di giudicare gli altri;

3) la presunzione dell’immagine distorta.

A commento di queste varie posizioni Gesù osserva con ironico sarcasmo: “Può forse un cieco guidare un altro cieco?”

Certe volte, infatti, pensiamo di essere guida degli altri quando non sappiamo neanche noi quel che dobbiamo fare.

In certe trasmissioni televisive, per passare dalle stelle alle stalle, capita di incontrare “leader” pomposi e presuntuosi che elencano tutto ciò che, nella nostra Società, non funziona. Però, di fronte alla richiesta di fornire ricette lenitive valide e pragmatiche, appaiono come i i giocatori di Poker costretti ad ammettere di aver bluffato.

Non so se il pianto, o la pietà, prevale” (Giacomo Leopardi)

La cosa più pericolosa è rappresentata dal fatto che, in alcuni casi, si giustifica il consiglio e, addirittura l’indicazione del “cosa” fare, nascondendosi dietro l’esperienza acquisita con gli anni.

Quanti, però, sono a conoscenza del fatto che la vita è il risultato dell’esperienza ma, soprattutto, si fonda sulla conoscenza?

Ad esempio…

Un avvocato o un idraulico potranno mai spiegare ad un architetto (o ad un ingegnere) come progettare un ponte?

L’esperienza è solo una pertinenza della conoscenza, che rappresenta il bagaglio più importante da arricchire e portare sempre con sé. 

Dio ha dato molto all’uomo; ma l’uomo vorrebbe qualcosa dall’uomo (A. Porchia)

Cari Lettori, forse il momento è idoneo per planare a volo radente “sull’utilità e il danno della storia per la vita” di Friedrich Nietzsche

In sostanza, quanto dice il grande filosofo tiene conto di tutto ciò che, in ogni momento storico, disturba la crescita delle persone e crea problemi di non piccolo conto.

Dall’eccesso dannoso per la vita, sostiene Nietzsche, un’epoca cade nella presunzione di possedere la virtù più rara, la giustizia, in grado più alto di ogni altra epoca.

Da questi eccessi gli istinti del popolo vengono turbati e al singolo non meno che alla comunità viene impedito di maturare. Sfiduciati e frastornati si cade nel pericoloso stato d’animo dell’ironia su se stessi e da qui si apre la porta verso la strada ancor più pericolosa del cinismo.

Al termine di essa troviamo il Grande Individuo Presuntuoso che vorrebbe comandare le nostre teste. Capolinea funereo da evitare per tempo a tutti i costi.

E se fosse, tutto, frutto di quel grande inganno che è la nostra imperfetta crescita interiore? E se, lo scontro fra il presuntuoso che opprime e il supino che si genuflette non fosse altro che l’esempio di un circolare ribaltamento di ruoli?

Gli esperti del mondo dell’inconscio profondo ci spiegano, infatti, che la differenza fra l’arrogante e il timido consiste soltanto nella diversa gradazione di un comune denominatore: il Narcisismo.

Qualcuno, al di là della “Manica” ha scritto che portarci dentro ciò che non possiamo portarci accanto, è una condanna sottile che si abbatte sul collo come una ghigliottina impietosa. Un proiettile sparato a bruciapelo, sotto la cui traiettoria siamo caduti tutti, almeno una volta nella vita. Il colpo non ti uccide, al massimo ti tramortisce e, perciò, gli sopravvivi. La pelle, nel punto di impatto, quello in cui il rimpianto si è schiantato come una bomba senza sicura, mostra i segni per un po’. Un bozzo che potrebbe essere un bozzolo, la culla di un bruco nell’attimo in cui muore per diventare farfalla.

Col tempo, che ha straordinarie proprietà curative, si appiana, come si appianano le incomprensioni, i litigi. Se provi ad accarezzarlo, riesci persino a non sentirne il graffio, il solco zigrinato, ciò che resta della zampata, del morso. Ma se lo prendi contropelo, se malauguratamente lo risali nel verso opposto, la mano si incaglia come un’ancora sul fondo. Nell’attimo che ti ci vuole a disincastrarla, arriva l’urto della verità più scomoda: ciò che sta dentro, invece di stare accanto, certe volte rimane addosso.

Allora vogliamo chiudere con un appello sentito: votiamoci al piacere del Sapere e alla corretta Formazione della nostra personalità. In questo modo, saremo in grado di difenderci dalla presunzione che, in fondo, è dentro di noi evitando, con Amore ed Empatia, la corrosione dei Sentimenti.

Dove c’è una piccola lampada accesa, non accendo la mia (A. Porchia)

L’Amore insegna agli Uomini

La notte spegnerà
Le luci del palco
Il nostro canto e questa città
Chissà se rimarrà
Il senso profondo del nostro incontro
In un mondo senza pietà

L’amore insegna agli uomini
Di non lasciarsi mai
Di unire le nostre solitudini
Di non tradirsi mai

Poi chiusi nelle macchine
In fila dietro te
Ricorderai il mio viso
E le tue lacrime
Cantate insieme a me

Ma la notte spegnerà
Le luci del palco
Il nostro impianto e questa benedetta città
Chissà se rimarrà
Il senso profondo del nostro canto
In un mondo senza pietà

Chi lo sa, chi lo sa, chi lo sa

Ma questa notte non finirà

La fragilità è un valore umano. Non sono affatto le dimostrazioni di forza a farci crescere, ma le nostre mille fragilità, tracce sincere della nostra umanità. (Vittorino Andreoli)

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento ad Amedeo Occhiuto per aver suggerito molti degli aforismi presenti