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L’ordine alfabetico.

Quest’oggi mi sveglio con questo pensiero e, scansando in uno snervante zig-zag l’umore degli altri, cerco di farmi strada senza troppo graffiarmi.

È questa la seconda settimana, di seguito, in cui le “prendo” da tutte le parti.

Ci sono dei periodo della vita in cui la casualità dei vari eventi si ritrova nello stesso identico momento e agisce amplificando l’effetto cercato. Che è da ritrovare sempre nella gestione della propria aggressività, nell’impossibilità del controllo della stessa e nella conseguente fuoriuscita dilagante e distruttiva.

Raccolgo i pezzi, mi fermo a raccoglierli facendo i conti con il mio corpo, che ne esce martoriato dal naturale effetto di protezione.

Penso al mio modo di agire cercando l’errore ed entro in un loop fatto di tappe: le buone maniere, l’impulsività che mi sfugge, l’entusiasmo del nuovo, la pazienza perduta.

A complicare le cose l’istante di sconforto legato al cambiamento, che proprio non riesco ad accettare. In una fase della vita in cui riesco a commuovermi anche innanzi ad un edificio che ha chiuso i suoi cancelli fino alla fine della stagione appena iniziata.

Mi prendo in giro e nello stesso tempo ho compassione per me stessa.

Bene, questo è un buon inizio per questo inizio di giornata di inizio settimana in cui mi ritrovo senza alcuna possibilità di aprire un varco alle mie parole.

Un silenzio che opprime, annientando sempre più il senso della solitudine che dilaga intorno ad ognuno di noi.

Ancora una volta la soluzione nella creatività, che sia in un contesto accademico, che sia nella sicurezza della mia casa.

Il corpo si ribella, infliggendo una punizione che diventa la somma di tante trascuratezze. E ne pago tutte le conseguenze.

Nel sottoscala della mia memoria intravedo un abbraccio mai dimenticato e, con la luce che filtra dall’alto, lieve a me la sensazione della presenza.

Ancora a me.

Sfiorarsi, ricordando l’andato e con la consapevolezza che nulla si può più.

Comodo restare incastrati all’interno di un perimetro delimitato dai muri dei propri limiti. Nessuna compassione, semmai la certezza che se nella vita non ci si impegna andando “oltre”, si rimane ingabbiati nelle proprie debolezze a piangersi addosso.

Tutte le ore del mare.

Osservo la luce che cambia i suoi riflessi in superficie. Annuso l’odore di onde. Respiro aria fresca di estate appena iniziata.

Anche questa. La sempre più difficile stagione dell’anno, i cambiamenti determinanti, quelli che hanno fatto il corso deviato della mia vita, i sorrisi più belli dai quali ho tratto linfa vitale in ogni istante in cui ci si sta perdendo. E poi l’equilibrio …

Leggo le dolci parole disegnate sulle delicate note di una bella melodia che mai mi stancherò di ascoltare, in questa sera fresca, bella e un po’ malinconica. Dall’esterno le voci divertite di bambini per strada, le luci soffuse che proiettano le loro ombre sui muri infuocati dal sole del giorno trascorso.

Finalmente il buio.

La luna, che tiene per mano il suo tenero compagno di queste notti fatate, ad indicare la strada. Mi addormento di un sonno leggero popolato dagli affetti passati e che ancora dovranno arrivare.

Fernanda

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