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Quando si parla di storia, soprattutto di storia della scienza, è facile cadere nella retorica del “genio”. Così Einstein, Darwin, Pasteur, Marie Curie, ma anche Becquerel e Pierre Curie, Lavoisier, Darwin erano tutti dei geni e l’elenco potrebbe allungarsi a dismisura. Ora, nessuno vuol togliere il merito a questi protagonisti del nostro passato e sminuire in alcun modo il loro lavoro, certo questo costante, spesso eccessivo riferimento alla genialità rischia di essere fuorviante. Chiunque sia oggi ricordato per una o più scoperte scientifiche di rilievo è stato certamente un personaggio di prim’ordine che ha ottenuto risultati eccezionali e al quale dobbiamo non poca riconoscenza. Il punto non è questo, quanto piuttosto cercare di capire cosa si nasconda davvero dietro l’epiteto del genio.

L’idea che trasmette “l’epica del genio” è che la scienza vada avanti a colpi di genio, che ogni venti o trent’anni arrivi qualche essere superiore capace, attraverso una serie di intuizioni incomprensibile ai più, di risolvere un problema, a formulare una nuova teoria; e poi? E poi tocca aspettare la nascita del prossimo personaggio in grado di fare un altro salto quantico.


Questa visione crea una distanza fra le persone e il fare scienza e restituisce un’idea profondamente sbagliata del progresso scientifico. Se infatti cerchiamo di comprendere a fondo i protagonisti della nostra storia, ci renderemo conto che quello che chiamiamo genialità è un cocktail di doti, in una quantità assolutamente eccezionale, che possediamo tutti: passione, tenacia, determinazione, curiosità e cura, metodo, rigore, predisposizione al confronto con gli altri, attenta osservazione, immaginazione, costanza e perseveranza, solo per citarne alcune. Non poco certo, ma si tratta sempre di doti che almeno sulla carta possediamo tutti. Quando infatti facciamo qualcosa che ci appassiona e a cui teniamo profondamente iniziamo a sfoggiarle in qualche misura. Ovviamente è improbabile che ognuno di noi possa vincere due premi Nobel come Marie Curie, ma non è questo il punto: tutti noi, come lei stessa diceva, possiamo impegnarci il più possibile nel fare ciò che amiamo.

Inoltre è sempre importante ricordare che gli scienziati che oggi annoveriamo fra i protagonisti del sapere scientifico hanno effettivamente ottenuto risultati di prim’ordine nei loro rispettivi settori, ma è come se avessero tagliato il traguardo di una lunga staffetta. La scienza è sempre stata un lavoro di squadra, il prodotto di una comunità, una forma di creazione che trae linfa dal confronto tra persone, da diversi punti di vista e orientamenti, dalla naturale evoluzione che il sapere compie nella trasmissione da una persona all’altra. Tutti “geni” che popolano libri e storie non sarebbero oggi in alcun modo ricordati se non avessero fatto parte e se non avessero saputo far tesoro di un sapere comunitario, delle istituzioni scientifiche, di migliaia di loro colleghi che oggi non sono ricordati.

Senza nulla voler togliere al loro operato, la storia della scienza oggi anzi che creare distanze fra noi e loro, dovrebbe aiutarci a proseguire il loro cammino. Non dovremmo dunque venerarli come esseri irraggiungibili, ma fare nostri i loro valori, seguire nei fatti i loro passi, continuare a studiare e a capire ciò che ci appassiona per il piacere della scoperta, per un amore incondizionato verso il sapere. Il resto verrà da sé.

Per qualunque consiglio bibliografico, per ogni approfondimento o anche solo per l’inconsueto piacere di fare due chiacchiere con un storico, vi invito a scrivermi a storie.di.scientifica.ironia@gmail.com

E vi ringrazio per ogni prezioso commento che vorrete lasciare.

Dario De Santis, PhD

Canale Youtube Storia di scientifica ironia [https://www.youtube.com/channel/UCE5_5h12f8xrGo1_7jbJe8Q]

IG storia.di.scientifica.ironia

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