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La tematica di questo articolo, pubblicato, per la prima volta, il 9 febbraio 2006, è troppo interessante, per non riproporla. Ovviamente: riveduta, arricchita e corretta.

BUONA LETTURA

Nell’anno 2169, le persone sono geneticamente programmate per invecchiare soltanto fino a 25 anni: da quel momento, sul loro braccio un timer, fermo dalla nascita fino ad allora, inizia un conto alla rovescia, che dura solo un altro anno, al termine del quale l’individuo morirà all’istante. Questo limite può essere esteso con ulteriore tempo, permettendo di vivere ancora, senza peraltro invecchiare fisicamente. Il tempo quindi è finito per diventare la valuta corrente con cui la gente viene pagata per il proprio lavoro, ed è il mezzo di pagamento per le necessità ed i lussi; infatti, tramite una particolare tecnologia, è possibile immagazzinarlo in appositi apparecchi, trasferirlo di persona in persona, e così via. Pertanto ne risulta una società squilibrata, dove i ricchi possono vivere per sempre, mentre gli altri cercano di negoziare giorno per giorno la loro sopravvivenza… (Fonte Wikipedia)

Cari lettori, in questo incipit, tratto dal film In Time, scritto e diretto, nel 2011 da Andrew Niccol, sembrerebbe che, anche in Società dove il Tempo vitale diventi moneta corrente, le sperequazioni a danno dei più poveri, continuerebbero a rimanere.

A parte il fatto che, già ora, le condizioni, a ben riflettere, stanno in questo modo (infatti, tutto ciò che acquistiamo, lo otteniamo investendo tempo da dedicare ad un lavoro in grado di produrre denaro), bisognerebbe capire chi sono i ricchi e chi, invece, i poveri.

Consumiamo ogni giorno senza pensare, senza accorgerci che il consumo sta consumando noi e la sostanza del nostro desiderio. È una guerra silenziosa e la stiamo perdendo. (Zygmunt Bauman)

Parafrasando il passo di un famoso libro di Luciano de Crescenzo (Il Dubbio – Mondadori Ed. – MILANO 1992) molti di noi, ad un certo punto della vita, si “vedono” seduti su una poltrona posta al bivio fra l’angolo dei ricordi e la strada della speranza, a tracciare un bilancio degli eventi per continuare a credere che la propria il proprio scorrere del tempo avrà ancora un senso, nonostante la “polvere” del quotidiano, lentamente, “sbiadisca” sogni, ricordi, emozioni.

“Non penso mai al futuro, arriva così presto” (Albert Einstein)

Perché gli uomini si trovino a dover condurre in porto quell’inestricabile avventura che connota gli elementi salienti della parabola esistenziale, ancora non ci è dato saperlo. Probabilmente per contribuire (come “pellegrini”) al cammino evolutivo di un percorso già scritto nelle (e dalle) Leggi di Natura e di cui noi dobbiamo scoprire come “arrivare” a destinazione. Per ciò che riguarda il contingente, invece, siamo giunti alla conclusione che, nel tempo a nostra disposizione, è necessario realizzarsi mediante un impegno (che la Società Occidentale chiama “Lavoro”) capace di riconoscerci un’adeguata dignità, delle relazioni affettive e una buona gestione del proprio tempo libero.

Il tutto (per ricollegarci al discorso precedente) per aiutarci nell’evoluzione del passaggio dal narcisismo fusionale del rapporto con la propria Madre (che ci ha generato obbedendo, a sua volta, alle leggi della Creazione) alle relazioni oggettuali (cioè con il mondo esterno) nelle quali cerchiamo, comunque, un volto amico e delle mani che si possano prendere cura.

Se così non fosse, la nostra vita scorrerebbe come quella descritta nella fenomenale “Lezione” di Tonino Capone (filosofo elettrauto) e dei suoi simbolici 24 gettoni di libertà…

