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“Gli uomini non hanno più tempo per conoscere nulla. Comprano dai mercanti le cose già fatte. Ma siccome non esistono mercanti di amici, gli uomini non hanno più amici”. (Il Piccolo Principe – Antoine de Saint-Exupery)

C’è una cosa che, più di ogni altra, può essere definita, contemporaneamente, la più lunga e la più corta, la più svelta e la più lenta, la più divisibile e la più estesa, la più trascurata e la più rimpianta, senza la quale, niente può esser fatto, che divora ciò che è piccolo e vivifica ciò che è grande… Secondo Voltaire, si trattava di quell’insieme di istanti che contraddistingue dei termini fondamentali e che si chiama “tempo”.

Però, siccome la vita è come una clessidra, in cui migliaia di granelli di sabbia, uno alla volta, attraversano lo stretto passaggio centrale, per scendere giù, dove tutto è già accaduto, la misura e l’intensità di ciò che accade nell’unità di tempo, dipende dal “dono” che ci ha concesso nostra madre con il suo venirci incontro e dal valore che ciascuno di noi dà ad ogni singolo evento o a tutte le esperienze che colorano di sfumature ogni parte del nostro essere.

A queste condizioni, è il nostro animo che “misura” ogni istante di eternità, stabilendo quanto affanno per ogni progetto. 

Il dolce e l’amaroL’attesa e il commiato.

Niente è più lento per chi aspetta; niente è più rapido per chi è felice. E se riuscissimo a “stendere” l’impasto, in piccolo, fino all’infinito? Forse smetteremmo di trascurare. Ed eviteremmo di rimpiangere.

Ogni cosa, anche quella più ovvia, diventerebbe “grande” meritando l’immortalità. Almeno nel ricordo. 

“Se tu domandassi l’età ad un ottantenne lui, risponderebbe in base ad un rapido calcolo anagrafico. Ma se tu gli chiedessi di togliere dai suoi anni il tempo trascorso a compiacere amici e parenti, ad obbedire ai capi, a lavorare, a far denaro, a studiare, ad odiare e ad amare gli altri e, poi, lo inducessi a riflettere su quanto, di quegli ottant’anni, è il tempo rimasto per sè, costui potrebbe, amaramente, scoprire di avere più o meno l’età di un adolescente. E allora, caro amico, breve non è la vita in sè, ma quella che veramente viviamo!” (Lucio Anneo Seneca)

Cari Lettori, non sappiamo se è per via della inclinazione al Sociale o perché ci viene naturale dare grande valore all’introspezione….  ma amiamo calarci nelle profondità del nostro “Sè”.

Eppure, scopriamo (e, in parte, temiamo) che, ogni granello di sabbia in grado di scorrere nel collo della bottiglia del Tempo, del Notro Tempo (che, poi, è in relazione al Tempo dell’Universo Intero che, stranamente, nato senza Tempo né Spazio, subisce le “curvature” di entrambi), appesantisce il piacere di continuare a volerne di più…

Già, di più…

“Mi domando, disse, se le stelle sono illuminate perché ognuno possa un giorno trovare la sua“. (Il Piccolo Principe – Antoine de Saint-Exupery)

Convinti di essere immune dal rimpianto, abbiamo rincorso le onde per balzare (Come attraverso il corridoio di un buco nero) oltre l’Orizzonte degli eventi e giungere più velocemente lì, dove, di solito, la gente tarda a volere andare.

No, non è la Morte ma, semmai, il Tempo e il Luogo dove scopri il Mondo di ciò che diventa VERITA’!

“Quello che chiamiamo “Tempo” è, in realtà, un’illusione di Tempo, una mistificazione di scorrimento. Come in una pellicola, ogni fotogramma ha una vita a sé. E non è la continuazione né l’antecedente. In pratica, non esiste un  tempo un “tempo orizzontale”: si invecchia, ci si incontra, ci si lascia e crediamo che, il prima, diventi il poi. E, per la stessa ragione, si ricorda, si rimpiange, si protesta, si spera. Perchè crediamo che ci sia stato un prima e ci sarà un dopo. L’inganno del tempo orizzontale ci salva la vita: se vivessimo nell’incubo di un inizio che è sempre una fine, che nessun prima abbia a che fare col poi, sarebbe un Inferno. Ed è questo che avvertono i suicidi…

Il Tempo lo vogliamo orizzontale per l’angoscia dei singoli attimi, delle singole tessere, per la paura che ci dà l’indefinito. Che ci sia, non ci sia ancora o ci sia stato… noi solo il mosaico intero volgiamo vedere: la storia, il tempo che scorre e infila i giorni come perle in una collana.

