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Questo Articolo è stato scritto nel lontano settembre 2003 all’indomani di una interessante manifestazione tenuta nella Città di Acri, durante la quale si è riproposto il processo ai fratelli Bandiera. Questa volta, però, il difensore è stato l’avvocato Francesco Chiaia, all’epoca giovane Penalista. A distanza di quasi venti anni, l’avvocato Francesco Chiaia (ormai “promessa mantenuta” nel panorama penalistico nazionale) ha mantenuto la “freschezza” del ragazzo che guarda al Futuro con prospettive che riscaldano il cuore.

BUONA LETTURA

Dal

“Prontuario del Giovane Penalista”

Una Proposta per un Migliore Uso delle Proprie Capacità

I Processi del Passato- Una Difesa Moderna

– Il Processo Bandiera –

La Diversità del Giudizio nel Tempo – A cura di Francesco Chiaia avvocato penalista

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Con questo articolo tenterò di dare vita ad una rubrica rivolta a tutti i giovani colleghi come me, con particolare riguardo verso chi si occupa prevalentemente di contenzioso penale, che svolgono la professione di avvocato; una professione impegnativa ed allo stesso tempo esaltante, nuova nella misura in cui è antica.

Mi preme far presente che, come per questo primo articolo, tutta la serie non vuole essere una sorta di pubblicazione riservata a pochi, e con carattere di esclusiva.

Tutt’altro. Chiunque potrà leggere, sempre che lo vorrà, questi scritti, avvocato e non, giovani e meno giovani (a tal proposito, il prof. avv. Alfredo De Marsico, una vera e propria “istituzione” delle aule giudiziarie del secolo scorso, ebbe a definire l’età come… una calunnia anagrafica ), perché, prima si è esseri umani.

Ma, prima di passare alla lettura della discussione finale (cd. arringa) nel “Processo Bandiera”, mi pare utile fornire alcuni dati.

Ho scelto come inizio il processo “Bandiera”, per il “Prontuario del Giovane Penalista”, per una diversa serie di motivi. Innanzitutto, per i contenuti storici della vicenda, che ha connotato un periodo, fra i più importanti, della vita politica ed istituzionale della nostra Nazione; poi, perché attraverso questo processo del passato, mi è risultato più agevole distinguere come le idee in base alle quali, in determinati momenti storici, si determinano ed operano alcune scelte, al di là della loro giustizia od ingiustizia, altro non sono che il frutto degli apprendimenti degli uomini di quel tempo, e come tali vanno osservati; infine, perché voglio inviare un messaggio chiaro a tutti coloro i quali iniziano, proprio come me, un percorso professionale: ogni essere umano raggiunge risultati pari al suo impegno, quale che sia il “campo d’azione”.

Il mio intendimento, attraverso questa “rubrica”, è quello di trasmettere alcune idee sulla professione di giovane penalista; idee frutto di elaborazioni costanti, di intenso impegno quotidiano nella mia professione – iniziata presso uno studio legale civile, per quasi un anno, e, subito dopo, proseguita, durante una esperienza ultra quinquennale, presso uno studio legale penale “accorsato” il cui titolare ha all’attivo più di 45 anni di attività professionale, ed ora, come titolare di un mio studio – affinché coloro che decideranno di leggere questo mio lavoro, se lo vorranno, e sempre che giudicheranno utili queste mie riflessioni, potranno trarne alcune considerazioni, che sarei interessato a conoscere.

In secondo luogo, l’arringa, qui di seguito riportata, è stata da me tenuta in occasione di una manifestazione intitolata “I Fratelli Bandiera tra storia e diritto”, organizzata dall’Istituto Professionale Di Stato Per L’Industria E L’Artigianato di Acri, in provincia di Cosenza, inserita in un programma scolastico riguardante l’Educazione Alla Legalità, che grazie alla sinergia con il Movimento per la Tutela Dei Diritti Umani “NEUTRERGON ONLUS” di Cosenza – in cui anch’io presto la mia opera – e grazie all’entusiasmo operativo del suo presidente, il dott. Giorgio Marchese – ideatore e promotore del Movimento – mi ha permesso di poter fare un’esperienza professionale, seppure sotto forma teatrale, di rara soddisfazione: rifare il Processo ai Fratelli Bandiera nella qualità di difensore di tutti gli imputati, processo tenutosi davanti alla Gran Corte Criminale di Cosenza, in epoca risorgimentale. Il Magistrato del Pubblico Ministero è stato egregiamente impersonato da altra professionista, operante anch’ella nel “NEUTRERGON ONLUS”, l’avvocato Maria Cipparrone, che nel suo passato recente ha svolto la funzione di Magistrato del Pubblico Ministero Onorario, presso la allora Pretura Circondariale di Cosenza – ora Tribunale Monocratico -, per ben tre anni, e con ottimi risultati.

