Il baule delle foto è piccolo ma capiente, di legno intarsiato, sistemato ai piedi di una lampada. Una delle tante che si vedono qua in giro. Si, perché non so bene cosa sia successo ma qualche anno fa in un momento di ristrutturazione mi ha preso questa mania di levare quanti più lampadari possibili. Non mi piace la luce che illumina dall’alto, ogni angolo viene ad essere investito dalla stessa intensità e ogni oggetto e mobile è esaltato in ugual maniera. Preferisco gli angoli di penombra. Molto più naturale è la luce che proviene da un faretto, una lampada di legno, una piantana di carta. Parte un fascio da un punto scelto sempre con cura, per rendere più caldo l’ambiente. Può essere che ti ritrovi a dover strizzare gli occhi, ma…il gioco vale la candela! Il tutto diventa molto più accogliente.
Sul fondo ci sono quelle in bianco e nero, di dimensioni diverse, alcune con la cornice bianca. Sistemate nei libretti ad anelli le più antiche, nei blocchetti rivestiti quelle più recenti. Il fascino che proviene dalla foto in bianco e nero è di gran lunga più intenso. Ne prendo una a caso ed immediatamente sento che dentro di me si risveglia l’onda del ricordo.
Mi ritrovo fra le mani le domeniche di festa. Cominciano presto fra le lenzuola bianche, i profumi del pulito, la fredda aria dell’inverno. Una calda tazza di latte accompagnata dal tenero bacio del buongiorno ti dà la carica e l’energia necessaria per tutte le attività. Non c’è molto da scegliere fra i vestiti, quello della festa è unico, stirato e conservato nell’armadio grande, pronto ad essere indossato e fotografato. E poi i capelli, sempre ben sistemati e raccolti, due codine perfettamente simmetriche, non c’è capello che scappa via, tenute insieme dagli elastici colorati. Oppure due treccine che cadono sulle spalle via via a sfinire. Quasi mai liberamente sciolti.
La mia mano incontra la sua, più grande e ansiosa di raccogliersi. Lui è sempre molto elegante, mai senza giacca e cravatta, la camicia ben stirata e immancabile la sua macchina fotografica a tracolla.
Per le strade c’è aria di domenica, chiassosa la villetta dei giochi adornata dai palloncini variopinti e dal trenino. Da sottofondo le campane della chiesa che la sovrasta nella parte principale. Le gradinate sono campo di giochi, quelli inventati e perciò i più belli seguiti dalle cantilene universali del mondo dei bambini. Le braccia si uniscono in catene legate dalle mani, si formano i girotondi colorati dai nostri stessi abiti. A volte diventano enormi, un bambino tira l’altro, quello un po’ più timido che ha bisogno di essere dolcemente convinto, e poi c’è il bulletto che muore dal desiderio di partecipare a questo giro, ma…è da femminucce.
Scatto una foto a questo istante e mi soffermo col pensiero. La villetta è sempre là, ma quanto è cambiata! Raramente mi capita di passarvi, se non di sfuggita. Ha un aspetto completamente diverso, molto più curata, senza troppe barriere al verde, alcuni gli alberi, sempre quelli di allora, ma più alti e più ricchi. Tanti i bambini che la vivono e sulle panchine i nonni a guardare nostalgicamente, con l’affetto che brilla nei loro occhi un po’ spenti dal peso del tempo che è vissuto.
Guardo una foto, risale alla fine degli anni ’50, piccola e così bella. Una donna snella con un foulard nei capelli, è una giornata ventosa, probabilmente il fazzoletto serve a non scompigliarli. Sorride con dolcezza e guarda l’obiettivo, è giovane e sulla sua vita molto si ha ancora da scrivere. Non so perché ma ho la sensazione che dall’altra parte, chi scatta, è in una fase di contemplazione. Non bada tanto al paesaggio che è intorno, che peraltro è molto bello, campagna in pieno inverno, ma è quasi incantato, stupito che quello sguardo sia tutto per lui. Deve essere un uomo molto innamorato.
Ci sono poi i gruppi familiari e fra amici. Foto piccole poco più di una figurina, alcune con il bordo intagliato, sembrano dei francobolli solo un po’ più grandi e lì in mezzo sistemate in file le allegre compagnie. Quasi sempre le famose gite fuori città, si partiva presto la mattina, qualcuno un po’ assonnato, un cesto con le pietanze preparate all’alba e tanta voglia di stare insieme. I bambini eccitatissimi tutti insieme in una macchina, sempre presente il pallone, i tamburelli e qualsiasi altro gioco per la giornata all’aria aperta. Il momento della foto prende un po’ di tempo, bisogna organizzare. Al centro i più anziani, i nonni che tengono insieme la famiglia, davanti i bambini, difficile trattenerli, hanno ancora mille fantasie da far vivere e poi tutti gli altri, zii, genitori e amici.
Richiudo il baule e rimango seduta a terra, i miei occhi un po’ annebbiati, qualche lacrima timidamente scende giù, finalmente prende la giusta strada…
È un tuffo nel passato. Ma è un viaggio che non fa male all’anima, anzi serve ad arricchire, ad aiutare a non dimenticare, accompagnato da un leggero senso di nostalgia per quanto è stato, per le giornate di allegrie.
Dedicato agli affetti che mai si potranno sostituire.
Fernanda (5 ottobre 2007)
Biologa CNR, Counselor. Responsabile “gestione area informativa” Progetto SOS Alzheimer On Line