“La vita quotidiana” dice Tonino “è come il Monopoli: all’inizio ogni giocatore riceve dal banco ventiquattro gettoni di libertà, un gettone per ogni ora del giorno. Il gioco consiste nel saperli spendere nel modo migliore. Noi per vivere abbiamo bisogno di due cose: di un po’ di soldi, per essere indipendenti dal punto di vista economico e di un po’ di affetto, per superare indenni i momenti di solitudine. Queste due cose però non le regala nessuno: te le devi comprare e te le fanno pagare a caro prezzo con ore e ore di libertà. I meridionali, per esempio, sono portati a desiderare il posto sicuro, lo stipendio fisso tutti i ventisette. Non dico che si tratti di un mestiere stressante, tutt’altro, però in termini di libertà l’impiego è un impegno tra i più costosi che esistono: otto ore al giorno significano otto gettoni da pagare, senza considerare gli straordinari e un eventuale secondo lavoro. E veniamo all’amore: anche in questo caso l’uomo si orienta per una sistemazione di tutto riposo, si trova moglie e spera di ottenere da lei quello stipendio affettivo di cui sente il bisogno. Pure questa soluzione ha il suo costo: nella migliore delle ipotesi sono altre ore di libertà che vanno a farsi benedire. La moglie aspetta il marito che appena finito l’orario di ufficio e lo sequestra. A questo punto facciamoci i conti: otto ore per il lavoro, sei per la moglie, ne restano ancora dieci e bisogna dormire, lavarsi, mangiare e andare su e giù con la macchina tra la casa e il posto di lavoro” (Luciano de Crescenzo Storia della filosofia greca, Mondadori Editore – MILANO 1986).

“Una tonnellata d’oro non può comprare una briciola di tempo” (Proverbio Cinese)

Ecco, dunque che (tornando al ragionamento precedente) è ricco chi sa come utilizzare il tempo a disposizione (dando un senso e uno scopo al proprio “andare”) ed è povero, invece, chi, paradossalmente, ha tutto ciò che potrebbe soddisfargli ogni sfizio e capriccio… ma non sa dare un perchè, al suo impegno quotidiano…

Grazie ad un buon livello di salute, l’individuo e il gruppo devono essere in grado di identificare e sviluppare le proprie aspirazioni, soddisfare i propri bisogni, modificare l’ambiente e adattarvisi”. (Carta di Ottawa, 1984)

Una sera, entrando in un bar della zona 12, Will conosce un uomo, Henry Hamilton, intento ad offrire da bere a tutti, nel tentativo di riuscire a spendere tutto il proprio tempo, che segna più di 116 anni. Improvvisamente, nel bar irrompono i Minutemen, criminali che sottraggono il tempo agli abitanti della zona 12. Tutti scappano, tranne Will, che decide di aiutare Hamilton. Si nascondono in un fabbricato e Hamilton spiega a Will il motivo per cui ha deciso di smettere di vivere. Egli ha già vissuto 105 anni e non vuole più continuare a vivere in questo modo, come un privilegiato: infatti ha anche scoperto che ci sono delle persone che controllano tutto (i prezzi, le paghe, ecc..) per fare in modo che la società rimanga divisa tra ricchi e poveri, con il fine di mantenere il loro status. Se tutti vivessero in eterno, infatti, ci sarebbe una crisi perché il mondo non è illimitato, quindi la gestione delle tasse e delle paghe viene fatta in modo che pochi vivano secoli, millenni o per sempre, mentre i poveri continuino a morire, mantenendo un equilibrio.La mattina dopo Hamilton, mentre Will dorme, gli regala tutti i suoi 116 anni di vita, morendo poco dopo. La sera successiva, la madre di Will finisce il proprio tempo a causa dell’inflazione, prima che possa raggiungere il figlio e morendo fra le sue braccia. (In Time – Fonte Wikipedia)

il vero amore può nascondersi, confondersi ma non può perdersi mai… sempre e per sempre, dalla stessa parte, mi troverai… (F. de Gregori – Sempre e per sempre).

Com’è possibile che nella nostra Società esistano dislivelli tanto evidenti che congiungono i picchi estremi che stanno fra la poesia (quella vera, quella che ti scalda l’animo e ti sblocca il cervello) e i paradossi contemporanei che, per delle opportunità offerte (comodità, previdenze di vario genere, etc.), ti prendono la vita a prezzo usuraio? 

“Il tempo è la cosa più preziosa che un uomo possa spendere (Teofrasto)

Partiamo dal principio, che il tempo si può considerare come la dimensione all’interno della quale viene concepito e ricordato il trascorrere delle cose e degli eventi e che, ognuno, percepisce il tutto in maniera soggettiva in relazione al proprio umore del momento, al meccanismo della “sensibilità” percettiva e alle proprie esperienze che gli hanno insegnato il valore dell’attesa.

Si va sotto stress (con accelerazione psicofisica di affaticamento), ogni volta che ci si deve adeguare a variazioni considerevoli del mondo esterno (ambientali, sociali, lavorative, familiari, etc.) o del mondo interno (fluttuazioni del tono dell’umore, oscillazione del bioritmo funzionale di organi ed apparati).