Da ultimo, ma non in ultimo, con questa mia iniziativa spero si possa avviare un dialogo, per un raffronto di idee, con chiunque lo desideri, per una crescita comune e migliore.

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Annotazioni.

Il processo è stato rifatto alla luce della vigente procedura penale italiana, ma mantenendo gli originari capi d’imputazione, seppur davanti ad altro organo giudicante:il Tribunale, anziché la Gran Corte Criminale, che erano: 1)- Cospirazione e attentato all’ordine pubblico per cambiare Governo ed eccitare i sudditi calabri alla rivolta; 2)- Sbarco furtivo a mano armata e con bandiera tricolore; 3)- Infrazione alle leggi sanitarie; 4)- Resistenza alla forza pubblica e uccisione dei suoi agenti in Belvedere Spinelli e parimenti di attacco e resistenza in San Giovanni in Fiore (CS); 5)- Aver introdotto carte e libri sediziosi.

Visto lo scopo della rappresentazione si è concordato, con gli organizzatori della manifestazione, di essere meno tecnici possibile durante il corso del processo, cercando di “raggiungere” più da vicino l’uditorio, pur nel rispetto delle forme processuali.

Con le linee guida, appena sopra tracciate, auguro una buona lettura.

Acri (CS) Palazzo Sanseverino Falcone,27 maggio del 2000.

In Difesa di:

Attilio Bandiera

Emilio Bandiera

Domenico Moro

Nicolò Ricciotti

Domenico Lupatello

Francesco Berti

Anacarsi Nardi

Signor Presidente, Signori Giudici a latere,

io parlo in difesa di Attilio Bandiera, di Emilio Bandiera, di Domenico Moro, di Nicolò Ricciotti, di Domenico Lupatello, di Francesco Berti, di Anacarsi Nardi.

Signori del Tribunale, tutti gli imputati devono essere mandati assolti per non aver commesso i fatti loro addebitati, ovvero perché i fatti non sono previsti dalla legge come reato.

Prima, però, di adempiere al mio dovere, sento più che mai necessario ringraziare ed apprezzare il Procuratore della Repubblica, dott.ssa Cipparrone, per la sua onestà intellettuale, per la sua limpidezza di pensiero, per la sua chiarezza espositiva. Ella, oggi, nella sua requisitoria, chiedendo l’assoluzione degli imputati, ha dimostrato che per essere migliori si deve avere il coraggio di cambiare idea, quando questa è scorretta, per non essere sostenuta da alcun apprezzabile dato della realtà, con la quale, necessariamente, ci si deve raffrontare.

Ma passiamo al processo. Tutti noi sappiamo che cos’è il processo penale.

Il processo penale è la sede in cui si ricostruiscono gli accadimenti, i fatti, attraverso, e sulla base, di testimonianze, documenti, esperimenti giudiziali… in una parola, attraverso le prove, valutate le quali il Giudice, al di là di ogni ragionevole dubbio, dovrà pervenire ad un accertamento di colpevolezza o di innocenza degli imputati. Signori, nel processo penale si ricostruisce la verità, o, almeno, si dovrebbe tentare di ricostruirla, nella maniera più corretta ed adeguata possibile.

Signor Presidente, Signori Giudici a latere, io non sono qui chiamato a dare pareri, o tenere lezioni di diritto processuale -… me ne guardo bene! – poiché sono certo delle capacità culturali e tecniche di questo eccellentissimo Tribunale; ho solo premesso queste considerazioni in quanto, a mio avviso, il processo, ogni processo, dall’età più antica alla prospettiva di un ulteriore futuro, è, e rimane, un tragitto fra…una ferita ed una sanzione. Ed ecco perché, in questa prospettiva si rende più che mai necessario, nell’irrogare la sanzione, una valutazione da parte del giudicante, dei fatti e delle condotte,… serena, affinchè la “sua giustizia” non diventi un discutibile approdo a spiaggia desertica. Un Giudice, non dimentichiamolo, è chiamato ad un compito fra i più delicati che un essere umano deve assolvere: giudicare un suo simile; voglio, a tal proposito, ricordare una frase di Victor Hugo: “Il Giudizio è il relativo, la Giustizia è l’assoluto, riflettete sulla differenza che passa tra un giudice ed un giusto”.

Facciamo un passo indietro in questo procedimento, e cerchiamo di capire insieme, come si è giunti a processare una verità, che, e lo affermo consapevolmente, nulla ha da spartire col reato!

Ed allora partiamo subito, per questo viaggio nei sentimenti, nelle emozioni…nell’animo umano.