Ma, questo stesso tempo che ci salva, poi ci incalza, ci spinge e ci trascina. Crederlo reale, infatti, obbliga a viverlo come reale. A quel unto, diventa una sorta di Mito fuori di noi, sostituito dall’anello delle attese fra un fotogramma e l’altro. Il problema è che, in realtà, non esiste questo anello ma ne abbiamo un drammatico bisogno. E quindi, questo anello, si chiama speranza!” (Roberto Vecchioni – La vita che si ama)

Ecco, ora sappiamo perchè ci troviamo al centro di un viaggio perfetto (quello che, da Zigote, attraverso l’avventura Umana, ci porta oltre la Dimensione conosciuta dove, materia e antimateria, si incontrano, si fondono e si annichilano), dove impari che non si sorride se non c’è un motivo, che non si tendono le braccia verso qualcosa o qualcuno che non verrà.

Eppure…

immaginiamo che il Meglio debba ancora venire; la cosa particolare è che, a differenza del passato, questa convinzione non aumenta il battito del nostro cuore ma, anzi, lo stabilizza.

Come naturale conseguenza di ciò che deve essere Giusto e Perfetto.

Una volta, ci atterriva l’idea di poter spegnere la Passione alla Vita. Ora abbiamo scoperto che, il rallentamento, non è una sconfitta di fronte alla speranza ma, invece, un nuovo modo di Amare. In sintonia con l’Armonia del Tutto.

Senza riferimenti certi perchè, in fondo, il Tutto, è il vero Benchmark. Quello da cui, infatti è nato, poi, Tutto.

Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano (Antoine de Saint-Exupery)

La vita, osserva Umberto Galimberti, non ha altro senso al di fuori di quello che abbiamo costruito con le nostre azioni.

Con l’azione diamo vita a un mondo che è di tutti certo, ma particolarmente nostro perché ci riguarda da vicino e ci coinvolge.

L’azione è basilare per l’esistenza tanto che la riflessione, cui facciamo ricorso nei momenti di forte consapevolezza, non può precedere l’azione. Se lo fa è qualcosa di sterile e umbratile che non favorisce e prepara nuove creatività.

L’azione, dunque.

Chi agisce realizza qualcosa che solo a posteriori si lascia giudicare con una certa sicurezza.

Quando ci guardiamo indietro non con occhio malinconico, ma per trovare la forza di andare avanti osserviamo che il sapore del passato non è fissato ad un gusto netto e deciso ma contiene sempre il dolce e l’amaro, come suona il titolo di un significativo film di qualche anno fa.

La vita, pertanto, non ha un solo sapore. In questo caso sarebbe qualcosa di monocorde che alla lunga non consentirebbe neanche di cogliere i sapori più autentici, essendo tutto giocato su un fondale piatto.

È il momento della caduta che dà senso al momento del rialzarsi con forza e giusta impazienza.

La vita, dovremmo essere abituati da piccoli a ciò, è “gradazione”, come ci insegna Melania Klein. Quella gradazione che implica una gradualità capace di ricordarci, in ogni momento, che noi agiamo nella sfera della possibilità.

Il dolce e l’amaro.

Non teniamo mai al tempo presente. Anticipiamo il futuro, che ci sembra lento ad arrivare, come se volessimo affrettarne il corso; rievochiamo il passato per fermarlo, perché troppo svelto.

Come chiunque altro, io non dispongo che di tre mezzi, per valutare l’esistenza umana: l’osservazione degli uomini (i quali, nella maggior parte dei casi si adoperano per nasconderci i loro segreti o per farci credere di averne); i libri (con gli inevitabili errori di prospettiva che sorgono fra le righe); lo studio di se stessi (è il metodo più difficile, il più insidioso ma, anche, il più fecondo)” (Marguerite Yourcenar – Memorie di Adriano)

Forse Leopardi aveva proprio ragione quando diceva che i momenti che preferiamo sono quelli di una quieta e dolce malinconia, dove tu piangi e non sai di che!

“Malinconia del passato, gioia del presente, pentimento del futuro: questa è la vita”( Cit.)

E allora?

La risposta è semplice e disarmante: cerchiamo di non vagare, “imprudenti” nei tempi che non ci appartengono e, semmai, impariamo a “pensare” e a “godere” a quello che ci appartiene. Il Presente.

Cari Lettori, riallacciandoci con la suggestiva immagine di “attesa” tratta da “Il Piccolo Principe” di Antoine de Saint-Exupery, vorremmo concludere questo editoriale proponendovi l’ascolto (magari a occhi socchiusi) di “River flows in you”  del compositore coreano Yruma.

Un fiume (di emozioni, di speranze, di amore…) scorre in ognuno di noi, infatti. “E ci sarà sempre un’altra opportunità, un’altra amicizia, un altro amore, una nuova forza. Per ogni fine c’è un nuovo inizio”.

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per avere suggerito molti degli interessanti aforismi inseriti nell’articolo.

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