Adeguarsi, questa è la parola chiave…

Adeguarsi, significa assumere la norma di vita o il comportamento più idoneo, rispetto alle circostanze. Ci si può adeguare attraverso la messa in atto di sistemi di adattamento, oppure subendo il mutare degli eventi (esterni e/o interni).

Con il termine adattamento” si indica la capacità di accomodarsi alla meglio, creando dei nuovi equilibri, rispetto alle condizioni che si presentano. Attraverso il “subire” ci si adegua al mutare degli eventi, con rassegnazione, cercando di reprimere la “legittima” ribellione interna.

Diventa importante, a questo punto, considerare il nostro percorso che ci ha condotto dall’essere bambini bisognosi di protezione, al divenire adolescenti contestatori. È questo lasso di tempo che ha guidato la strutturazione della nostra Personalità, sia sul piano dell’Organizzazione (in funzione di quanto sappiamo mediare tra la ricerca del Piacere e il rispetto della Legge; di come ci contestualizziamo sul piano spazio temporale;  di quanto creiamo una adeguata immagine interiore e di come controlliamo le pulsioni, tolleriamo le frustrazioni e  “gestiamo” i conflitti interiori) e del Funzionamento.

“E tu mi vieni a dire, che l’uomo muore lontano dalla vita, in una quasi indifferenza, non più capace di ritrovare il suo pianeta fatto di aria e luce. E tu mi vieni a dire, che il mio presente è come un breve amore del tutto inconsistente…vicino al capolinea, al temine del mondo. E tu mi vieni a dire che non c’è più nessuno che sceglie il suo destino non ci rendiamo conto che siamo tutti in preda di un grande smarrimento, non più in grado di capire cosa c’è di vero, nell’arco di una vita, tra la culla e il cimitero. Ma io ti voglio dire che non è mai finita, che tutto quel che accade, fa parte della vita” (G. Gaber – Verso il terzo millennio).

La Natura ci sospinge, con l’artificio della curiosità, a procedere sul cammino. La l’intensità di tale motivazione, però, ha un andamento inversamente proporzionale al fattore anagrafico e si spegna man mano che invecchiamo. Ecco perché bisogna dare un senso a ciò che “ci” porta avanti, anche quando sembra che, un senso, non ce l’abbia. 

“All’età di cinquant’anni, ogni uomo ha la faccia che si merita” (George Orwell).

Ma il tempo, trascorre per tutti allo stesso modo? Sosteneva Sant’Agostino, che il concetto di tempo (come unità di misura che misura i vari momenti della nostra esistenza) sia molto difficile da comprendere, in quanto è solo una dimensione dell’anima.

“Il passato non esiste in quanto non è più, il futuro non esiste in quanto deve ancora essere, e il presente è solo un istante di separazione tra passato e futuro!”

 E allora, come si devono intendere questi termini per non rischiare di perdersi nel qualunquismo di quelli liquidano tutto, rifugiandosi nelle citazioni di chi, ormai, non può più replicare?

Riflettendo, il passato costituisce il pianeta dei ricordi (che, in genere, si vivono con nostalgia o rammarico), il futuro rappresenta l’occasione per sperare in qualcosa. E il presente? “Incarna” l’opportunità di concretizzare! 

“Si potrebbe dire che l’eterno mistero del mondo sia la sua comprensibilità”. (Albert Einstein)

Forse la consapevolezza di una vita limitata nel tempo, porta alla ricerca di accelerare la realizzazione degli eventi. Personalmente, sono stato un bulimico. Non tanto di cibo quanto di emozioni. Questo mi ha portato sovente alla necessità di un superlavoro mentale per far quadrare il rapporto fra tempo, problemi e capacità di “smaltimento”. Il tutto si è aggravato dal momento che ho impattato spesso, troppo, con i limiti e la superficialità altrui.

Poi, ho cominciato a spiegarmi che, se da una parte ogni giorno della vita ci pone di fronte problematiche da risolvere, dall’altra se non avessi nulla da svolgere, durante una giornata, finirei col non sapere come allenare le mie capacità potenziali.

E, quindi, ho scoperto che concetti come vita, tempo e problemi, vanno analizzati come si può sorseggiare un calice di ottimo vino.

“I mostri che abbiamo dentro, silenziosi geni egoisti, vivono in ogni uomo nascosti nell’inconscio come un atavico richiamo” (G. Gaber – I mostri che abbiamo dentro).

Forse è perché si è distorto il valore della parola Io. Da propellente per tentare i primi passi verso la certezza di sapersi migliori, col tempo diventa sempre più fastidioso, come il segno di un pensiero infantile: Io, io… e ancora io

Strana parola, io.

