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Se rinasco, se c’è un’altra vita… mi organizzo e… non ci casco nella ribollita! Vedo di trovare l’armatura… Dopo esco per verificare quant’è dura; alle emozioni darò la parte migliore senza mischiare, però, la testa col cuore!” 

E’ strano come una “canzonetta” di qualche tempo fa (cantata da Loredana Bertè e Mario Lavezzi) possa calzare a pennello uno stato d’animo. Quello di una Società delusa e disillusa da tante lotte di classe, che vede derubate le speranze dei suoi figli migliori e di quelli che, “zoppicando”, avrebbero bisogno di maggiori cure e attenzioni.

Cari Lettori, non è facile avere l’idea di cosa non ci capiti di ascoltare durante le lunghe ore della nostra “declinazione” a favore di chi ha bisogno. Pregiudizio vorrebbe che si tratti di gente “strana”, dai discorsi bislacchi…

A parte il fatto che ognuno di noi porta con sé la propria originalità la quale, agli occhi degli altri, può diventare “stranezza”, in realtà, le persone che incontriamo sono a volte, sì, fuori dal comune, ma nel senso che non si accontentano dell’ovvio e soffrono per non riuscire ad andare “oltre”.

Quello che ci colpisce (e, a volte, ci snerva) risiede nel fatto che, ognuno (molte volte in buona fede) porta avanti la propria verità che collide, però, con la verità dell’altro (anch’essa, molte volte ineccepibile) intossicandosi il tempo che gli resta da vivere e attendendo, da noi, una “miracolistica” quadratura del cerchio

Quando, poi, ascoltiamo e osserviamo le dinamiche che si determinano nella vita quotidiana (con tutte le sterili beghe che nascondono il bisogno di affermarsi a spese altrui), possiamo considerarci dei privilegiati, dal momento che (sempre nelle circostanze “professionali”) incontriamo, per lo più, gente che vuole migliorarsi.

Si è vero, abbiamo imparato  che esistono parametri oggettivi cui appellarsi salomonicamente.

Ma la logica universale, è applicabile (in un contesto dialogico) solo quando tutti i partecipanti al discorso sono d’accordo a seguirne i principi. In caso contrario la si usa lo stesso: si abbattono i conflitti interiori ma non le diatribe con gli altri.

È da un po’ di tempo che ci ritroviamo a confrontarci su un concetto in base al quale, se fosse vero che nasciamo più volte, ecco, in un’altra vita probabilmente vorremmo riparare frigoriferi.

Si, non automobili o telefonini, o computer  perché i loro proprietari finiscono col nevrotizzarti in funzione delle loro aspettative.

Per il frigorifero, basta che raffreddi. Magari senza fare brina.

“Un elefante nel salotto, non passa inosservato. Meglio presentarlo” (Randy Pausch).

È inutile far finta di nulla. Molte volte siamo insopportabiliQuesta è la verità. Ovviamente non possiamo garantire sulla veridicità della mitologia greca ma l’idea di Pandora ci affascina. Questa donna, la prima (pare) della mitologia greca, ricevette un vaso che conteneva tutti i mali del mondo; disobbedì all’ordine di non aprirlo. Quando lo scoperchiò il male si sparse sulla Terra (la vecchiaia, la gelosia, la malattia, la pazzia, etc.) 

“Il futuro è una scatola vuota in cui metti tutte le tue illusioni. Tutto quello che avresti voluto fare finisci col metterlo nel futuro E anche il passato è solo memoria, una scatola chiusa in cui hai messo quello che, in un modo o nell’altro ti piace mettere e da cui hai tolto quello che non ci vuoi” (Tiziano Terzani).

Allora, l’unica cosa vera è il presente. Se lo sai osservare. 

Qualche volta ci è stato chiesto di abbinare uno stato d’animo a un colore… ebbene siamo rimasti indecisi nello scegliere, dalla tavolozza, la tonalità del nostro umore “contemporaneo”.

Però, ci siamo resi conto del fatto che, sfogliando un qualsiasi giornale (di cronaca o di politica) di tempo fa, non riusciremmo a trovare molte differenze con le argomentazioni lamentose dell’oggi (i disvalori, l’importanza di eliminare il “lupo” che ci portiamo dentro, la solidarietà perduta, la questione meridionale, la corruzione dilagante, la meritocrazia mortificata, etc.). 

Chiedo ad un monaco della Mongolia: “Hai paura di morire?” e lui, di rimando: “Paura? Non vedo l’ora di morire… questa vita noiosa! Voglio vedere cosa c’è nella prossima”(Da La fine è il mio inizio – Tiziano Terzani – Longanesi Ed.)

