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La prima stesura di questo articolo, risale al 7 settembre 2010. In pratica, più di 11 anni fa. E, nel frattempo, sovente ho rimpianto il momento che avrei goduto se fossi stato zitto o se avessero evitato di rivolgermi la parola. Troppo, per non rimetterci le mani, provando a rispondere alle interessanti domande formulate da Erminia Acri

BUONA LETTURA

Caro dottore, più cerco di seguire i vari dibattiti mediatici (soprattutto su Politica e Pandemia) più sono pervasa da un senso di tristezza e di disorientamento per l’evidenza sulle difficoltà nell’armonizzare la propria vita con quelle degli altri, anche quando si tenta di appellarsi ad un criterio valido universalmente, quale la logica.

Cara amica, comprendo il disappunto ma non deve meravigliarsi più di tanto.

Perché?

È possibile intendersi, infatti, quando i potenziali interlocutori, sono sufficientemente lucidi da sapere cosa chiedere per ottenere quello che serve al minor costo, col massimo vantaggio per entrambi. Sa cosa diceva Nietsche, nel suo “Così parlò Zarathustra”?

No.

I greci sono interessanti e importantissimi perché hanno una moltitudine di grandi solitari. Come fu possibile ciò? Bisogna studiarlo. M’interessa unicamente la posizione di un popolo rispetto all’educazione dei singoli; e quella dei greci è rispetto all’educazione dei singoli, certamente molto favorevole allo sviluppo dei singoli non per la bontà del popolo, ma per la lotta dei cattivi istinti.

Questo significa che, fin dall’antichità, si era capito che ognuno di noi, per il fatto di possedere un cervello troppo potente da governare, genera conflitti interiori che rendono i rapporti interpersonali abbastanza ostici.

A questo proposito, quando, a volte, quello che affermiamo collide con quanto dichiarato da un’altra persona, ed entrambi sosteniamo, con motivazioni specifiche, le proprie posizioni, la problematica nasce, per caso da una posizione egocentrica che non fa vedere tutta la realtà, perchè ognuno ne evidenzia solo una porzione?

Si.

Allora, il problema non si potrebbe risolvere cercando di osservare tutta la realtà, con l’ausilio di principi logici?

No.

E perché, scusi?

Premetto un’altra considerazione di Nietzsche, sempre dalla stessa opera: “Se io volessi scuotere quest’albero con le mani, non potrei. Ma il vento che noi non vediamo lo agita e curva a piacere. Noi siamo scossi e agitati nel peggiore dei modi da mani invisibili. Perchè ti spaventi di questo? Succede all’uomo quello che accade all’albero. Quanto più si protende verso l’alto e la luce, con tanta maggior forza si afferrano le sue radici alla terra, alle tenebre, all’abisso, nel male”.

Quindi, partendo da questa sorta di Handicap che ci portiamo dietro, noi dobbiamo immaginare la logica come un verificatore distaccato (probabilmente allocato in strutture neurologiche come l’ipotalamo), indifferente e rigido che risponde in maniera precisa a domande specifiche, senza interpretare e/o prevedere variabili aggiuntive. Capirà bene che, a quelle condizioni, la cosa non è affatto agevole!

E quindi?

Se due interlocutori non sono sintonizzati su uno stesso obiettivo, è probabile che generino quesiti diversi da verificare, che potrebbero ottenere, paradossalmente, entrambi parere positivo. Le faccio un esempio. Prendiamo in esame la situazione che potrebbe verificarsi nella vita in comune di una qualsiasi coppia. Nel caso in cui non ci si trovi d’accordo circa il tempo che ci si dedica a vicenda, sul piano quantitativo (magari uno dei due è troppo impegnato sul fronte lavorativo o degli svaghi), cosa potrebbe accadere nel caso si tirasse in ballo la logica?