Spesso nasconde la paura di non essere nessuno. Che condanna, per chi ritiene di non essere nato per restare confuso nell’anonimato. Io, monosillabo “innocente”, vissuto come il primo e l’ultimo peccato originale. 

“Non fuggire in cerca di libertà quando la tua più grande prigione è dentro di te” (Jim Morrison).

Insomma, quali sono i criteri da usare per programmare e organizzare al meglio il proprio lavoro e, in definitiva, la propria vita?

  • Tempo a disposizione;
  • Energia da destinare;
  • Motivazione all’agire.

Il tutto, ovviamente, valutando gli obiettivi e “scoprendo”, in sé, la voglia di affrontare il quotidiano (con un occhio al futuro, senza dimenticare il passato) in base alle proprie competenze e, possibilmente, operando una verifica preventiva, per ridurre il margine di rischio. Questo è tutto.

“Vista dai giovani, la vita è un avvenire infinitamente lungo. Vista dai vecchi, un passato molto breve” (Arthur Schopenhauer).

Will decide di sfruttare il patrimonio ottenuto per andare a New Greenwich nella zona 4, la più ricca. La sera va a giocare in un casinò dove incontra il ricco signor Weis e sua figlia Sylvia; con una partita a poker Will riesce a guadagnare 900 anni. Nel frattempo, il Guardiano del Tempo Raymond Leon si mette sulle tracce degli anni di Hamilton, che sono spariti dopo la sua morte, e li rintraccia in possesso di Will.

La sera seguente l’agente lo arresta, lasciandogli solo due ore di vita. Will riesce a liberarsi e fugge prendendo in ostaggio Sylvia Weis. Tornato al ghetto tenta di ricattare il signor Weis: 1000 anni all’associazione Caritas della zona 12 in cambio di Sylvia.

Il signor Weis non accetta e manda Leon a cercarli. Quando Sylvia scopre che il padre non era disposto a pagare, aiuta Will a fuggire e si unisce a lui nel tentativo di sovvertire il sistema. I due cominciano a rapinare le “banche del tempo” della famiglia Weis, regalando il tempo ai più poveri. Tuttavia, il sistema risponde aumentando i prezzi e riportando la situazione come prima. Per sovvertire le cose, i due fingono di arrendersi al signor Weis, per poi prenderlo in ostaggio e rubargli un milione di anni. Inseguiti da Leon, i due giungono nel ghetto distribuendo il tempo, per poi fuggire di nuovo inseguiti dal guardiano.

Quando Leon finalmente riesce a braccare i due criminali, si rende conto troppo tardi che nella foga dell’inseguimento aveva dimenticato di prelevare altre ore di vita, finendo così il tempo a sua disposizione. Anche per Sylvia e Will il tempo sta per scadere, ma riescono a raggiungere in tempo l’auto di Leon e dunque a rimanere in vita prendendo il suo tempo. Il milione di anni distribuito scatena un esodo dalla zona 12 a New Greenwich, sovvertendo qualsiasi ordine stabilito e generando, nel Sistema, una sorta di caos perequativo, proprio come Will voleva che accadesse. (In Time – Fonte Wikipedia)

Cari Lettori, a ciascuno di noi resta il compito di terminare questo articolo per come meglio sente che possa calzargli. Prendendo spunto da un suggerimento di Gianni Rodari, ogni lettore scontento del finale, può cambiarlo a suo piacere, aggiungendo  un capitolo o due. O anche tredici. Perché non bisogna mai lasciarsi spaventare dalla parola FINE.

In fondo, come ha detto qualcuno, chi cerca la verità dell’essere umano, deve anche farsi padrone del suo Dolore.

Per quel che mi riguarda, trovo suggestiva la riflessione suggeritami dall’Amico Amedeo Occhiuto

Come se vedessi il mare per la prima volta: con quegli occhi pieni di stupore, dovresti incontrare la vita. Ogni giorno. (Cit.)

Perché tutto è nato dal Fuoco dell’esplosione primordiale che, raffreddandosi, è diventato Terra la quale, irrigata dall’Acqua del mare, ha creato la natura che conosciamo e l’Aria e respiriamo.

G. M.

P.S. Questo articolo è stato pensato per essere “assaporato” in momenti successivi. Quando vi, se vi va, provate a rileggerlo con questa suggestiva musica di sottofondo. Quando vi va, se vi va, fatemi sapere cosa ve ne pare.