Posted on

Ecco arrivare i Barbapapa: vieni con noi dai Barbapapa,  tu li vedi trasformare come gli va… nella famiglia Barbapapà!

Ricordo, durante la mia adolescenza, di essere stato particolarmente incuriosito da quegli originali fumetti animati di svariati colori, a forma di pera e capaci di mutare a piacimento: i “Barbapapà”, nati (negli anni settanta) dalla fantasia dell’architetto francese Annette Tison e del matematico e biologo statunitense Talus Taylor, derivante dal gorgheggio di un bambino che chiedeva dello zucchero filato (in Francese, barbe à papa)

Quello che mi colpisce ancora oggi (a distanza di più di 40 anni), è la sensazione di tranquilla sicurezza promanata dall’ascolto della sigla, composta e cantata da un giovane (ma già famoso) Roberto Vecchioni

“Perché i cartoni di Barbapapà, per me, non erano un intrattenimento ma dei maestri di vita: barbapapà, barbamamma, barbidù, barbottina, barbabella, barrbalalla….erano bellissimi!!” (Roberto Vecchioni)

Riflettendo, trovo un legame logico fra la musica di allora, i personaggi animati (nati dal richiamo di un bimbo) e quelle Leggi di Natura che consentono la vita, con tutte le sue evoluzioni.

Qualcuno ha scritto che l’essere umano mancherebbe di un programma istintuale capace di orientare la sua esistenza nel Mondo, aggiungendo che, proprio su questo “difetto”, prenderebbe corpo il programma dell’Inconscio.

E, in effetti, la Scienza ci spiega che dopo miliardi di anni di evoluzione (dopo il Big Bang) è comparso l’essere umano nel cui DNA dovrebbero essere contenuti i “piani di volo” che, Jung, chiamava “Inconscio Collettivo” capace di orientare e spingere verso il Futuro e la conseguente ulteriore evoluzione.

La nostra capacità di “leggere” e “stampare” (senza accorgercene) le informazioni genetiche che ci consentono di assemblare il corpo e di scegliere le indefinite opportunità (di pensiero e di azione) poste su una metaforica tavolozza di colori (da miscelare con sapienza) messa a disposizione da Dio (o dall’Energia stessa…) Jung lo chiamava “Inconscio individuale”.

Partendo dal principio che è come se fossimo nati potenzialmente dotati di un “sistema operativo” perfetto che va fuori equilibrio ad ogni nuovo apprendimento, il ruolo della nostra Mente, a questo punto, dovrebbe essere quello di (probabilmente) modulare i meccanismi epigenetici (di lettura del DNA) generando adattamenti e resilienza, in maniera da riportare in equilibrio il sistema di base.

E allora, i “miei” Barbapapà, possono essere immaginati (grazie alla loro capacità di trasformarsi)come archetipo delle potenzialità di cui disponiamo: così come dallo zigote può declinarsi ogni cellula, dall’inconscio più profondo sgorga una serie di elaborati e processazioni di pensiero che, per esprimersi al mondo esterno, necessita di un tramite caratteriale il quale, in funzione delle necessità, delle circostanze e della capacità di adattamento e resilienza, plasma modalità comunicative che la psicoanalisi e la psicodinamica chiama meccanismi di difesa dell’io e Pirandello indicava come “maschere”

Imparerai a tue spese che, nel lungo tragitto della vita,  incontrerai tante maschere e pochi volti. (Luigi Pirandello)

Il problema nasce dal fatto che, spesso, siamo costretti ad occuparci in maniera preponderante del rapporto con l’esterno (come se reggessimo una sorta di “ben nutrito” Ministero degli Esteri) e in maniera residuale di tutte le dinamiche relative al rapporto con la nostra identità (come se avessimo depotenziato un simbolico Ministero degli Interni rendendolo assolutamente inadeguato allo scopo)

C’è una maschera per la famiglia, una per la società, una per il lavoro. E quando stai solo, resti nessuno (Luigi Pirandello)

Ed ecco, allora,  che avremo chi  vede gli altri  come totalmente buoni o completamente cattivi, senza saper individuare aspetti variamente definiti in ciascuno (meccanismo di “scissione”); chi riscontra nel “prossimo”, aspetti personali non particolarmente graditi (“proiezione”); chi nega anche la realtà più evidente (“negazione” e “rimozione”); chi si aspetta coccole ad ogni piè sospinto  (“regressione emotiva”); chi ritiene di potere fare a meno di chiunque (“isolamento affettivo”); chi, inconsapevolmente, è spinto ad essere il contrario di quello che è, veramente (“formazione reattiva”); chi, con le “battute” dice anche ciò che sarebbe più sconveniente (“umorismo”); chi vorrebbe scappare su un cocuzzolo isolato, alla stregua di Tiziano Terzani (“ascetismo”); chi riesce a devolversi agli altri (“altruismo”) e chi, infine, trasforma anche le parti caratterialmente più negative, in un’opera d’arte (“sublimazione”).

Hai mai pensato di andare via e non tornare mai più? Scappare e far perdere ogni tua traccia, per andare in un posto lontano e ricominciare a vivere, vivere una vita nuova, solo tua, vivere davvero. Ci hai mai pensato? (Luigi Pirandello)

Ma, siccome, nulla è più complicato della sincerità, ecco che abbiamo imparato mostrarci “veri” in maniera direttamente proporzionale a ciò che i grandi autori chiamano “IO BEN STRUTTURATO” o “IDENTITÀ MATURA”

La vita, qua, schiaccia il piede a uno; cava là un occhio a un altro… Gamba di legno, occhio di vetro, e avanti! Ciascuno si racconcia la maschera come può la maschera esteriore. Perché dentro poi c’è l’altra, che spesso non s’accorda con quella di fuori. E niente è vero! (Luigi Pirandello)

Secondo Goethe, il Carnevale dell’antica Roma era una festa che, il popolo, offriva a se stesso con permesso di essere “pazzi e folli”, a piacimento  e quasi tutto, tranne i pugni e le pugnalate era lecito

Da un punto di vista etimologico la parola “carnevale” viene fatta risalire all’espressione latina “carrum novalis“, “carro navale”, cioè una specie di carro allegorico, a forma di barca, con cui i romani inauguravano i festeggiamenti.

In pratica, possiamo immaginare il bisogno di rompere ogni schema e “ogni maschera” e, al tempo stesso, la necessità di riprendere una simbolica navigazione su quel carro navale orientato alla ricerca dei meccanismi archetipali che, come ho premesso all’inizio, io ho idealmente immaginato nella infinità potenzialità dei buffi cartoni animati degli anni settanta e che, tutti noi possiamo ritrovare nel momento in cui impariamo ad osservare , con la giusta Empatia, le infinite possibilità che, continuamente, germogliano in noi.

Con Amicizia e Amore

Giorgio Marchese -Direttore La Strad@

Un ringraziamento ad Amedeo Occhiuto per gli aforismi proposti

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *