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Cari lettori, vi siete mai soffermati sul termine “Follia”? provate a cercare sui dizionari della lingua italiana e troverete che, con tale vocabolo, si identifica una “mancanza di adattamento che il soggetto disturbato mostra, inequivocabilmente, nei confronti dell’ambiente”.

Tale serio problema, può manifestarsi come violazione delle norme sociali, compresa la possibilità di diventare un pericolo per se stessi e gli altri ed è, sostanzialmente, una forma di aggravamento del “semplice” disturbo della personalità, che viene definito come “Modello di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo”.

Come dire: se sei diverso da ciò che ci si aspetta, vieni considerato “strano”!

E di stranezze, intorno a noi, ne osserviamo tante…

L’Italia “scivola” su lastre di ghiaccio, “soffoca” sotto coltri di neve, “frana” sotto il diluvio, “viene inondata” dai fiumi che si scocciano di essere maltrattati , “è offesa” dal comportamento di chi dovrebbe “condurla” e subisce colpi micidiali da una pessima gestione politico – economica….

Questo è il filo conduttore che attanaglia, da tantissimo tempo, praticamente dal cosidetto miracolo economico degli anni sessanta del secolo scorso, le coscienze di chi è costretto, in un modo o nell’altro, a subire. Sempre e comunque.

Noi cittadini, per semplificare.

Volendo eseguire una sommaria analisi delle italiche faccende, potremmo rapidamente concludere che, da sempre, forse, le cose vanno come nel “Mondo del Pallone”. Ogni tanto, infatti, riusciamo a trionfare su organizzazioni ben superiori. Per classe e potenza.

Un attimo dopo, però, da parte di chi comanda il settore specifico, inizia un frenetico impegno che porta a svilire ogni velleità di continuità agonistica. E, quindi, con metodica certezza, torniamo nel “mucchio zavorrato”. Qualcuno potrebbe obiettare che, nella realtà di tutti i giorni, la Germania ce le suona in continuazione, rispetto alle sconfitte sportive…

Beh… a dirla tutta, tanti Italiani (colà trapiantati), contribuiscono a far girare l’economia teutonica e un po’ più di un pugno di “cervelli tricolori”, consentono la realizzazione della loro eccellenza. Bruno Sacco e Walter de Silva, per esempio, hanno reso bellissime (e vendutissime) le auto tedesche!

Così, finisce che ti senti rabbioso e confuso… ma non tanto per il fastidio che nasce dall’accorgerti che, chi poteva non ha saputo (o voluto) fare, quanto, piuttosto, per la paura che si materializza nel momento in cui ti accorgi di essere solo un po’ di pulviscolo che sparisce di fronte a fattori non governabili, come le lezioni che la Natura, ogni tanto, ci impartisce, per ricordarci le nostre inefficienze e le nostre grandi presunzioni.

“Se non alzi gli occhi, crederai di essere il punto più alto” (Antonio Porchia).

Perché accade ciò che accade? La Fisica ci spiega che ogni atto, nell’Universo, nasce come conseguenza di qualcosa che condiziona ciò che poi, sarà, di nuovo, un inizio.I pilastri dell’ambiente in cui viviamo si possono ricondurre, sostanzialmente a pochi elementi.

Il primo, è la Famiglia, dentro la quale, ognuno transita per diventare, un giorno, cittadino del mondo. Ogni genitore, anche il peggiore, si muove convinto di essere su una corda sospesa nel vuoto, sapendo che, passo dopo passo, è più facile cadere che imparare a volare…

Il secondo, è la Scuola. Istituzione sempre più lontana dai bisogni dell’utenza (i giovani) che, ormai, capaci di muoversi nei meandri della “rete” alla velocità di molti “Mega al secondo”, trovano desueti e anacronistici i programmi didattici, che, invece, li aiuterebbero a spremere le meningi per riflettere in maniera più adeguata.

“Abbiamo un mondo per ciascuno, ma non abbiamo un mondo per tutti” (Antonio Porchia)

A pari (de)merito possiamo considerare l’Economia e la Politica. La prima, da scienza che analizza la produzione, lo scambio, la distribuzione e il consumo di beni e servizi, si è trasformata, di fatto, in una rappresentazione surreale di maschere cinicamente imperturbabili, disponibili a speculare senza un motivo logico. La seconda, che identificava (nell’antica Grecia) l’arte di governare la Società, si è declinata in una sorta di festival in cui, ciascuno, riesce ad esprimere la migliore manifestazione del proprio egocentrismo.

“Non ho trovato come chi essere, in nessuno. E sono rimasto così: come nessuno” (Antonio Porchia).

Mi viene in mente (e i lettori perdoneranno qualche sfogo personale) quello che accade ogni volta che, specifici e solerti ispettori, controllano la presenza (e il mantenimento) dei requisiti che consentono l’accreditamento formativo dell’Ente che rappresento: Neverland Scarl.

Loro ,malgrado, ogni volta, l’ostacolo (e la frustrazione) maggiore, consiste nella contestazione che subiamo per il fatto che gli ambienti siano “troppo belli” e “poco simili” alle postazioni di lavoro previste dai regolamenti! Per cui, ad esempio, pregiati complementi d’arredo (così come bei colori delle pareti, o ricche librerie), diventano sinonimo di “diversità” non contemplata…

E allora, insieme ai miei collaboratori, ci stiamo chiedendo se, per caso, non sia meglio, per chiudere la partita e togliere questi onesti funzionari dall’imbarazzo, “sfregiare” il bello che abbiamo dentro e rendere la gradevole “isola che non c’è” (Neverland, appunto) uno squallido (ma uniformato ai regolamenti) ufficio d’ordinanza…

Ogni tanto sulla piattaforma satellitare di Sky, mi capita di “gustare” sui canali monotematici di ingegneria estrema, la realizzazione di faraoniche meraviglie contemporanee, ottimamente realizzate in tempi ristretti.

