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“Buongiorno, sono separata da sette anni, con un figlio, ora maggiorenne. All’epoca della separazione, a me era stata attribuita la casa familiare, in cui abitare con mio figlio che, però, da quest’anno trascorre molto tempo fuori, in altra città, per gli studi universitari. A queste condizioni potrei perdere il diritto di abitare nella casa familiare?”

La casa familiare viene assegnata tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli minorenni e dei figli maggiorenni non autosufficienti a permanere nell’ambiente domestico in cui sono cresciuti, per garantire il mantenimento delle loro abitudini di vita e delle relazioni sociali radicatesi in tale ambiente.  Ciò in virtù dell’articolo n.337 sexies cod. civ, che così dispone: << Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli. Dell’assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l’eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l’assegnatario non abiti o cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio. Il provvedimento di assegnazione e quello di revoca sono trascrivibili e opponibili a terzi ai sensi dell’articolo 2643.

 In presenza di figli minori, ciascuno dei genitori è obbligato a comunicare all’altro, entro il termine perentorio di trenta giorni, l’avvenuto cambiamento di residenza o di domicilio. La mancata comunicazione obbliga al risarcimento del danno eventualmente verificatosi a carico del coniuge o dei figli per la difficoltà di reperire il soggetto.>>

Come ha avuto modo di precisare la Corte di Cassazione con la sentenza n.16134 del 17.06.2019, la “convivenza” comporta “la stabile dimora del figlio maggiorenne presso la casa familiare stessa, sia pure con eventuali sporadici allontanamenti per brevi periodi e con esclusione, quindi, dell’ipotesi di rarità dei ritorni, ancorché regolari, configurandosi in tal caso, invece, un rapporto di mera ospitalità; deve pertanto sussistere un collegamento stabile con l’abitazione del genitore, caratterizzato da coabitazione che, ancorché non quotidiana, sia compatibile con l’assenza del figlio anche per periodi non brevi per motivi di studio o di lavoro, purché vi faccia ritorno appena possibile e l’effettiva presenza sia temporalmente prevalente in relazione ad una determinata unità di tempo (anno, semestre, mese)”. Nel caso specifico, la Suprema Corte ha confermato il provvedimento di revoca dell’assegnazione della casa coniugale in quanto il rientro del figlio (iscritto all’università in altra città) nell’abitazione familiare avveniva solo per pochi giorni durante le vacanze natalizie, pasquali ed estive.

Pertanto, nessuna revoca dell’assegnazione può intervenire solo per la scelta del figlio, maggiorenne ma non ancora economicamente autosufficiente, di andare a studiare in un’altra città, lontana dalla casa familiare, purchè il figlio continui ad avere un collegamento stabile con l’abitazione in cui convive con il genitore assegnatario.

Erminia Acri-Avvocato

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