Utilizziamo la nostra immaginazione (e un pizzico di Fantasia) e proviamo a simulare un dialogo interiore (a livello prevalentemente inconscio) che precede la comunicazione dialogica: ascoltiamo un “lui” (che, in una Società moderna, potrebbe benissimo essere anche una “lei”) impegnato in una dinamica familiare:

“Scusa, Logica, è corretto concludere che io impegni gran parte del mio tempo a procurare ciò che serve per appagare i bisogni della mia famiglia?” La risposta, inequivocabilmente sarebbe affermativa.

E adesso, ascoltiamo “lei” (o “lui”, nel caso delle parti invertite)

“Scusa, Logica, è corretto concludere che sia un errore trascurare valori importanti come lo scambio affettivo, il dialogo, l’intimità, etc. a favore di un esagerato impegno lavorativo? Anche in questo caso avremmo una risposta affermativa.

E com’è possibile scusi? Dov’è l’imbroglio?

Nessun imbroglio. La Logica fornisce risposte di tipo univoco sulla base di un codice binario: in pratica “si” o “no”. Ma a cosa? A domande circostanziate e precise! Per cui, nel caso preso in esame, alla Logica non importa proprio di fattori chiarenti del tipo:

“Ma perché lavora troppo?”

“Era un accordo che avevate preso precedentemente?”

“Sono intercorse motivazioni serie?”

“E’ cambiato qualcosa, nella qualità del vostro rapporto, che induca uno dei due a cercare una via di fuga?”

“Ciascuno di voi, che importanza dà al tempo che trascorre con se stesso e, inoltre, come, la presenza dell’altro, arricchisce o depaupera la qualità del rapporto con la propria identità?”

“Fra gli svaghi, quanto è importante la necessità di scaricare la tensione accumulata, attraverso una partita di calcetto, in maniera da evitare di danneggiare se stessi o il partner?”

Come vede, è la persona che deve saper porre le domande più giuste nel cercare, nelle risposte, i chiarimenti necessari per stabilire se si trova dalla parte del torto o da quello della ragione!

Ma allora, in simili circostanze, come dovrebbero comportarsi i dialoganti?

Il parlare è spesso un tormento per me e ho bisogno di molti giorni di silenzio per ricoverarmi dalla futilità delle parole”. (Carl Gustav Jiung)

Appunto perché “dialoganti” (cioè in grado di applicare il ragionamento nel discorso), dovrebbero trovare i motivi di una sintonia di obiettivi, in maniera da discutere intorno a motivazioni convergenti. Altrimenti, hai voglia di girare a vuoto! Sarebbe decisamente meglio, il silenzio.

Ed è difficile?

Partendo da una necessaria analisi di “organizzazioni di personalità” non orientate ai disturbi di tipo oppositivo – provocatorio, antisociale o simili e valutando situazioni di accettabile normalità (anche se con eventuali sfumature nevrotiche) è, comunque, “costoso” in termini di impegno. È necessario essere capaci e disponibili, individuarne i vantaggi e applicarsi in questo percorso di esplorazione sapendo che la vita (In questo caso specifico, lo stare insieme) è qualcosa che va affrontata con serietà, ricercandone il senso dal momento che, per qualsiasi nostra azione (interna o esterna) attiviamo complessi meccanismi psiconeuroendocrini ed epigenetici, che consumano energia, producono tossine e richiedono il ripristino antiossidante per evitare l’invecchiamento da usura.

Quanto è utile preoccuparsi di rispondere alle aspettative degli altri?

Ognuno di noi è calato all’interno di un sistema da cui prende ciò che serve per appagare le proprie necessità. Queste vanno, da elementi materiali (come i bisogni indispensabili), a prospettive in grado di consentire la realizzazione personale (un lavoro, un affetto, etc.).

Sarebbe troppo semplice aggiungere che parametriamo la nostra stimabilità in funzione di quanto risultiamo essere utili e rispondenti ai modelli del contorno sociale…

La verità è, comunque, basata sul fatto che ciascuno, condizionato (inequivocabilmente) da quello che ha imparato, cerca il raggiungimento di obiettivi, nel bene o nel male.

