Alcuni parlano un istante prima di pensare (Jean de La Bruyère)
L’esigenza di poter comunicare è sempre stata, sin dalla notte dei tempi, una necessità primaria ma, il problema della stragrande maggioranza di quel agglomerato di cellule a due zampe definito “Essere Umano” è che, il più delle volte “apre la bocca e le dà fiato” senza evere la benché minima preoccupazione di quello che potrà venirne fuori e dei danni che andrà a causare. Si parla convinti di avere cognizione di causa mentre invece si blatera lavorando di fantasia.
Nel discorrere, la discrezione vale più dell’eloquenza (Fancesco Bacone)
Mi chiedo: sarebbe il caso di far rientrare la loro lingua nell’elenco delle armi di distruzione di massa? Beh, certo che se ciò avvenisse non ci sarebbe da meravigliarsi più di tanto, visto il loro proliferare e la loro pericolosità e poi, a pensarci bene quando si dice che una parola può far più danni di un’arma nucleare, non credo ci si discosti molto dalla realtà; la storia in ciò è maestra, quante volte si è sfiorato lo scontro bellico a causa di affermazioni fuori luogo, di una parola di troppo, a causa insomma di ciò che oggi definiamo “incidente diplomatico”. A questo punto bisognerebbe prendere in considerazione l’ipotesi di costruire una diga mentale, al fine di poter verificare se in una determinata situazione sia il caso o meno di aprire le chiuse.
Una lingua tagliente è l’unico strumento acuminato che migliora con l’uso costante (Washington Irving)
Non ci si rende conto, o forse non lo si vuole, di quanto profonda e a volte mortale possa essere la ferita inferta da una singola parola e dal tono di voce con cui essa è pronunciata.
Molti pensano che, per il solo fatto di aver ricevuto il dono “di proferir parole” siano autorizzati a farne scempio, posizionandole l’una di seguito all’altra senza che abbiano un senso o uno scopo se non quello di provocare uno spostamento d’aria, con relativa rottura di equilibri atomici. Colui che parla e non si renda conto di quanto fastidioso possa essere un’inconcludente sproloquio, fa si che l’incauto esecutore possa, di diritto, essere inserito nella sezione “dei mangia aria a tradimento”, il tutto accompagnato da una cospicua sanzione per “inquinamento acustico”.
Molte parole non sono mai indizio di molta sapienza (Talète)
Assodato che, quanto detto sino ad ora dal pubblico ministero corrisponde a verità (sfido chiunque a dimostrare il contrario), a questo punto, come è giusto che sia, credo sia giunto il momento di concedere la parola alla difesa. Se è vero che il parlare a vanvera altro non frutta se non un gran mal di testa in chi ascolta, è altrettanto vero che chi parla senza dir nulla probabilmente non lo farebbe se qualcuno gli avesse preventivamente insegnato che, dopo aver formulato un pensiero è necessario verificare che questo possa essere esternato e ciò per più di una motivazione.
Prima di rendere partecipi gli altri di ciò che pensiamo dovremmo chiederci se ciò che stiamo per esternare potrebbe o meno colpire la sensibilità di chi ci sta di fronte, qual è la motivazione che ci spinge a dire quella determinata cosa e, quale la reazione che andremo ad innescare; ogni parola andrebbe soppesata e analizzata, al fine di saperne valutare e gestire le eventuali conseguenza. Non sempre e non tutto è possibile dire ed anche nel caso in cui ciò fosse relizzabile esistono delle modalità impregnate di gentilezza, garbo e pacatezza da attuare, è chiaro che l’attuazione di questa metodologia ne presuppone una sua allocazione all’interno della nostra memoria, frutto di apprendimenti.
Se, dai tempi più remoti ad oggi si è sempre consigliato, metaforicamente parlando, di contar fino a cento prima di parlare, significa che malgrado si parli tanto dell’evoluzione della specie alcuni aspetti sono, è il caso di dirlo, “duri a morire”; è chiaro che non si auspica un’applichicazione letterale di questo suggerimento ma, se si impiegasse il tempo necessario, a tale conteggio, ad una attenta valutazione dei nostri pensieri prima che questi si trasformino in parole, di certo potremmo dichiarare di aver cercato di impiegare il nostro tempo in maniera costruttiva.
Colui che sa, non parla; colui che parla non sa (Lao Tzu)
Forse sarebbe il caso di riconsiderare certi nostri atteggiamenti e molto umilmente decidere di modificarli al fine di poter intraprendere un sentiero più corretto?
Alla vostra saggezza delego le conclusioni più appropriate.
Counselor, responsabile rapporti con l’utenza “Neverland Group”