I padri della patria. Ma chi sono?

Coloro che hanno gettato le basi per gli edifici dell’etica e della morale e che dovrebbero guidare i cittadini dell’urbe (intesi come popolazione di un costrutto). Analizzando il comportamento dei politici, cioè di coloro che si occupano del funzionamento della cosa pubblica (italiani o stranieri), troveremmo individui interessati ad occupare il loro tempo, baloccandosi sulle varie sfaccettature dell’esercizio del potere. Nessuno escluso. 

Ma d’altronde, noi cittadini, cosa facciamo? Quanto lontani siamo, dall’agìto madido di compromesso di chi ci governa? 

“Vedi questa gente? Osserva i loro cuori… li trovi carichi di odio? Ebbene tutta questa rabbia ce l’ho messa io, loro sono il risultato del mio operato!” (Nicola Romanov – Ultimo Zar di Russia).

Ma torniamo a quell’insieme di momenti che trascorriamo nel quotidiano. 

“Questa lezione sarà l’ultima occasione per molte persone a me care di vedermi in carne ed ossa… ho l’occasione di rafforzare il mio ricordo nella gente e fare tutto quello di cui sono capace, prima di morire…” “Davvero vuoi lasciarmi il giorno del mio compleanno?… è l’ultimo che celebreremo insieme!” 

Questo è il sunto di un dialogo estrapolato dal libro di Randy Pausch intitolato “l’ultima lezione. La vita spiegata da un uomo che muore” che sintetizza una lezione dell’autore (affetto da una grave patologia oncologica) alla Carnegie Mellon University della Pennsylvania.

Lui vorrebbe dare un senso agli ultimi momenti della sua vita… e lei si preoccupa di vedersi sottratta la possibilità di averlo a disposizione ancora una volta. E i sentimenti di chi sa di non avere un’altra possibilità, dove li mettiamo?

Ma è mai possibile che non esista un solo punto di vista accettabile, che non sia il nostro? 

Ma non è finita… 

“i miei familiari tengono un diario su cui scrivono le lamentele relativamente ai miei comportamenti. Questo li aiuta a scaricare fastidi e tensioni” (Randy Pausch). 

A volte ci domandiamo: ma non è che si decide di “morire” (murando il muro delle propri emozioni) perché, proprio, non se ne può più? 

“Il deserto è il grande mare prosciugato in cui si sono arenate le navi del destino.” (Romano Battaglia)

Cari Lettori, chissà, di noi, cosa scrivono sui loro diari: proviamo ad immaginare…

  • È un presuntuoso! (si è vero, nel senso che presumiamo di individuare corrette strategie operative. Ma d’altronde, non avremmo potuto svolgere il nostro lavoro, se fossimo stati degli indecisi).
  • È un opportunista! (probabilmente sbagliano nel confondere la capacità di trasformare avversità in opportunità).
  • È un accentratore! (in realtà deleghiamo ma cerchiamo di supervisionare per assumere oneri e responsabilità).
  • Lavora troppo! (si è vero e comincia a pesarci; ma siamo del parere che, quello che ti serve, lo devi conquistare con l’impegno). 
  • È diventato tirchio! (proprio perché ci pesa lavorare sottraendo tempo alla vita, cerchiamo di amministrarci, evitando sprechi). 
  • È arrogante (a volte ci arroghiamo il diritto di esprimere ai mediocri che provano a disturbare la nostra opera, quello che pensiamo di loro). 
  • È un po’ fissato con l’ordine e la pulizia ma, nei cassetti della scrivania, la roba è messa alla rinfusa! (non crediamo di essere afflitti da ossessioni in merito… però, siccome la nostra mente assorbe confusione, cerchiamo di “aspirare”, quando è possibile, quello che riporta in asse il sistema; per quanto riguarda la scrivania, proprio perché non siamo maniacali, “sorvoliamo”).
  • È permaloso e suscettibile! (ci infastidiamo quando provano ad abusare della nostra disponibilità… ma i monaci tibetani sono peggio di noi)
  • Russa! (a parte il fatto che è una caratteristica comune, ci deriva da una rinite vasomotorie legate a stress e “mascherine”: chiediamo, comunque, di essere svegliati quando accade, per poterci allontanare… sperando che non ci si lamenti dei nostri isolamenti). 

Cari Lettori, non siamo certo dei martiri, perché sappiamo proteggerci abbastanza dalle aggressioni (tanto per ritornare al concetto di presunzione) ma, riflettete per un attimo: chi non si è rivisto, per un verso o per un altro, in ciò che ho riportato? E siccome, ad ogni obiezione corrisponde sempre un’osservazione uguale e contraria, ecco che la verità diviene multiforme! 

