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Una condizione di stress prolungato porta ad un incremento dei globuli bianchi che, a sua volta induce un’infiammazione delle placche aterosclerotiche. È questo il meccanismo che collega lo stress al rischio di attacco coronarico e di infarto miocardico, secondo un nuovo studio che ha messo insieme alcuni dati raccolti in esseri umani con esami del sangue e test su topi

Come possiamo definire lo Stress?

Accelerazione metabolica psicofisica, con reazione emozionale intensa, che superi lo stato di “tensione”.

Quando si manifesta lo Stress?

Ogni volta che ci si debba adeguare a variazioni considerevoli del mondo esterno (ambientali, sociali, lavorative, familiari, etc.) o del mondo interno (fluttuazioni del tono dell’umore, oscillazione del bioritmo funzionale di organi ed apparati).

Quanti tipi di Stress esistono?

Sostanzialmente due, uno in eccesso e l’altro in difetto, rispettivamente definiti iperstress ed ipostress.

Come è possibile essere stressati in difetto?

Ci dobbiamo rifare alla definizione di stress, data all’inizio. Si parla, infatti, di accelerazione metabolica psicofisica: l’accelerazione, in fisica, indica non un aumento di velocità ma solo una sua variazione, che può avvenire in eccesso o in difetto.

A seguito di ipostress, si genera la noia, pericolosissima perché foriera di assenze motivazionali, responsabili di problematiche impegnative fra cui:

  • quadri depressivi “endogeni”;
  • ricerca di emozioni “forti” attraverso esperienze pericolose.

L’ipertstress, è sempre negativo?

L’iperstress viene vissuto in due modi, a seconda che produca attivazioni positive cui noi riusciamo ad adattarci, oppure stimolazioni che, alla lunga, ci danneggiano. Il primo viene definito eustress (stress positivo), il secondo distress (stress negativo).

Possiamo concludere che, fino a quando riusciamo ad adattarci alle variazioni della vita, produciamo eustress; dal momento in cui cominceremo a subirle, produrremo distress.

H. Selye ha distinto tre fasi nell’instaurarsi del meccanismo di Stress

  • Allarme la mente, dopo aver stabilito le strategie opportune per affrontare l’evento nuovo invia, tramite il sistema nervoso centrale e periferico, messaggi al sistema nervoso vegetativo e, direttamente, all’apparato endocrino, coinvolgendo il sistema immunitario. Si ottiene in tal modo, la massima attivazione di tutti i sistemi.
  • Resistenza: la fase precedente, accelerando il metabolismo globale, aumenta la quota di prodotti di rifiuto da smaltire, crea i presupposti per la produzione di “radicali liberi” e pone le basi per focolai di infiammazione diffusi. Diventa necessario aumentare la produzione di ormoni antiinfiammatori meccanismi antiossidanti per resistere, nel tempo, al superlavoro.
  • Esaurimento: si determina dopo ogni lungo periodo di attivazione stressogena, per depauperamento delle riserve globali e per intossicazione metabolica; si instaura, ovviamente un quadro di drastica riduzione della capacità di adattamento per riduzione critica delle risorse.

Una nuova ricerca pubblicata su Nature Medicine chiarisce, laboratoristicamente, una correlazione fondamentale: quella tra stress prolungato e malattie cardiovascolari. Il risultato contribuisce a spiegare in che modo lo stress sia uno dei più importanti fattori di rischio per attacco cardiaco e infarto del miocardio.
Secondo le conclusioni di Timo Heidt e i colleghi del Massachusetts General Hospital e della Harvard University, autori dello studio, lo stress influenza negativamente il sistema immunitario inducendo un aumento dei globuli bianchi, che a sua volta determina un aggravamento dell’infiammazione delle placche aterosclerotiche nelle arterie, in soggetti con questa condizione.Queste placche aterosclerotiche si formano (nel tempo e a determinate condizioni) nello strato più interno delle arterie, a contatto diretto con il sangue, e sono caratterizzate da un accumulo di grasso e dalla proliferazione dei tessuto connettivo sottostante, che tende a formare una cappa fibrosa. Numerosi studi hanno mostrato che l’aterosclerosi è associata al colesterolo LDL (quello “cattivo” per intenderci) e all’instaurarsi di un’infiammazione cronica di questo strato più interno delle arterie.In presenza di specifici fattori di rischio come fumo, elevati livelli di colesterolo (appunto), obesità, ipertensione e diabete, l’aterosclerosi ha, più facilmente, un andamento progressivo, fino a poter comportare, nelle forme più avanzate, un restringimento dell’arteria coronarica e un ridotto afflusso di sangue, fino alla presenza di veri e propri trombi occlusivi.

Per analizzare l’effetto dello stress sull’aterosclerosi, Heidt e colleghi hanno esaminato un gruppo di giovani medici che lavoravano in un’unità di terapia intensiva, in condizioni di forte stress. Dalle analisi del sangue di questi soggetti è emerso che dopo una sola settimana di lavoro, il livello dei loro globuli bianchi era cresciuto notevolmente.
In una seconda fase dello studio, condotta in laboratorio, gli autori hanno considerato un gruppo di topi in salute, mantenuti in condizioni di stress ambientale. Dalle analisi è emerso che queste condizioni protratte nel tempo hanno attivato nel midollo osseo dei topi una proliferazione di cellule staminali emopoietiche, progenitrici di tutte le cellule del sangue, e a un incremento nella produzione di globuli bianchi.
Lo studio ha mostrato, in particolare, che, nelle placche aterosclerotiche dei topi, questo aumento dei globuli bianchi a sua volta determina un’infiammazione delle stesse placche, che assumono una struttura simile a quella che si osserva in esseri umani a rischio di attacco coronarico acuto.

Raccomandazione

Il ponte di collegamento fra mondo delle emozioni e organismo, lo troviamo a livello di ipotalamo ed ipofisi, nel Sistema Nervoso Centrale. Questa evidenza scientifica, testimonia il fatto che, in base a come viviamo quello che pensiamo (nella risoluzione dei vari problemi della vita, ad esempio) scarichiamo tensione sui vari organi bersaglio dei diversi apparati.

Non rimane che imparare ad adattarsi al meglio, per riuscire a far diventare lo stress, un alleato che ci spinga a provare un po’ più di “pepe” e stabilire quando è arrivato il momento di sollevare il piede dall’acceleratore, a dispetto di quello che il mondo esterno si aspetta da noi.

In questo modo, nel pieno rispetto delle Leggi di Natura, daremo respiro all’alternanza dei due “rami” del Sistema Neurovegetativo: l’ortosimpatico (che predispone all’azione) e il parasimpatico (che ci fa rilassare).

Fonti

  • edott.it
  • Le Scienze (edizione italiana di Scientific American)

Giorgio Marchese – Medico Psicoterapeuta – docente di Psicologia fisiologica c/o la Scuola di Specializzazione in Psicoterapia ad Indirizzo Dinamico (SFPID) – ROMA

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