A Dubai, però.

Chissà perché, dalle mie parti, invece, non si riesca a tirar su un muretto “a piombo”, o un solaio impermeabile all’acqua piovana!

Ho imparato a mie spese che, una cosa, appena smette di essere nuova (una volta uscita dall’esercizio che la vende, o che la produce) si usa finchè si consuma. Senza manutenzione alcuna. Vale per qualsiasi oggetto: dagli elettrodomestici, alle automobili, ai locomotori ferroviari, ai viadotti, etc. Pare che, tale regola non valga, per gli aeromobili e le navi. Ma non vi è certezza.

“Il freddo è un buon consigliere, ma è freddo”.(Antonio Porchia).

Ed ecco che, per esempio, di fronte a perturbazioni fuori dal comune, ci si scopre incapaci, inefficienti, impreparati. Ma chi ci avrebbe dovuto addestrare? In fondo, siamo il prodotto del contesto storico e geografico, che risente dell’immaturità contemporanea la quale, nascosta dietro una gran voglia di non pensarci al motto di “meglio fingersi acrobati, che sentirsi dei nani”, diventa follia.

È altrettanto evidente, comunque che, nell’emergenza, riusciamo, in taluni casi, ad offrire atteggiamenti eroici, di singoli che riscattano i tanti infingardi. Meglio sarebbe, tuttavia, prevenire.

Come si migliora la Società?

Sembra ovvio ma, a distanza di millenni da quando si è arrivati a capirlo, ancora non si è trovata una risposta più adeguata… e cioè: “costruendo ciò che manca, cominciando dal singolo”.

È per questo che, per esempio, giganti del calibro di Nelson Mandela, in maniera matura, abbiano scelto il sacrificio, nel nome del bene collettivo ottenendo, in cambio, la certezza di procedere, sul piano esistenziale, nella maniera più sensata possibile.

Ognuno di noi necessita di conoscere il motivo per cui utilizza se stesso e il proprio tempo vitale.

Questo significa avere una buona comunicazione con se stessi, anzitutto (cioè un corretto sviluppo della propria identità), altrimenti si vive sempre “col coltello nella schiena”, in allarme continuo e in crisi perenne.

Le piccolezze sono l’eterno, e il resto, tutto il resto, il breve, il molto breve (Antonio Porchia)

Attualmente, possiamo “contare” su una pletora, relativamente improvvisata, di individui inseriti in un domino fatto di caselle che condividono lo stesso destino, senza variabili indipendenti: i governanti “usa e getta” (anche se qualcuno, a volte, si ostina a resistere alle intemperie, pur privo di potere delegato) obbedienti a princìpi convulsi e scriteriati delle leggi di mercato. In pratica, un sistema che si autoalimenta in assenza di valori etici, per soddisfare appetiti nevrotici.

Cari lettori, nell’attesa di riuscire a costruire tempi decisamente più idonei ad una corretta dimensione umana, proviamo a guardare meno televisione (che ha interesse a terrorizzarci, per aumentare l’audience) e a leggere un po’ di più. Potremmo “scontrarci” con riflessioni interessanti come quelle che mi sono state suggerite da Invictus, che è un’opera d’arte scritta dal poeta inglese William Ernest Henley (1849-1903).

All’età di 12 anni, Henley rimase vittima del morbo di Pott, una grave forma di tubercolosi ossea. Nonostante ciò, riuscì a continuare i suoi studi e a tentare una carriera giornalistica a Londra. Il suo lavoro, però, fu interrotto continuamente dalla grave patologia, che all’età di 25 anni lo costrinse all’amputazione di una gamba per sopravvivere. Henley non si scoraggiò e continuò a vivere per circa 30 anni con una protesi artificiale, fino all’età di 53 anni. Henley era amico di Robert Louis Stevenson, che si ispirò a lui per il personaggio di Long John Silver ne L’isola del tesoro.La poesia Invictus fu scritta proprio sul letto di un ospedale. La poesia era usata da Nelson Mandela per alleviare gli anni della sua prigionia durante l’apartheid. (Fonte Wikipedia)

Dal profondo della notte che mi avvolge,

Nera come un pozzo da un polo all’altro,

Ringrazio qualunque dio esista

Per la mia anima invincibile.

Nella feroce morsa della circostanza

Non ho arretrato né gridato.

Sotto i colpi d’ascia della sorte

Il mio capo è sanguinante, ma non chino.

Oltre questo luogo d’ira e lacrime

Incombe il solo Orrore delle ombre,

E ancora la minaccia degli anni

Mi trova e mi troverà senza paura.

Non importa quanto stretto sia il passaggio,

Quanto piena di castighi la vita,

Io sono il padrone del mio destino;

Io sono il capitano della mia anima.

Il viaggio: un partire da me, un infinito di distanze infinite e un approdare a me (Antonio Porchia) 

Giorgio Marchese – Medico Psicoterapeuta, Direttore La Strad@

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