In verità, io sono qui chiamato a difendere dei valori morali, sociali, soprattutto etici, che, e me ne dolgo, oggi sono alla sbarra!… Quanta amarezza provo per tutto ciò, proprio in quanto, consentitemelo, non riesco davvero a comprendere da cosa devo difendere questi giovani…, ma perché devo difenderli!

E, pur tuttavia, tenterò di portare alla luce, con tutte le mie possibilità, tutti quegli elementi che Vi condurranno a quella verità di innocenza dei miei assistiti, scandagliando tutte le prove, scindendole sino a frammentarle a molecolarizzarle, ad atomizzarle, se sarà necessario.

Vedete, durante tutto il corso del dibattimento, che si è librato ed è disceso, proprio come un’aquila che vola fra picchi ed abissi, si è delineato il leit-motiv che ha condotto questi giovani a lasciare una vita facile e comoda, per una fatta di problemi e di difficoltà…ma che cosa è la vita per questi giovani? È questo il quesito che dobbiamo affrontare, dando una risposta al quale, noi risaliremo alla verità, a quella verità vissuta prima attraverso un sogno,…un ideale, che ha condotto e mosso questi odierni imputati: la libertà!.

Ma procediamo con ordine, prendendo le mosse dalla requisitoria del Pubblico Ministero; e mi sia concesso aprire una parentesi: il difensore ha quale primo principio da rispettare, nella difesa penale, quello di non fermarsi alle richieste dell’accusa, né di sostare, o, peggio, “cullarsi” quando vi sia una richiesta favorevole ai propri assistiti; bisogna, invece, individuare quali siano gli elementi che sono emersi durante l’intero processo, sulla base dei quali orientare le proprie richieste difensive, ciò perché, così ritengo, si deve tener ben presente che l’accusa e la difesa fungono da lanterna, illuminando ora questo bivio ora l’altro, nel sentiero difficoltoso e tortuoso che conduce il giudice al giudizio.

Dicevo, prima della parentesi, di prendere le mosse dalla requisitoria del Pubblico Ministero. Noi tutti abbiamo ascoltato con attenzione le motivazioni che hanno indotto la dott.ssa Cipparrone a chiedere l’assoluzione di tutti gli imputati; intelligentemente, infatti, il Pubblico Ministero d’Udienza, ha tratto elementi utili dalle emergenze dibattimentali, in particolare, analizzando le deposizioni testimoniali di tutti i testi escussi e cogliendone, ove necessario, tutti i riscontri di verità, al di là della soggettività che connota le deposizioni testimoniali, a causa di ciò che ha percepito chi depone, in un ricordo che a volte rivive a distanza di mesi, e con la quale soggettività, consequenzialmente, si “…deve fare i conti”, per usare un’espressione icastica. Ma il Pubblico Ministero ha fatto di più, oggi, ha tesaurizzato l’interrogatorio cui i fratelli Attilio ed Emilio Bandiera si sono sottoposti all’esito dell’escussione di tutti i testi del processo.

Ciò mi consente di non sottrarre tempo al Tribunale nel ripercorrere tutte le tappe delle deposizioni, e di risparmiare ogni altro giudizio su alcuni testi, che ho già avuto modo di sconfessare come dei sicofanti: mi riferisco ai delatori di mestiere – così come è emerso dal loro esame e contro – esame – i traditori Micciarelli e Boccheciampe, che abbiamo appreso essere infiltratisi nell’animo di questi giovani al solo scopo di carpirne i sogni e le speranze, che per i due mercenari altro non rappresentavano che merce di scambio per la loro avidità!

Un dato costante campeggia sopra tutto, in questo processo, basta analizzare le deposizioni dei testi e l’esame dei due giovani fratelli Bandiera, ed è il seguente: che l’unico torto di questi giovani è stato quello di aver pensato alla libertà, come concetto puro, un concetto che partendo da dentro ognuno di noi, può essere realizzato all’esterno di noi, senza arrecar danno ad altri, così come è accaduto. Ed allora, può mai dirsi reato l’immaginare di organizzare pacificamente uno stato, senza tiranni, uno stato capace di autodeterminarsi nelle scelte politico-sociali-economiche, solo sulla base della propaganda di ideali nati con l’essere umano: autonomia ed indipendenza relativa “…dove finisce il tuo spazio inizia il mio”, chiarezza nella scelta degli obbiettivi da perseguire, capacità di ragionare e dialogare avendo a parametro lo scambio corretto “io ti do tu mi dai, nessuno sottrae”,… può dirsi reato tutto ciò? Sono questi gli elementi antigiuridici che la norma penale vuole sanzionati? Credo che sia pleonastico rispondere a questi interrogativi.

