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Primo caldo pomeriggio, la voglia di spogliarsi degli abiti, a liberarsi. Finalmente.

Una foto da archiviare a me, ai miei occhi. Ma prima la dipingo, o almeno ci provo. Un albero dai rami in fiore. Spuntano dal tronco legnoso ricco di vita, anche se così non appare, di rosa smagliante e ansiosi di affermarsi, di lasciarsi vedere e ammirare. Un angolo di strada, un mendicante, un violinista. Le corde, pizzicate con dolcezza dalle mani un po’ sporche, un po’ ruvide dalle difficoltà che la vita impone, intonano una dolce melodia, dedicata con amore, per il piacere di trasmettere il bello e senza nulla in cambio. Il violinista si muove con tutto il corpo in armonia, con la passione propria di chi ama senza remore, dedica forse il pezzo che più preferisce. Il mendicante, seduto ai suoi piedi, sorride sorpreso. Vestito di soli cenci assorbe lievemente tutta questa grazia che gli viene donata, nel primo caldo pomeriggio di inizio di una stagione tutta da inventare e da scoprire.

Il punto di non ritorno. Accetto il consiglio di chi mi vuole bene e provo a tracciare dei limiti e confini; ma, istantaneamente, sento ingabbiata la mia rabbia e provo del dolore.

Vorrei fare un salto e trovarmi, senza alcuna fatica e dispendio di energia, all’interno di una nuova realtà. Vorrei non accorgermi dell’incapacità di rinnovarsi.

Gli sguardi svelano. A volte è più semplice evitarli che sostenerli, rivelano un contatto, un legame esistente, emozioni in tumulto. La comunicazione che dice più di tante parole. E che non si può assolutamente ignorare.

Consapevole che andando oltre non si potrà più tornare indietro. Sarà pur vero che le cose della vita subiscono trasformazioni e modificazioni, che, talvolta, si allontanano dal disegno originale, ma ad un certo punto saranno talmente irriconoscibili che diventeranno un’altra cosa. E ciò vale anche per i rapporti umani.

Troppo a lungo, è rimasta aperta troppo a lungo.

Provo a chiudere gli occhi e, mi ritrovo, avvolta dal sole sempre più vicino, in un prato di bucaneve a ricordare alla Natura il risveglio dopo mesi di buio. Le parole diventano musica gradevole all’ascolto, la spontaneità di quello che si prova avviene naturalmente e senza inibizioni.

Mi emoziono, quando si stabilisce nell’aria un perfetto legame di sintonia e serenità, quando la comunicazione, libera da tabù, si fa sincera e non teme le paure né i pregiudizi.

A volte proprio non posso. Ci provo con tutta l’anima ma qualcosa mi trattiene, mi trasporta indietro mettendo un blocco all’esplosione dei sentimenti, che, compressi, rimangono all’interno.

Chissà cosa è che si fa sentire fresco nell’aria e pungente sulla pelle! Che sfiora come un raggio di luce nel buio della notte, accarezzando a risvegliare, solleticando a stimolare, a liberare l’ansia dell’immaginazione.

L’ansia dell’immaginazione…

Attenta. Cerco a fatica un equilibrio fra la necessità di non reprimere e il pericolo di oltrepassare il non ritorno.

Sempre. È una parola che temo e sfuggo. Sono angosciata dalla percezione che le cose mai possano cambiare, ma nello stesso tempo cerco nei riferimenti la continuità. Sempre vuol dire in ogni istante, in ogni momento e che mai potrà finire. Ma, se ogni cosa, per legge di Natura, è destinata alla trasformazione, al cambiamento, come è possibile che sempre rimanga tale e inalterato fino alla fine?

Sto all’erta quest’oggi oppure scelgo di non interagire in nessun modo. Poche parole fino a tarda serata, poi, quasi a volermi impedire di arrivare fino all’ultima riga, mi ritrovo a dovermi raccontare.

Mi piace aiutare le piccole cose a crescere, trovare la verità senza nasconderla, mi piace accarezzare con le dita. Con discrezione mi sistemo di lato e resto ad aspettare, senza pretendere però, solo aspettare.

Ricomincio tutto daccapo! Uno strano stato d’animo difficilmente interpretabile: un po’ di malinconia, una strana scintilla di allegria.

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