Come spiegava Zygmunt Bauman a Riccardo Mazzeo (ne “Le sorgenti del male”), si beve caffè senza caffeina e birra senza alcol. Si adottano bambini a distanza e si fa finta di seguire la politica internazionale o, da un po’ di tempo a questa parte, le fluttuazioni dello spread; ci si sente fieri del proprio senso di responsabilità e della propria virtù, ma incapaci assolutamente, alla prova dei fatti, di provare autentica empatia per le persone significative della vita. È anche e soprattutto da qui che nasce una nuova classe umana desensibilizzata, che dispone di droni e tastiere d’una potenza inaudita per fare le guerre senza sporcarsi neppure un alluce sul terreno nemico: e di tutto questo, che dobbiamo aver paura.

“E tutti quelli che hanno rischiato la vita, che sono riusciti a ispirare altri a morire per una causa? – si, in quel momento si… ma poi, cosa rimane? Letame e ceneri!” (Tiziano Terzani).

Già, come la mettiamo con i vari Dalai Lama, Danilo Dolci, Madre Teresa di Calcutta, Giovanni Paolo Secondo, Nelson Mandela e compagnia bella? 

Non possiamo e non dobbiamo ignorarne la grandezza. 

Però, a parte il fatto che non li abbiamo frequentati nel privato per giudicarne il carattere, può darsi che noi esseri umani operiamo in tal senso: quando c’è da agglomerarsi intorno alla difesa o al recupero di valori importanti (pensiamo a Don Bosco, per esempio) riusciamo a trovare la spinta a tirare fuori il meglio di noi; nei momenti in cui si vive lontano dal bisogno di lottare o narcotizzati da un apparente benessere, finiamo col comportarci come le bestie che si abbeverano alle pozze della savana, dove i predatori si sfamano (all’occorrenza) e le prede continuano come se nulla fosse (tanto non è toccato a loro); o come i maiali nel loro recinto, che litigano quando qualcuno di loro invade lo spazio dell’altro, ignari del fatto che altri stanno decidendo per il loro futuro.

Cari Lettori, Fernando Pessoa era del parere che, nella vita attuale il mondo appartiene solo agli stupidi, agli insensibili e agli agitati e, in mezzo a loro, il diritto a vivere e raggiungere gli obiettivi si conquista quasi con gli stessi requisiti con cui si ottiene il ricovero in manicomio: (l’incapacità di pensare, l’amoralità e l’ipereccitazione). Noi, pur condividendo sconsolati, preferiamo però abbracciare il “pensiero” di Romano Battaglia per il quale, nella vita, ci sono giorni pieni di vento e pieni di rabbia, ci sono giorni pieni di pioggia e pieni di dolore, ci sono giorni pieni di lacrime; ma, poi, ci sono giorni pieni d’amore che ci danno il coraggio di andare avanti per tutti gli altri giorni.

A questo punto della storia facciamo fatica a individuare un finale degno di questo editoriale “a cuore aperto” e, allora, proviamo a proiettarci nella Mitologia Greca immaginando un Narciso maturo e finalmente adulto, ascoltare il proprio alter ego riflesso nell’acqua, “Non aver paura di affrontare l’angoscia della solitudine, perché l’importante è quello che gira dentro di te; continua a scoprire il piacere della relazione con gli altri! Non fare come quelli che esprimono il male di vivere attraverso oscure sillabe agli altri mute; trova conforto e pace guardando il mondo da quell’oblò che ti garantisce aria pulita e parole piene di forza incantatrice!” 

Ecco, cari Lettori, da questa visione della realtà nasce il nostro piacere (che, speriamo, diventi anche il vostro) di continuare a cercare il senso della vita in un’ottica di evoluzione e condivisione perché, sul fondo del vaso di Pandora, restava, comunque, la Speranza. 

Che è l’ultima a morire!

Mio fratello che guardi il mondo
E il mondo non somiglia a te
Mio fratello che guardi il cielo
E il cielo non ti guarda
Se c’è una strada sotto il mare
Prima o poi ci troverà
Se non c’è strada dentro il cuore degli altri
Prima o poi si traccerà

Sono nato e ho lavorato in ogni paese
E ho difeso con fatica la mia dignità
Sono nato e sono morto in ogni paese
E ho camminato in ogni strada del mondo che vedi

Enzo Ferraro – già Dirigente Scolastico, Letterato, Umanista, Politologo

Giorgio Marchese – Direttore “La Strad@”

Un ringraziamento affettuoso ad Amedeo Occhiuto, per avere suggerito molti degli interessanti aforismi inseriti nell’articolo.