Cioè?

Io posso vivere inseguendo modelli comportamentali (cui darò una importanza direttamente proporzionale all’affinità con i miei Modelli Operativi Interni acquisiti in Famiglia) che mi portino a concludere che, alla fine della corsa, sono riuscito a diventare una brava persona…

Oppure?

Convinto di essere nel giusto (e sempre in funzione dei Modelli Operativi Interni), cercare vendetta per eventuali torti subiti. In entrambi i casi, senza accorgermene, avrò seguito una strada indicata da altri che mi hanno preceduto e che ho ritenuto (a torto o a ragione) persone di riferimento.

Sembrerebbe che siamo una sorta di marmellata universale incapace di libero arbitrio e, soprattutto, senza un riferimento oggettivamente logico!

A parte il fatto che, effettivamente, siamo il risultato di quella “zuppa” energetica chiamata Universo, per avere una risposta inequivocabilmente logica, mi segua su questo ragionamento.

Si.

Ci deve essere una ragione se siamo come siamo, sotto il profilo umano. Al di là delle speculazioni scientifico – filosofiche, esiste una realtà oggettiva: per mantenere in efficienza il complesso psicofisico di cui siamo composti, è necessario capire di cosa necessitiamo, in una dimensione ampia, universale e corretta, sul piano umano, che vada bene per qualsiasi individuo di ogni parte del mondo, in ogni epoca storica. A queste condizioni, giungeremmo a costruire una scala di bisogni, desideri e aspirazioni cui dare un valore. A quel punto, considerando che ognuno è, al tempo stesso, uguale (nei costituenti fondamentali chimico – biologici), simile (nel modo di appagare i bisogni, in base a fattori storico ambientali, che fungono da riferimento / apprendimento) e diverso (nel modo di produrre e vivere le proprie emozioni), costruiremo il nostro personale cammino di crescita interiore che ci farà produrre idee adeguate da sottoporre al vaglio della logica. Siccome, un simile percorso ci farebbe capire l’importanza dell’Io, che resiste se ci sono altri Io a dare una mano, con pari dignità, allora ci metteremmo in condizione di trovare i punti di convergenza su cui confrontarci. Ovviamente, sempre in funzione della “maturità” dell’Io (Componente fondamentale del nostro Inconscio, capace di: mediare tra la ricerca del piacere, il blocco morale e la realtà consentendoci un buon esame della realtà stessa; creare una adeguata immagine di sé; orientarci correttamente sul piano spazio temporale; consentirci una capacità di giudizio per il controllo delle pulsioni, la tolleranza delle frustrazioni e la “gestione” dei conflitti interiori.)

Scusi ma, allora, perché in alcuni suoi editoriali paragona gli esseri umani alle bestie?

Perché, piaccia o meno, allo stato attuale viviamo all’interno di un recinto chiamato Egoismo. Infatti, di solito ci conglomeriamo a due condizioni:

  • Quando dobbiamo lottare per motivi importanti;
  • Quando torniamo nell’impasto energetico da cui siamo venuti prima di diventare il prodotto dell’incontro fra un ovulo e uno spermatozoo che si chiama “zigote”.

Scusi l’incisività che, di solito, non mi appartiene. Basta “fottersene” e trovare conforto e pace dentro il proprio mondo interiore? Questo come si concilia con la ricerca del senso della vita in un’ottica di evoluzione e condivisione?

Carissima, non dimentichi il valore della solitudine, intesa come strumento per visualizzare tutto ciò che ci serve, quello che ci manca, come lo dobbiamo cercare, a chi chiederlo e, in ultimo, quale sia il giusto prezzo da pagare!

Non è che ci troviamo sempre più soli?

Solo chi si isola da se stesso, più che dal prossimo, è veramente solo” (Nicola Abbagnano)

G. M

Si ringrazia Erminia Acri per la formulazione delle domande