Signori del Tribunale io sto avviandomi a concludere questa mia discussione, poiché ritengo che si possa cominciare a tirare le somme, tuttavia consapevole che altro avrei potuto e dovuto dire, ma, qui, in questo momento, voglio provare a fermare l’attimo, e ciò farò leggendo un vibrante passo letterario, relativo ad avvenimenti storici realmente accaduti, perché, ne sono certo, “fotografa” ciò che hanno sentito e provato questi giovani “dentro”, e ciò che io sento e provo “dentro” di me per loro,… che ritengo come miei fratelli.

Il brano che vado a leggere è tratto dall’opera di William Shakespeare “Enrico V”.

Siamo all’alba della battaglia di Agincourt; gli inglesi, in inferiorità numerica, contro le forze francesi, si accingono allo scontro finale, e l’animo dei soldati inglesi è in tumulto; Enrico V, il loro re, capisce che è necessario scendere fra l’esercito di cui è stato sempre alla testa sul campo di battaglia, e pronunciare il discorso che vado a leggere.

– “WESTMORELAND (suo cugino): Oh, potessimo aver qui ora soltanto diecimila di quegli uomini che oggi in Inghilterra se ne stanno senza far niente!

ENRICO: chi è che desidera questo? Mio cugino Westmoreland? No, mio bel cugino. Se siamo segnati per morire, siamo abbastanza da procurare perdite al nostro paese; e se per vivere, meno gli uomini, maggiore per ciascuno la quota di gloria. Per amor di Dio! Ti prego, non desiderare un solo uomo di più. Per Giove, io non sono bramoso d’oro, né mi importa chi si nutre a mie spese; non mi affliggo se la gente indossa i miei vestiti; queste cose esteriori non hanno posto nei miei desideri. Ma se è una colpa agognare la gloria, sono l’essere più colpevole che esista sulla terra. No, veramente, cugino, non desiderare qui nessun altro dall’Inghilterra. Per la pace di Dio! Non vorrei perdere una gloria così grande, quale mi sembra che l’aggiunta di un sol uomo mi toglierebbe, per quanto di meglio possa sperare al mondo. Oh, non desiderarne uno di più! Proclama piuttosto, Westmoreland, per tutto il mio esercito che chi non ha voglia di battersi oggi se ne vada; sarà fornito di passaporto e riceverà nel suo soldo il denaro per il viaggio: non vorremmo morire in compagnia d’un uomo che abbia paura d’esser nostro compagno nella morte. Questo giorno si chiama la festa di Crispiano: chi sopravviverà a questo giorno e tornerà salvo in patria, si rizzerà sulle punte dei piedi alla menzione di questo giorno, e sentirà un fremito al solo nome di Crispiano. Chi assisterà a questo giorno e arriverà alla vecchiaia, ogni anno, alla vigilia, offrirà un banchetto ai vicini e dirà:<< Domani è san Crispiano>>. Poi si rimboccherà la manica e mostrerà le cicatrici e dirà:<< Queste ferite le ho ricevute il giorno di Crispino>>.

I vecchi tutto dimenticano; tuttavia, egli tutto dimenticherà ma ricorderà, anche ricamandoci sopra, le gesta compiute quel giorno. Allora i nomi nostri, familiari sulla sua bocca, come parole domestiche, (…) rivivranno al ricordo fra i loro bicchieri traboccanti.

Questo racconto il brav’uomo farà al figlio; e Crispino Crispiano non passerà mai, da oggi alla fine del mondo, senza che in esso noi non saremo ricordati – noi pochi, noi pochi fortunati, noi manipolo di fratelli; poiché chi versa oggi il suo sangue con me sarà mio fratello; per infima che sia la sua nascita questo giorno nobiliterà il suo rango: e gentiluomini ora a letto in Inghilterra si considereranno maledetti dal destino per non esser stati qui e terranno a vile il loro valore mentre parlerà chiunque abbia combattuto con noi il giorno di san Crispino.” –

Signor Presidente, Signori Giudici, ho veramente finito, e vi chiedo, come ha sostenuto il Pubblico Ministero, di assolvere tutti gli imputati da tutte le accuse mosse loro; poiché solo assolvendoli, a mio parere, potrà essere ristabilita una Giustizia di cui questi giovani, sino ad oggi sono stati creditori.

Dal canto mio, nel concludere nei sensi con i quali ho iniziato, Vi ringrazio per avermi ascoltato, e ringrazio i miei Clienti per avermi onorato della loro fiducia, ed a loro dico di non temere da giudici di un paese da dove il messaggio del diritto partì verso tutti i popoli della terra.

– Avv. Francesco Chiaia –