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Aspettando. Torno a casa insolitamente presto e, subito in mente, qualche tempo fa, quando era importante tornare quando il sole era già tramontato. Chissà perchè, chissà perché solo il buio dell’accoglienza tranquillizzava scacciando un po’ di ansie!

Da qualche giorno mi ritrovo a fare i conti con qualcosa che sfugge alla comprensione e mi cattura in una inquietudine dinamica che proprio non riesco a controllare. Giro un po’ nella casa ma provo un gran senso di freddo che entra dentro il corpo e poco o nulla posso fare. È difficile, posso solo aspettare, che arrivi il calore.

La fatalità, il caso, il destino.

Ho sempre pensato che i fatti della vita siano non determinati dalla casualità o dal destino, bensì dalle scelte determinate dagli eventi a disposizione in quel momento. E, se in quel momento, un evento a disposizione indica una predisposizione, quella per me è la scelta determinata dall’evento. Ma così equivale ad ammettere che ogni cosa ci troviamo a vivere siamo noi a fare si che avvenga oppure un pizzico di … fatalità, caso, destino incide profondamente?

Mi sto confondendo.

Per un istante mi sciolgo in un abbraccio provando a suggerire il calore al mio corpo che proprio non ne vuole sapere di riprendersi.

Una settimana dura, una settimana emotivamente dura ma ormai non c’è più la sottile trama che unisce il corpo dall’anima e quindi quando le emozioni prendono in sopravvento il corpo avverte la stanchezza. Mi affatico.

Una brevissima pausa ad occhi chiusi. Sento il bisogno di rinchiudermi per potere rilassare e provare così a tirare fuori ogni sentimento che è rimasto intrappolato, incapsulato a vagare senza esplodere. L’energia dissipata in questi casi è lenta e gradualmente rilasciata e il risultato non può essere uguale a quello di una implosione. Forse è questo che ho imparato.

Vorrei poter riaprire gli occhi al primissimo mattino, quando l’intensità del rosso della fiammeggiante alba investe dolcemente ogni angolo dell’anima e le lacrime spuntano timidamente perché l’emozione è troppo forte per rimanere tutta dentro.

Vorrei addormentarmi senza sentire il freddo che paralizza irrigidendo ogni muscolo del mio corpo, ma vedere il chiarore delle stelle ad illuminare debolmente e con affetto, a proteggere ogni istante vissuto e ogni pensiero rimasto catturato.

Vorrei poter chiedere senza pretendere una risposta perché alcune cose avvengono senza chiedere e altre non si esprimeranno mai.

Un momento pericoloso.

Un sentimento forte.

Un desiderio che vuole essere esaudito.

Il perché delle cose, ho veramente questa urgenza oppure il mio modo di vivere le cose fino questo punto della vita è sufficiente, anzi basta a non pretendere risposte e significati che molto spesso non esistono?

Un pomeriggio come un altro. Faccio attenzione a non essere sopraffatta dall’ossessivo ripetersi degli eventi, ma anche questo fa parte della vita e forse la voglia di sicurezza determinata dalla certezza dei riferimenti ad un certo punto prende il sopravvento e le cose, e il perché delle cose perde la sua importanza.

Sorrido. Questa è come allora, predispone al mal di testa ma … fa parte di me, del mio modo di essere, di volere comprendere le cose, del volerle tirare fuori così, sperando di non offendere o infastidire.

Spengo ogni rumore, abbasso le luci e nel silenzio mi lascio travolgere dall’emozione, senza cercarne il significato.

Fernanda

Casa mia, 13 marzo 2014, ore 20.36

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